Il mio disegno era finito.
Frank era stato dietro di me, a fumare -in camera, sì- e a controllarmi. Non appena vedeva che ero sul punto di addormentarmi, mi stuzzicava.
Infatti quel disegno tecnico sono riuscito a finirlo grazie a lui. Era un po' una tortura farmi riprendere in quel modo, perché mi distraeva anche. Però ci riuscii.
La mattina dopo consegnai la tavola in tempo e tornai tranquillo al mio banco, le braccia conserte dietro la testa e lo sguardo rivolto alla lavagna. Di prendere appunti non ne avevo l'intenzione, però cercai di seguire la spiegazione.
Quella mattina fu abbastanza noiosa, perché i corsi che avevo in quella giornata non corrispondevano a nessuno di quelli che frequentavano i miei amici.
Solo il pranzo feci con mio fratello e gli altri, e io ero abbastanza, come dire, triste. Ma non seriamente, avevo semplicemente messo il muso.
Frank non era seduto al nostro tavolo, beh, ovviamente, era con i suoi amici, poco distante da noi. Mi era capitato di lanciargli un paio di occhiate, e ovviamente non mi aspettavo che le ricambiasse, e non l'aveva fatto.
Mikey mi diede una spallata, «Che c'è fratellone?» Chiese marcando le ultime lettere, visto che a volte mi chiamava "fratellino".
«Niente» Smisi di muovere la forchetta nel piatto e lo guardai, sorridendogli in modo forzato.
E lui ovviamente se ne accorse.
«Mh. Che hai, fratellone?» Chiese di nuovo, ma il suo tono non sembrava accettare bugie. Così feci spallucce spostando lo sguardo nel mio piatto.
«Sono annoiato»
«Uhm...» Continuava a guardarmi intensamente, così io ricambiai il suo sguardo facendo un gesto con una mano come a dire "cosa c'è?".
Allora Mikey si avvicinò al mio orecchio e sussurrò: «Non è che ti manca qualcuno?»
Io roteai gli occhi e accennando una risata spinsi mio fratello dalla spalla. «Ah-ah.»
Subito dopo mi alzai e congedai tutti con un cenno della mano. Buttai il piatto di plastica nell'apposito contenitore e uscii dalla mensa, diretto verso la mia stanza.
Avevo voglia di uscire, così indossai la mia giacca di pelle marrone, un cappellino di lana e misi una gomma da masticare in bocca. Aprii la porta e uscii sistemandomi il colletto della giacca, quando vidi Iero sorpassarmi con lo sguardo incatenato ai miei occhi ed entrare nella stanza.
«Hey» Dissi veloce, e Frank alzò il mento a mo di saluto. La mia mascella si serrò spontaneamente; afferrai la maniglia della porta e la tirai dietro di me per chiuderla.
Uscii solo per un'oretta, fuori faceva così freddo che l'aria sembrava pungermi e penetrarmi la pelle come punte di ghiaccio.
Così mi rifugiai in un bar. Subito il tepore mi avvolse e mi strofinai le braccia con le mani. Mi riscaldai in poco tempo, e allora mi sedetti al bancone per prendere un caffè. Un bel caffè caldo era quello che ci voleva con quell'atmosfera.
La musica di sottofondo mi fece rilassare, e la cameriera, gentile, mi fece compagnia per qualche minuto. Il bar era vuoto a quell'ora del pomeriggio, ma la folla sarebbe arrivata a breve.
Così pagato il mio caffè uscii e feci il giro più lungo possibile per tornare all'università. Un'uscita abbastanza monotona, ma ero uscito. Di solito me ne stavo in stanza a leggere un fumetto sul letto e di mettere piede fuori al freddo non ne volevo sentire proprio parlare.«Ero ubriaco. Ma quante volte devo dirtelo?».
Stavo per entrare nella mia stanza quando sentii questa frase; mi bloccai con la mano sulla maniglia e mozzai il respiro per ascoltare.
«Sì ma proviamoci!»
«No. C'è un altra persona... e poi io non sono gay!»
«Sei uno sporco bugiardo. E chi è questa persona?»
Frank Iero era in difficoltà? Avrei potuto parargli il culo.
Entrai nella stanza tenendo un'espressione disinvolta.
«Ciao Frank» Feci finta di notare l'altro ragazzo solo dopo, «Ehilà».
Il tipo mi fece un cenno con la testa, l'espressione evidentemente arrabbiata -con Frank.
«Ne parliamo dopo.»
«Non dobbiamo parlare di niente»
«Sì invece!» Lo prese dalla giacca e tirandolo lo fece alzare dal letto. Io -che lo stavo osservando con la coda dell'occhio- mi spostai subito dietro di loro e afferrai la spalla allo sconosciuto, spintonandolo.
Quel ragazzo mi guardò con un'espressione sorpresa ma incazzata allo stesso tempo. Io gli feci un ghigno.
«Prenditela con quelli della tua stazza»
Allora vidi Frank dietro di me aprire la bocca per dire qualcosa, ma rimase in silenzio.
Quel ragazzo borbottò qualcosa e se ne andò sbattendo la porta; io allora mi voltai verso Frank e incrociai le braccia al petto.
«Che c'è?»
«Che cazzo vai dicendo!?»
«La verità.» Dissi, serio, e andai a sedermi alla scrivania facendo spallucce, «Grazie per il disegno» Gli dissi facendo l'occhiolino, lui mi guardava perplesso.
«Quanto hai preso?» Chiese, normalmente, dopo un paio di minuti.
«Sette e mezzo.» Mi girai verso di lui e sollevai le gambe, per incrociarle sulla sedia -come se stessi per meditare.
Come idea non era male.
«Buono... il massimo che prendo io in architettura è sei.»
Io ridacchiai, «Lo stesso vale per me nel design digitale.»
La conversazione finì lì, però continuavamo a guardarci, con un piccolo sorriso sulle labbra. Mi schiarii la gola, prima di alzarmi dalla sedia e dirigermi verso il letto.
Qualcosa mi spingeva ad andare verso il letto di Frank, ma non potevo farlo. Non volevo ancora fargli capire che mi piaceva sul serio; avrei aspettato che me lo mostrasse lui, se gli piacevo anch'io, se non stava solamente giocando.
«Quello era il tipo del locale?» Chiesi poco dopo, ripensando alla loro discussione.
«Mhmh» Rispose Frank dopo qualche secondo, distaccato. Il mio sguardo attraversò la stanza, fermandosi sul fumetto che avevo lasciato sulla scrivania.
«Oh, Cristo» Mi sdraiai sul letto e affondai il viso nel cuscino, palpandolo con le mani. La morbidezza di quel cuscino era la sola cosa piacevole del mio letto.
Sentii Iero alzarsi e andare a chiudere la finestra; per fortuna, io non mi sarei alzato anche se faceva freddo.
«Comunque... grazie»
Sollevai di poco la testa per guardare Frank, e scrollai le spalle, rimettendo il viso nel cuscino. Poco dopo lui fece qualcosa che non mi aspettavo, ovvero si sedette sul mio letto, facendolo affondare leggermente.
Questa volta girai la testa dal suo lato, senza alzarla. E nemmeno mi misi composto, perché non ne avevo voglia. Rimasi solo a guardarlo.
Lui alzò una mano in aria, e mi sembrava un po' incerto, dopo allungò il braccio verso di me e mi toccò i capelli.
«È stato divertente, ieri.»
Accennai un sorriso, mentre lui infilava le dita tra i miei capelli per poi iniziare ad accarezzarli. Non ero imbarazzato, però mi sentivo un po' a disagio. Probabilmente perché era un gesto abbastanza strano da parte di Frank.
«Ho... passato un buon compleanno» Ammise, accennando una risata.
Io ridacchiai alzando leggermente la testa, e mi appoggiai sul gomito.
«Beh, mi fa piacere.»
Frank Iero annuì e alzò lo sguardo, ricambiando il mio.
«Non lo festeggio da quando avevo dodici anni, credo»
«E perché?»
Lui fece spallucce, «Non mi è mai sembrata una cosa felice»
«Forse hai ragione ma... è un modo per stare accanto alle persone a cui vuoi bene»
Frank tolse lentamente la mano dai miei capelli, la unì all'altra e le appoggiò sopra le sue gambe. «Dovrebbero starti accanto sempre, non solo al compleanno»
Pronunciò "compleanno" con una punta di disprezzo, e infondo lo capivo. Aveva perfettamente ragione, ma proprio perché le persone erano fatte così dovevi accontentarti della loro presenza nei giorni "speciali".
Eppure accontentarsi era triste. Frank non si accontentava, e infatti faceva bene.
Smisi di rispondere, perché non volevo parlare di qualcosa che lo facesse rattristare. Così gli sorrisi e basta, e lui ricambiò impercettibilmente.Quella sera prendemmo la cena a sacco -ovvero scegliemmo del cibo che si poteva conservare in una busta- e ce la svignammo. Io e Frank. Ci ritrovammo seduti su un muretto basso del cortile, circondati dal verde.
Mi ritrovai a mangiare con lui perché, dopo aver parlato in stanza, siamo scesi insieme eccetera eccetera.
Finita la mia cena, buttai le carte ai miei piedi; le avrei raccolte e buttate più tardi.
Alzai la testa e rivolsi lo sguardo al cielo, che era molto scuro, e tappezzato di stelle. Non troppe stelle in realtà, ma la vista era bella.
