Capitolo 50

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"Here with me" Marshmello, CHVRCHES

Pov's Haylie

Un mese. E' già passato un mese da quella sera, da quando mio fratello mi ha dato una delle notizie più brutte al mondo, un mese da quando tu, che per me eri come una sorella, non ci sei più. Dopo che Bryan mi ha portata nella mia stanza abbiamo provato a dormire, ma era inutile, la mia mente era altrove, continuava a ripensare a quelle parole e al dolore che Isabel stava provando in quel momento. Proprio per questo motivo il giorno dopo ho chiesto a mio fratello di partire per andare dai miei zii, mia madre era partita nel momento stesso in cui lo aveva saputo, e lo stesso ho voluto fare io. Nessuno poteva capire quello che mia cugina stava passando, nessuno tranne me, quel dolore era come la fiamma di un fuoco che secondo dopo secondo mi distruggeva, portandomi piano piano sull'orlo di un precipizio dove, sicuramente, sarei finita se la mia famiglia non mi avesse aiutata. A quel tempo non avevo nessuno che potesse effettivamente capirmi, il legame che vive tra due gemelli è difficile da spiegare, ma prezioso, non è un semplice legame tra fratelli, no, è qualcosa che va oltre e che la parola umana non può spiegare, è come se non ci fossero due persone, ma una soltanto. Mi aggrappavo al dolore perché era l'unico che mi permetteva di sentirlo ancora qua, era l'unico che mi permetteva di vederlo e toccarlo, avevo gli incubi, li ho tutt'ora, e fanno male, cazzo se fanno male, ma dopo l'incidente preferivo avere gli incubi così da stare ancora con lui piuttosto che non sentirlo proprio, e forse ero masochista, ma sfiderei chiunque a non reagire in questo modo dopo una simile perdita. 

Dopo essermi svegliata, quella mattina chiamai subito Mark dicendogli di voler andare immediatamente da Isabel prima che la situazione potesse peggiorare ulteriormente, mi rispose che prenotava subito due biglietti per Atlanta, feci quindi la valigia con lo stretto necessario ed ero pronta. Svegliai Bryan e gli dissi che sarei partita a breve per andare da mia cugina, annuì e mi bacò la fronte, preparò la colazione e nel frattempo arrivò Jade, dissi tutto anche a lei e annui capendo. Quando arrivò mio fratello salutai tutti e ci dirigemmo verso l'aeroporto, il volo era fra un'ora circa, avevamo giusto il tempo di fare tutti i controlli. Appena arrivammo ad Atlanta, quattro ore più tardi, lasciammo le valigie a casa dei miei zii e ci dirigemmo al St Joseph's Hospital. Chiedemmo di vedere Isabel Turner e subito dopo andammo verso la sua stanza, vedemmo subito i miei zii e mia madre fuori dalla porta, il dolore impresso sulle loro facce era lo stesso che vidi su mia madre e mio fratello quella dannata sera, i loro volti, le loro parole...sono impresse nella mia mente in modo indelebile. Mi catapultai subito fra le braccia di mio zio e lo strinsi a me, un po per consolarlo e un po per dargli la forza necessaria così da aiutarlo a superare questo momento, mi accarezzò la schiena e lo guardai negli occhi, erano velati a causa delle lacrime e del dolore, ma non voleva cedere, voleva essere forte per la sua famiglia. Cercai di comunicargli tutto attraverso il mio sguardo, cercai di rassicurarlo e di dirgli quanto forte fosse, quanto lo stimassi e quanto gli volessi bene, e mi capì, fece un sorriso tirato e mi baciò la fronte, abbracciai anche mia zia e la consolai nel mentre che i dottori facevano dei controlli. 

Quando uscirono dalla sua stanza, chiesi di entrare a vedere Isabel, acconsentirono e una volta entrata la vidi, inerme su quel letto d'ospedale fissando il vuoto che la circondava cercando di trovare una spiegazione a tutto quello che era successo, cercando di capire che ormai era sola e non aveva più una sorella, cercando di accettare una realtà in cui lei non c'era più. Le gambe erano raccolte al petto ed era girata su di un fianco, potevo sentire e percepire quel silenzio assordante che per tanti giorni aveva perseguitato me, un silenzio fatto di mille pensieri e ricordi che non fanno altro che scavare nella tua anima portandoti verso il punto di non ritorno. 

Mi avvicinai e mi distesi vicino a lei, quando si accorse di chi fossi mi fissò stupita e subito dopo si strinse a me, si rifugiò fra le mie braccia lasciandosi finalmente andare, lasciando libero il suo dolore e lasciando che la sua anima si sbriciolasse fra le mie braccia. La strinsi a me ripetendole che sarebbe andato tutto bene, le dissi che non sarebbe stato facile ma che non l'avrei abbandonata, che l'avrei aiutata, ma perfino io non credevo alle mie parole. In momenti come questi l'unica cosa che si vuole è chiudersi in sé stessi, l'unica soluzione in questi momenti è isolarsi dal resto del mondo, e infatti è quello che feci io. Non vorrà l'aiuto di nessuno, perché l'unica cosa che vorrà fare una volta uscita da qui, sarà crogiolarsi nel proprio dolore pensando costantemente a lei, fingerà che tutto vada bene quando non sarà così e rifiuterà l'aiuto di tutti pensando di potercela fare da sola, ma poi crollerà, e sarà qui che si renderà conto di aver bisogno di aiuto. A volte bisogna toccare il fondo per poter imparare a risalire, a volte solo superando i nostri limiti ci rendiamo realmente conto di quello che sta succedendo. 

Behind his eyesDove le storie prendono vita. Scoprilo ora