3. School Days

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«Ehi, coso pallido, alzati»
«Mh? Come... come mi hai chiamato?» chiesi, confuso tra l'idea di prenderlo a pugni e stropicciarmi gli occhi, ma scelsi la seconda opzione, in quel momento più soddisfacente.
«Non ti sta bene coso?»
Non mi stai bene tu. Mi stava seriamente scappando dalla bocca, ma era una cosa cattiva e non lo pensavo davvero, è solo che mi aveva dato un bel risveglio...
Scostai le coperte e mi alzai; per la vicinanza mi ritrovai a guardare il ragazzo dall'alto – visto che Frank è un po' più basso di me – dandomi un senso di superiorità, aiutato dal mio sguardo apatico, cosa non voluta da me stesso.
«Pensi di farmi paura?»
«Iero, non voglio farti paura, ti levi di mezzo?» dissi, senza essere troppo sgarbato, indicandogli con lo sguardo la poca distanza. Era lui davanti a me, non il contrario, perciò non capivo il motivo per cui avrebbe dovuto sentirsi minacciato. «Cosa volevi?» chiesi seccato, rinunciando alla sua testardaggine. Lui mi guardò dal basso con le sopracciglia abbassate, come se volesse ringhiarmi contro. Era carino e quasi non mi misi a ridere, però mi scappò un sorrisino.
«Che cazzo sorridi?» bofonchiò irritato, abbassando la testa e tornandosene vicino al suo letto. Io sbuffai.
«Che palle...» mi adattai al suo linguaggio per la prima –e non credo ultima– volta. «Allora... perché mi hai svegliato?!» alzai i toni, nervoso, facendolo sobbalzare.
«C'è una fottuta prova in cortile! Non so a che merda hanno pensato 'sta volta, ma non è facoltativa. Muovi il culo» disse tenendo le braccia incrociate al petto e roteò gli occhi, dopo uscì dalla stanza e si diresse verso il corridoio.
«Che ha subito di sbagliato questo ragazzino?» ringhiai silenziosamente tra i denti, mentre mi avviavo scocciato dietro di lui.

«Ma l'hai visto quello? Dio...»
«Già, secondo me si sega sulle riviste, o peggio, sugli hentai!» scoppiò a ridere Frank, nelle mie vicinanze, seguito dai suoi stupidi amici. Stavano prendendo in giro un ragazzo grassoccio, uno di quelli che definiscono "nerd", senza pensare a quanto loro stessi erano patetici.
«Se davvero non volete prendere in considerazione il ragazzo, almeno non fatelo di spalle» dissi avvicinandomi al gruppetto di Frank, e lui mi guardò spiazzato, prima di caricare d'odio lo sguardo.
«Che cazzo ci fai qui?»
«Ti piace tanto il cazzo, visto che ce l'hai sempre in bocca?». L'espressione che aveva fatto Iero guardandomi con la bocca aperta era impagabile. Mantenni lo sguardo impenetrabile e dannatamente serio; Frank Iero mi stava dando ai nervi come nessuno era riuscito a fare.
«Vaffanculo... Way, tornatene da dove sei venuto, okay?»
Forse l'avevo "fatta grossa" ma non me ne importava, mi voltai con un sorrisetto sarcastico e me ne andai.

* * *

Quella sera mi incontrai al bar fuori dall'università con i miei amici. Raymond era rimasto scioccato quando aveva visto Robert che, sfacciato, aveva praticamente sfilato avanti a tutti i presenti, sedendosi di fronte a me e dando le spalle agli altri. Imbarazzante. D'altra parte, Bob aveva un sorriso compiaciuto, visto che lui ci trovava ancora una bella coppia.
«Ehi Robert, che ne dici di rivolgere l'attenzione anche a noi?» gli ammiccò Ray, fingendosi ironico, e Bert si girò verso di lui ridacchiando.
«Ehm... già, sì, come sono andate le vostre vacanze?»
«Mah... sono andato a Rio, ho comprato una coppia di pappagalli e adesso mi ritrovo la casa piena.» Disse veloce, ancora ironico e mezzo incazzato, facendomi ridere. «E tu che hai fatto di interessante?» chiese con una punta di disprezzo, cosa che si notò abbastanza.
Robert si rabbuiò per un momento e prima di rispondere si schiarì la voce. «Un viaggetto in famiglia... e tu, Bob?» si voltò verso di lui, frettoloso di distogliere lo sguardo da quello disprezzante di Raymond.
«Io? Io beh, le ho passate davanti al computer e a cercarmi una band del cazzo» rispose tutto felice, ridacchiando, nonostante non avesse fatto nulla di emozionante.
Mentre i due continuavano a parlare, io mi guardai intorno, prima di puntare lo sguardo in quello di Ray, che mi stava osservando.
«E il mio regalo?» chiesi tutto d'un tratto ricordandomi, sollevando le sopracciglia.
«Ah, giusto, ehm... torno subito» si alzò e andò davanti al jukebox del bar, e io aggrotai la fronte insospettito. Cosa voleva dedicarmi, una canzone?
Ebbene sì. Poco dopo partì "Dig up her bones" dei Misfits, band che amavo; quella era la mia canzone preferita. Non la ascoltavo da un sacco di tempo, e sentirla di nuovo mi fece sorridere.
Iniziai a battere le dita sul bancone davanti a me e dondolai appena la testa a destra e sinistra, godendomi il ritmo di quella canzone.
Raymond, notandomi, mi alzò i pollici da lontano con un sorriso sornione e io feci lo stesso, prima di alzarmi e dirigermi verso di lui.
Mentre camminavo verso di lui, però, mi scontrai contro la spalla di una ragazza.
«Oh. Scusami», dissi, chinandomi per guardarla in viso e accertarmi di non averle fatto male, e lei mi fece un sorriso. Era davvero bassa, più di Frank Iero.
Forse dovevo smetterla di insultarlo mentalmente, ma non me ne stava dando molta scelta, dall'inizio.
«Tranquillo... potresti offrirmi da bere però, per farti perdonare» disse con un sorrisetto sfacciato, cosa che fece sorridere anche me, e annuii.
«D'accordo, come vuoi tu» andai verso il bancone e lei mi seguì, non appena mi fermai davanti a esso cercai l'attenzione del barman. «Una birra per la ragazza» feci l'occhiolino al tipo e lasciai i soldi sul bancone, per poi andare verso Ray e lasciare lì la ragazza. La immaginavo già, con la bocca aperta a imprecare parole che non l'avrebbero fatta più sembrare garbata.
«Che stavi facendo con quella?» chiese a voce alta Raymond per contrastare la musica, per poi ridacchiare.
Io feci spallucce, «Le sono andato addosso, o il contrario, non lo so» E infatti a quel punto non lo sapevo più, ma non mi interessava.
Le ragazze non mi interessavano.

𝐘𝐨𝐮'𝐥𝐥 𝐑𝐞𝐛𝐞𝐥 𝐭𝐨 𝐀𝐧𝐲𝐭𝐡𝐢𝐧𝐠Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora