Capitolo 29

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...Una settimana dopo...

Il dolore ha cinque fasi.
Primo: la fase della negazione.
Quella che ho affrontato il giorno della morte, il giorno del funerale e il giorno dopo ancora.
Per me era tutto surreale.

Non riuscivo a credere che mio padre se ne fosse andato.
Era come un incubo da cui presto mi sarei svegliata, cosa che ho capito che non sarebbe mai successa il terzo giorno.

Il terzo giorno si è presentata la rabbia.
Sono stati i due giorni peggiori della mia vita.
Ero arrabbiata con tutti.
Con Josh, con i miei amici, con mia madre, con mio padre, con me stessa e con il mondo intero.

Ogni cosa mi dava fastidio e mi portava facilmente a perdere le staffe.

Mi chiedevo perché la vita avesse riservato tutto questo per me.
Dietro alla rabbia, si cela il dolore.

Mi sentivo abbandonata e tradita da mio padre.
Aveva infranto la sua promessa di starmi sempre accanto.

Poi mi sono ricordata che in ospedale mi aveva promesso che anche dopo la morte lui sarebbe stato accanto a me.

Quella promessa mi ha portata al terzo stadio che si è presentato il quinto giorno.

La negoziazione.
Quel giorno ho vissuto per tutto il tempo nel passato.
Pensavo che avrei potuto agire diversamente e cambiare le cose.

"Se solo al posto di rifugiarmi a Boston come un egoista, restavo a New York con lui forse avrei potuto fare di più" mi continuavo a dire.

Se avessi fatto di più a quest'ora mio padre sarebbe ancora accanto a me.

Ero disposta a tutto pur di non provare più quel dolore.
Persino negoziare con Josh.
Per fortuna lui è rimasto con il sangue freddo nonostante tutti i mie sbalzi d'umore.
Se fossi stata in lui me ne sarei andata in vacanza per un mese.

Comunque, anche quella fase è passata e sono arrivata allo stadio più brutto: la depressione.

I due giorni peggiori della mia vita.
Fra tutti gli stadi, la depressione è la peggiore.
O almeno nel mio caso, lo è stata.

Ero di una tristezza mai vista.
Il dolore era più amplificato, più profondo.
Mi sentivo vuota, attorno a me c'era il vuoto.
Mi sembrava di essere in un tunnel buio senza via d'uscita.

Josh mi chiedeva di uscire ed io mi limitavo a fare di no con la testa.
Non volevo neanche parlare, figuriamoci uscire.

Il secondo giorno mi ha preso di peso e mi ha messo in macchina.

Le urla che sono uscite sono inspiegabili.
Gli ho perfino dato uno schiaffo talmente forte che ha avuto il segno rosso della mia mano per più di un giorno.

Ma il peggio è arrivato quando lui è uscito un attimo per andare a comprare qualcosa per la cena.

Mia madre dormiva e in casa non c'era più nessun altro.

In quel momento mi ero sentita ancora più sola.
Abbandonata, oserei dire.

Mi vergogno a dirlo, ma sono arrivata al punto di entrare in bagno e afferrare una delle mie vecchie lamette.

Ho esitato prima di prenderla.
Quando poi l'ho avuta in mano, l'ho rigirata più e più volte osservandola schifata e inorridita.

Ma nonostante ciò mi sono seduta sul bordo della vasca.
Con movimenti lenti, ho tolto la maglietta e l'ho buttata a terra senza neanche guardare dove.

Avvicinando la lametta al braccio mi erano spuntate delle lacrime, ma in quel esatto momento l'immagine di mio padre morto si era impressa nella mia mente.
Il cuore mi si era stretto e il primo taglio era arrivato senza che neanche me ne accorgessi.

Stringimi a te 2Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora