25. Fast Forward

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Restai con Ray fino a tardi, tornai nella mia camera che era già mezzanotte meno venti minuti.
Quella notte fu dura, perché era interminabile.
La passai a pensare, a cosa avrei dovuto fare con Frank, come mi sarei dovuto comportare e a come avrei dovuto fare il prossimo passo.
Spettava a me farlo, però, il secondo passo?
Lui mi ha baciato, io gli ho detto che mi piace.
Lui sì, ha detto che gli piaccio, però non ha fatto altro. Insomma, volevo che me lo dimostrasse meglio, prima di chiedergli... beh, di chiedergli quella cosa.
Se volesse mettersi con me.
Si dice così, vero? Dio, mi sento poco moderno.
Passavano le ore, e si erano ormai fatte le quattro, però io non riuscivo a pensare ad altro se non a Frank.
Così feci qualcosa che decisamente era sbagliata, ma era quello che sentivo di dover fare.
Scattai giù dal letto e affiancai il letto di Frank. Mi piegai, con l'intenzione di svegliarlo, ma mi bloccai a guardarlo.
Era così... bello, a dormire in quel modo, con l'espressione rilassata.
Il mio corpo rabbrividii, a quel pensiero. Bello.
Non era la prima volta che lo pensavo.
E dovevo proprio ammetterlo, Frank era bello.
Di una bellezza forse semplice al primo impatto, ma diamine io mi ero infatuato di lui prima di tutto per la sua bellezza esteriore. Dopo, beh, ho imparato a conoscerlo.
Anche se sapevo che molte cose su di lui non le conoscevo, e che forse non le avrei mai conosciute.
Non era il momento di starmene là a pensare, così mi decisi a chiamare Frank.
Mi morsi il labbro, preoccupato della reazione che avrebbe potuto avere. Non che avevo paura di lui, ma non volevo rompergli, ecco.
Mi misi a scuotergli la spalla, lentamente, e mi piegai di più per chiamarlo a voce bassa vicino all'orecchio.
Frank doveva aver aperto subito gli occhi, perché sentii una mano tastarmi i capelli.
«Che...? Gerard?»
Okay. Era calmo.
«Uhm... hey, alzati, per favore»
«Alzarmi? Ma che ore sono?» Si guardò attorno e continuò a tastare l'aria, a quel punto gli afferrai il braccio e tirandolo con delicatezza lo costrinsi a voltarsi verso di me.
«Frank, è notte, quindi ti prego di non gridare.» Dissi trattenendo una risata.
Sentii il suo braccio fermarsi improvvisamente, probabilmente aveva appena realizzato.
«Ma che cazzo vuoi Way» Borbottò silenziosamente con la voce impastata, ma senza esitare si alzò dal letto e si strofinò i capelli con una mano. «Puoi lasciarmi.»
Appena me ne accorsi, gli lasciai subito il braccio, mormorando scusa.
Mi avvicinai alla porta che dava sul balcone e la aprii, facendo segno a Frank di seguirmi.
Lui era sempre più confuso, io mi morsi di nuovo il labbro perché ero in asia e in realtà non sapevo nemmeno da dove iniziare a parlare.
Lo spazio era lungo ma molto stretto, infatti solitamente gli studenti lo usavano soltanto per affacciarsi e fumare una sigaretta. Appoggiai la schiena alla parete e mi lasciai scivolare lentamente fino a sedermi sul pavimento.
Frank restò a guardarmi dall'alto con le mani in tasca, l'espressione infastidita in volto.
Così sospirai, guardando avanti a me e prendendo a giocare con le mie dita. «Puoi sederti vicino a me?» Chiesi in tono calmo, puntando nuovamente lo sguardo su di lui.
Era buio, ma riuscivo a vedere abbastanza bene con la luce della luna quasi piena di quella notte. Così vidi lo sguardo di Frank attraversarmi dentro come se volesse uccidermi, ma prima di farlo avrebbe scoperto il motivo per cui l'avevo svegliato nel bel mezzo della notte.
Sbuffò e venne a sedersi accanto a me; come ho detto lo spazio era stretto, così io cercai di farmi più a lato attaccandomi alla ringhiera fredda ma eravamo comunque stretti. Lasciai passare una manciata di secondi, la spalla di Frank si rilassò contro la mia e così lo guardai, notando anche la sua espressione meno scontrosa.
«Ehi, Frank, uh...»
Lui girò la testa verso di me, l'espressione era la stessa. Che avesse capito le mie intenzioni? Nel senso, che era qualcosa di serio - era qualcosa di serio? - e che non doveva contribuire a farmi venire l'ansia.
Ricambiai il suo sguardo, quindi lo guardai negli occhi. I miei occhi nei suoi, un fascio di quella tenue luce lunare che colpiva il viso di Frank, il mio cuore che iniziava ad aumentare i suoi battiti. Oh, dio.
«Forse non mi sono spiegato, sai, ieri.»
«In che senso?» Rispose lui, in un sussurro, aggrottando lievemente la fronte.
«Frank, non mi piaci semplicemente.»
Lo vidi schiudere le labbra, per dire qualcosa, però io lo bloccai con un gesto della mano. Volevo continuare, o ci avrei girato ancora intorno. Dovevo essere diretto.
«Provo qualcosa per te, e non si può racchiudere in un semplice mi piaci. Non so se riesci a capire, infondo nemmeno io... insomma, mi piaci molto.»
Mi morsi il labbro talmente forte da sentirlo bucarsi immediatamente, ma non ci feci alcun caso.
