"Signori, dove vi porto?", chiede il tassista.
"Daegu grazie. Abbiamo delle faccende da sbrigare", rispondo sorridendogli cordialmente.
Sono passati ormai quattro da quando è avvenuta la storia che scosse i miei ultimi anni da adolescente.
Nel frattempo, avevo preso la laurea con successo all'università di Tokyo e io e Akio, legati più che mai, avevamo deciso di prendere casa insieme a Tokyo, vicino al nostro luogo di lavoro.
Ma, avevo un conto in sospeso e per questo mi sono ritrovata di nuovo in Corea, in direzione della casa Kim.
"Subito signora", dice ad entrambi e Akio mi sorride, piuttosto nervoso per quello che stiamo andando a fare.
Rimango a guardare l'uomo di fianco a me e mi accorgo di quanto sembri sempre più somigliare a Taehyung. Sembra pure che a volte, le parole che escono fuori ad Akio, non siano nemmeno sue ma quelle di Tae, che cerca ancora di dirmi qualcosa dal posto in cui si trova ora. Ricordo anche l'ultima volta che avevo visto quelle foto in camera sua, proprio come se il tempo fino ad allora non fosse trascorso.
Eppure era passato cosi tanto tempo.
Quattro anni senza Namjoon, Jin, Hobi, Jimin, Yoongi, Kookie e Tae.
In questi quattro anni cercai spesso di non pensare alla loro mancanza, mi posi anche il problema di dimenticarli. Ma non voletti. Non era quello che avevo l'intenzione di fare quando ero uscita dalla casa di Taehyung quella volta.
Non sarebbe stato giusto nemmeno nei confronti di quei sette ragazzi che volevano essere ricordati non per essere stati famosi, ma per essere stati umani, come avevano fatto con me.
Mi interrogai spesso su tutte le parole che mi furono dette e ad alcuni dubbi, riuscii a rispondere, mentre ad altri, come quello del contenuto della lettera di Taehyung, preferii lasciarli all'oscuro dalla mia vita.
Loro sette se ne erano andati e io non potevo farci nulla, se non continuare a ricordarli senza essere coinvolta ulteriormente nelle loro vicende passate.
"Siamo arrivati. Il prezzo è quello che vede indicato nel tachimetro", dice rivolgendosi a me, l'unica che sa parlare coreano.
"La ringrazio, abbia una buona giornata", dico per poi fare segno ad Akio di scendere.
Lui mi segue e una volta con i piedi per terra, vedo il taxi andarsene per un'altra meta e mi guardo intorno, ricordando quella città che in inverno sembrava tutta congelata e che ora, con la primavera, sia immersa nel rosa dei ciliegi, simili a quelli giapponesi, e immersa in un dolce profumo inebriante di fiori appena sbocciati. La temperatura è piacevole e quindi, andare a piedi fino alla casa dei genitori di Taehyung, non è affatto stancante.
Una volta giunti davanti a quella casa che non sembra cambiata di una virgola dopo tutti quegli anni, mi presto a suonare il citofono, ma la mano di Akio mi ferma.
"E-E se non sapessi cosa dire?"
"Andrà bene, ne sono sicura. Sii solo te stesso"
Così dopo avergli accarezzato la spalla e avergli rivolto uno sguardo incoraggiante, suono il citofono, ritrovandomi il viso del signor Kim, molto più sciupato dell'ultima volta.
Mi chiedo se stia bene...
Penso, ma vedendo il suo sorriso che spunta non appena mi vede, non penso a nient'altro.
"Tsukiko!", dice vedendo solo il mio volto per prima.
"Spero di poter veder anche la signora Kim perchè vi ho portato una sorpresa", dico sorridendo.
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Ghost;18 | BTS [In revisione...]
FanfictionTW/ 𝙇𝙖 𝙨𝙩𝙤𝙧𝙞𝙖 𝙩𝙧𝙖𝙩𝙩𝙖 𝙙𝙞 𝙖𝙧𝙜𝙤𝙢𝙚𝙣𝙩𝙞 𝙙𝙚𝙡𝙞𝙘𝙖𝙩𝙞 𝙘𝙝𝙚 𝙥𝙤𝙨𝙨𝙤𝙣𝙤 𝙘𝙤𝙢𝙥𝙧𝙤𝙢𝙚𝙩𝙩𝙚𝙧𝙚 𝙡𝙖 𝙨𝙚𝙣𝙨𝙞𝙗𝙞𝙡𝙞𝙩𝙖̀ 𝙙𝙚𝙡 𝙡𝙚𝙩𝙩𝙤𝙧𝙚. 𝐓𝐫𝐚𝐭𝐭𝐨 𝐝𝐚𝐥𝐥𝐚 𝐬𝐭𝐨𝐫𝐢𝐚: «Lei...Ci può vedere?» chiese uno...