Il vento che mi scompigliava i capelli mi faceva pentire di non aver messo un cappello, però in quel momento mi aiutava a rilassarmi.
Quando abbassai la testa e diedi un occhio a Iero, notai che mi stava guardando. «Ho sonno» Dissi. Lui rise.
«Di già?»
«Sì... e poi il freddo non mi aiuta. E nemmeno aver mangiato così tanto» Sbuffai una risata inclinando la testa fino ad appoggiarla alla mia stessa spalla.
«Questo per te è mangiare tanto?»
«Avrò mangiato almeno cinque crocchette e altra robaccia fritta»
Vidi Frank scuotere la testa tenendo un sorriso divertito.
Dopo poco rabbrividii, così alzai il cappuccio della felpa e nascosi le mani nelle maniche.
Io sono gelato. In qualsiasi stagione, in qualsiasi luogo, rimango sempre gelato. Le mie mani soprattutto, sono come quelle di un cadavere o un vampiro.
«Rientriamo?»
«Uhm... dobbiamo proprio?»
«Beh...» Avevo freddo, e stavo per rispondere di sì, ma sentii un piacevole tepore alle mie spalle. Frank mi aveva appoggiato il suo bomber addosso, ed era veramente un sollievo. Spontaneamente afferrai il colletto della giacca da entrambi le parti e me la tirai meglio addosso, coprendomi anche davanti.
Frank mi guardò e ridacchiò, guadagnandosi un'occhiata da parte mia. «Che ridi?» Borbottai prima di nascondere il viso nella giacca; solo dopo mi accorsi di averlo fatto con la giacca di Iero, infatti arrossii. Ma tanto ormai ero coperto.
«Niente, niente. Adesso va meglio?»
«Sì.» Lo guardai meglio e aggrottai le sopracciglia. «Ma tu non hai freddo?»
Frank scrollò le spalle e rispose di no.
«Come cazzo fai» Sussurrai guardando in basso verso le cartacce, che calciai con un piede.
«Non lo so. È che sto bene. Sono pure caldo se noti»
Aprii la bocca scioccato. Volevo avere anche io un corpo che si adattava al freddo o al caldo, e che diamine.
«Pfft.» Sbuffai, e lui si mise a ridere.
«Non mi credi?»
Appena mi girai verso di lui, mi mise il palmo della mano sulla faccia, e io quasi godevo all'improvviso calore, che in poco tempo mi aveva trasmesso. Chiusi gli occhi e sospirai, dopo spinsi la testa verso la sua mano in modo da farla aderire meglio al mio viso, e finii ad appoggiarmi anche alla sua spalla.
«Non è che ti rilassi troppo?» Mi chiese, ironico, in un sussurro, vicino al mio orecchio.
Io feci di no con la testa, muovendo appena il capo, e lo sentii ridacchiare.
«Oh ti sfrutterò per questo. Non so se hai fatto bene a mostrarmi questa tua potenzialità.» Dissi, mettendomi a ridere, e lui mi spinse leggermente la testa.
«Solo se non mi rompi il cazzo»
«Sta' zitto adesso.»
«Cos'hai detto?» Fece per allontanarsi e io misi una mano sul suo collo per non farlo muovere, solo che peggiorai le cose.
«Cazzo- sei freddissimo, Gerard»
Tolsi subito la mano dal suo collo, mettendola sotto la sua giacca. «Lo so» Mugolai, e vidi Frank saltare giù dal muretto.
«Andiamo dai, dovessi morire nel sonno.»
«Ma vaffanculo» Gli dissi ridendo, scendendo poi dal muretto. Iniziai a camminare e, ops, dimenticai le carte a terra. Che peccato.
In stanza c'era Mikey, che non appena mi vide entrare mi saltò addosso. «Non ti sei fatto vivo tutta la sera, stronzo!» Disse, sempre con un sorriso, e io lo abbracciai.
«Ero con quello là.» Indicai Iero che stava riappoggiando la giacca che gli avevo ridato sul letto, e che si girò a guardarmi con fare interrogativo.
«Ciao quello là.» Salutò mio fratello ironico, e Frank lo salutò con la manina accennando un sorriso divertito.
Mi misi subito dopo a letto coprendomi fino alle orecchie. Sono un tipo abbastanza freddoloso d'inverno, e penso si sia capito.
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𝐘𝐨𝐮'𝐥𝐥 𝐑𝐞𝐛𝐞𝐥 𝐭𝐨 𝐀𝐧𝐲𝐭𝐡𝐢𝐧𝐠
FanfictionMi guardai attorno, tutto era normale. Tutto scorreva lentamente, le voci dei miei amici che riempivano l'aria, mio fratello che aveva messo la sua musica allo stereo. E poi c'ero io, e c'era Frank. C'erano i nostri cuori, che erano in verità la co...