«Beh, non sembra cambiare tanto, no?» Mi chiese Frank, ironico, con un sorriso. Dopo vidi la sua mano raggiungere il mio mento e il suo pollice si appoggiò al mio labbro inferiore, per liberarlo dalla stretta dei miei denti.
«Devo proprio dirti "mi hai chiamato solo per questo?"» Ridacchiò silenziosamente. Io arrossii a quella domanda.
Non ci sapevo proprio fare, no.
«No- è che... beh, cazzo Frank, niente, diventa il mio ragazzo. Voglio conoscerti meglio, imparare a conoscere anche i miei sentimenti, quelli che mi hai fatto provare tu. Forse dovrei aspettare, lasciare fare al tempo, ma nel mentre potrei perderti di vista»
Vidi l'espressione di Frank cambiare, ma non riuscivo a capire se fosse positivo o negativo. Il suo sguardo lasciava trapelare un minimo confusione, però sembrava abbastanza rilassato.
Tolse la mano dal mio viso, così tornai a guardare in basso. Ero stato fin troppo diretto, però non riuscivo a tenermelo dentro, quindi o lo accettava o la cosa finiva lì.
Non me ne facevo una colpa, ma non la davo nemmeno a lui, ovviamente. Magari gli serviva tempo, ma io non potevo aspettare o sarei impazzito, con quella mente.
«Gerard...»
Non risposi. Serrai la mascella e, lentamente, rialzai lo sguardo verso di lui. Lo vidi farmi un piccolo sorriso.
Cos'era? Un sorriso di consolazione?
«Frank»
«Io... non ho idea, di come diventare il tuo ragazzo.»
«Eh?» Ero altamente confuso da quella risposta, e nel suo tono c'era un nonché di ironico che quasi mi fece ridere.
«Che so, dovrei dirti, okay, stiamo insieme. Huh?»
«Sì, credo di sì» Risposi dopo qualche secondo, con un sorriso divertito sulle labbra. Eppure dentro di me stava succedendo un casino.
«Quindi io sono il tuo ragazzo adesso? Mi suona stra-»
Lo interruppi, perché lo capivo, anche a me suonava abbastanza strano. «Anche io sono il... tuo... eh, capito, no?»
«Ho afferrato.» Disse, annuendo, e mi guardò.
Io lo guardai.
Beh, pensai, risolto?
Ci guardavamo, e continuavamo a farlo, senza fare nient'altro perché quello spazio era troppo ristretto.
«Okay» Annuii anch'io, cercando di nascondere il mio imbarazzo. Ripresi a giocare con le mie dita e lo sguardo calò lentamente verso il basso, ma d'un tratto le dita di Frank tornarono sul mio viso. Mi sollevò il mento, e mi guardò.
Io ricambiai lo sguardo e le mie labbra si schiusero per la sorpresa, dopo iniziai a sentire le guance accaldarsi.
Vidi Frank sollevare un braccio e passare la mano dietro la mia nuca, accarezzando lentamente i miei capelli. Ad un certo punto però, lui rise.
«Che c'è?» Domandai, confuso.
«Stavo- stavo cercando di mettere il braccio dietro le tue spalle»
«Oh» Mi misi a ridere anche io, silenziosamente, e girai appena la testa per guardare il suo braccio. Mi feci più avanti per permettergli di compiere quel movimento, così lui riuscì a portare il suo braccio dietro le mie spalle e improvvisamente mi avvicinò a lui.
Ancora ridacchiava, e nel mentre si avvicinava sempre di più al mio viso.
Io tenevo le mani davanti a me, e quando fui vicinissimo a lui queste si appoggiarono al suo petto. A quel punto chiusi gli occhi, e le labbra di Frank catturarono le mie, attirandole in un bacio dolce, lento, desiderato.
Un contatto semplice, ma che aveva tanto da dire, cose che due ragazzi della nostra età ancora non sapevano spiegare a parole.
L'atmosfera era calma, noi due eravamo immobili e gli unici movimenti li compievano le nostre labbra schiudendosi e chiudendosi, assaggiando la bocca dell'altro.
Non mi accorsi nemmeno quando avevo smesso di essere un tronco di legno, e mi ero appoggiato a Frank con calma, durante quel bacio che come quella notte non terminava.
Perdevamo fiato, ma non ci fermavamo; i baci diventavano più veloci e più aperti, per permettere alle bocche di respirare, ma nessuno dei due aveva l'intenzione di smettere.
Rabbrividii, non tanto per il fresco di quella serata umida ma per le mani di Frank che in una maniera tanto delicata mi andavano ad accarezzare la schiena, e dopo salirono fino al mio collo, le sue dita mi sfiorarono la nuca prima di insinuarsi tra i miei capelli. Era una sensazione così bella, e dio solo sapeva come il mio corpo si stava contorcendo per via di tutte le emozioni che stavo provando.
E solo Frank riusciva a farmi sentire così, ed era proprio per quello che non avevo intenzione di perderlo, di rimandare.
E mi sentii di aver fatto la cosa giusta, a chiedergli di essere quella persona per me.
Frank, oh, dio, fosse per me avrei provato tutte quelle cose insieme fino al mattino, fino al giorno dopo e quello dopo ancora, nonostante il mio stomaco si contorcesse e i brividi facevano fremere il mio corpo.
Però quelle sensazioni mi facevano stare bene, mi facevano sentire vivo.

𝐘𝐨𝐮'𝐥𝐥 𝐑𝐞𝐛𝐞𝐥 𝐭𝐨 𝐀𝐧𝐲𝐭𝐡𝐢𝐧𝐠Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora