Quella sera successe un casino, e non avevo idea di come fosse iniziato.
Giravo nei corridoi, intento a raggiungere il mio armadietto, e notai che quello di Frank era aperto. Però lui non c'era.
Le chiavi erano attaccate al lucchetto, così mi presi la briga di chiudergli l'armadietto e mettermi quelle piccole chiavi in tasca. Era in debito con me, mi dissi.
Diedi uno sguardo lungo il corridoio, e vidi solo dei ragazzi in cerchio che interagivano tra loro animatamente.
Dove si era cacciato quel nano? Pensai, sbuffando.
Mi incamminai verso la fine del corridoio, e più mi avvicinavo a quel gruppo di ragazzi, più sentivo che qualcosa non andava.
Stavano litigando, ma non era quella la cosa che mi importava.
Avevo sentito la voce di Frank.
Aumentai il passo e, affiancando uno dei ragazzi, lo spinsi per fare allargare il piccolo cerchio. Non mi interessava se avevo sentito male e lì non c'era Frank, e che dopo avrei dovuto vedermela con quei tipo, dovevo vedere se c'era e se era in pericolo.
E fu a quel punto che vidi due ragazzi rotolarsi a terra, tirandosi calci e pugni. Uno di quei due era Frank, e stava proprio con la schiena rivolta al pavimento. Il naso e la bocca gli sanguinavano e la mia rabbia era cresciuta in una frazione di secondo.
«E levatevi dal cazzo!» Dissi ai due idioti che stavano davanti a Frank e quell'altro ragazzo.
Afferrai la giacca del tizio e la tirai, cercando di farlo alzare, ma quello non ne voleva sapere. Nemmeno mi sentiva, credo.
Allora lo afferrai dai capelli e gli feci sollevare la testa, facendo sì che il suo sguardo incontrasse il mio.
«Alzati.»
Il ragazzo mi ringhiò contro ma non aveva tanta scelta, visto che se non si fosse alzato gli avrei fatto lo scalpo.
Quando si alzò lo spinsi contro gli armadietti; Frank che mi guardava preoccupato e quattro mani che da dietro mi afferrarono e trascinarono verso di loro.
Cercai di voltarmi verso i ragazzi di prima, però quello più grosso che se la stava prendendo con Frank mi venne incontro come un toro dandomi un pugno nello stomaco.
Tossii, i miei occhi che bruciarono per quanta forza c'era stata in quel pugno. Mi ero piegato, ovviamente, per il colpo ricevuto, e quello così mi ripagò con la stessa moneta prendendomi dai capelli e sollevandomi la testa.
«Chi ti credi di essere, eh? Tu sei Way, vero?» Chiese il ragazzo sorridendo in modo beffardo e maligno.
Alzai soltanto di più la testa, guardandolo negli occhi.
La sua mano si spostò dai miei capelli e lui continuò a guardarmi, tenendo quel sorriso fastidioso.
«Sei un duro, eh? Che ne dici di provare a stare un po' con noi?» Indicò con lo sguardo i suoi due fedeli seguaci, e in mente mia mi chiesi se fosse serio o stesse scherzando.
«Sto già passando del buon tempo con voi. Adesso, perciò, che ne dici di mettere a cuccia i tuoi cani?»
Il ragazzo davanti a me ridacchiò, mentre gli altri dietro ringhiavano e mi strattonavano.
«Matthews, Iverson, lasciatelo.»
I due idioti mi lasciarono, così mi sistemai la maglietta in modo disinvolto, con sicurezza. Non avevo paura di loro, e questo gli stava dando fastidio, ovviamente.
«Allora... dicev-»
Non gli permisi di continuare perché gli sferrai un pugno sul muso, facendolo indietreggiare e inciampare, e così finii al suolo com'era pochi minuti fa.
Lanciai un'occhiata a Frank prima di voltarmi e cercare di bloccare le manate di quei due; poco dopo Frank mi fu accanto e mi aiutò.
Riuscimmo a liberarci di quelli, mentre il ragazzo a terra ci guardava arrabbiato e stupito. Forse si era arreso.
Così i suoi seguaci ci lasciarono, sempre con quelle espressioni incazzate e il ringhio sulla bocca che li faceva seriamente sembrare dei molossi.
Ci allontanammo.
Camminavo per il corridoio a passo spedito con i pugni chiusi e i denti che si sfregavano. Ero visibilmente nervoso.
Ma che cazzo, perché Frank deve sempre avere a che fare con questi idioti? Pensai. Davvero non ci capivo nulla.
«Gee-»
Gli rivolsi uno sguardo forse non troppo amichevole, e lui spostò il suo avanti mordendosi le labbra.
Aspettai di potermi sedere, su una panchina all'interno della scuola, prima di sospirare e rivolgergli uno sguardo più calmo.
«Cosa 'sta volta?»
«Roba vecchia...»
«Del tipo?» Chiesi allargando le braccia, sbuffando una risata sarcastica. «Non so nulla, della tua roba vecchia»
«Hai ragione, cazzo, beh, non so come spiegarti okay?»
«Okay» Dissi soltanto, e mi alzai. Non volevo comportarmi così, ma lui mi costringeva a farlo.
All'improvviso sentii dei passi avvicinarsi a me, correndo. Frank mi afferrò il braccio e mi fece voltare.
«Non so da dove iniziare. Oh andiamo, Gerard, non voglio rovinare nulla, capisci?»
Rimasi un po' sorpreso da quello che aveva detto. Le cose che aveva fatto erano sbagliate, e lui non voleva dirmi nulla per non rovinare... nulla?
«Voglio solo sapere perché quello ti ha messo le mani addosso» I miei occhi percorsero le ferite che aveva sul viso, con amarezza, e rabbia nei confronti di quel ragazzo. Giuro che sarei tornato indietro solo per picchiarlo di nuovo, a costo di prenderle anch'io e farmi male.
Frank mi spostò dal centro del corridoio e mi fece appoggiare alla parete, cosa che fece anche lui.
«Beh, immagino che avrai capito di cosa si tratti...» Il suo sguardo era rivolto verso il basso, ma non feci nulla a proposito per dargli possibilità di spiegarsi meglio.
«Droga?»
Frank annuì soltanto, e io annuii a mia volta, facendogli capire di proseguire.
«Mi sono approfittato di lui mentre non era lucido, e diciamo che... ho preso più di quello avevo pagato.»
«O non hai pagato proprio»
Frank si schiarì la voce, così capii che avevo centrato.
Accennai una risata, e Frank alzò la testa per guardarmi con un'espressione confusa.
«Beh, okay. Verrà ancora a romperti il cazzo?»
«Non... non penso. Lui si comporta come se fosse il capo di un branco, e sì è ridicolo, però quando riconosce che una persona è stata più forte di lui, non la cerca più. Si mette l'anima in pace»
«Oh... uhm, beh... okay» Mormorai in modo confusionario, e quando ricambiai lo sguardo di Frank, sussultai.
Mi stava guardando in modo così intenso da farmi sentire quasi a disagio, infatti mi guardai spontaneamente intorno distogliendo lo sguardo dal suo.
Sembrò accorgersene, perché si scusò velocemente e mi fece cenno di riprendere a camminare.
«Hey Gerard, - mi fece, una volta rientrati in stanza - grazie. Per avermi parato il culo, intendo.»
Io feci un sorriso, «È sempre un piacere» Risposi, ironico.
Mi guardai intorno, ricordandomi che quella sera mio fratello non sarebbe ritornato. Usciva con Ray e Bob, così disse, per non disturbarmi, dormiva da loro.
Mi ricordai anche dell'armadietto di Frank, così il mio sorriso si trasformò in un ghigno. Frank non mi stava guardando, mentre io mi alzai e raggiunsi il mobile vicino al suo letto.
Quando si accorse della mia presenza però, lasciò il telefono sulle coperte e si fece più dietro in modo da appoggiarsi alla testiera del letto.
«Uhm... Iero.»
L'espressione di Frank subito cambiò, e vidi passare nei suoi occhi un treno di confusione e incertezza. Ridacchiai a quella visione. Mi appoggiai col fondoschiena al comodino accanto al suo letto e sollevai un braccio, sventolando le chiavi del suo armadietto con un dito.
Lui realizzò solo dopo una manciata di secondi.
«Gerard! Quelle sono le mie chiavi?» Chiese preoccupato, probabilmente ricordandosi di aver lasciato l'armadietto spalancato per colpa di quel tipo.
Io annuii senza dire nulla, così lui si protese verso di me e cercò di prenderle. Convinto, come se nulla fosse, ma no, era troppo facile.
Mi allontanai leggermente, «Ah no, vieni a prenderle se ci riesci»
Frank aspettò, guardandomi confuso.
Si aspettava che mi mettessi a correre per la stanza come un bambino? No, io volevo una prova di forza.
«Dai Frankie, non essere timido»
Frank sollevò un sopracciglio e non sapendo cosa fare probabilmente, scese dal letto e si mise davanti a me.
Io ero ancora più alto visto che ero appoggiato al mobiletto, così potevo guardarlo meglio dall'alto con superiorità. Mi piaceva stuzzicarlo, come sempre, però quella volta lui era in imbarazzo.
Dopo con una mano raggiunse la mia e cercò di scollare le mie dita dal palmo, accennando una risata. «Che fai?»
«Niente.» Dissi con disinvoltura, portando la mano vicino al mio fianco.
Lui allora si allungò di più e mentre mi guardava negli occhi cercava di prendere quella chiave dalla mia mano. Sentivo il suo respiro, lieve, finirmi sul viso.
Continuai ad allontanare la chiave, finché non la portai dietro la schiena. Vidi le labbra di Frank schiudersi in un piccolo sorriso, probabilmente aveva capito le mie intenzioni, così si appoggiò al mobile con entrambe le braccia e mi fissò negli occhi, lasciando perdere la chiave.
«Allora?» Mi chiese, il suo tono di voce era basso e un po' malizioso.
«Che fai, ti arrendi?» Chiesi, trattenendo un sorriso beffardo. Lui finse un'espressione dispiaciuta e si avvicinò al mio viso fino a far quasi sfiorare i nostri nasi.
«Non mi dai la possibilità di prenderle» Mormorò sulle mie labbra, e io quasi mi ipnotizzai a quel suono e quella visione, ma il gioco l'avevo ideato io e non potevo perdere.
«Uhm... ops» Lasciai cadere le chiavi dietro di me, facendole finire sul pavimento.
«Mi vuoi così male?» Chiese, con un broncio.
«Sì» Dissi in un soffio sulle sue labbra. A quel punto lui mi morse il labbro inferiore dolcemente, subito dopo raggiunse totalmente la mia bocca e mi baciò.
Il bacio non fu altrettanto dolce però; la sua lingua cercò la mia quasi subito e non appena la trovò iniziò a giocarci, a spostarsi appena per poterla mordere, baciarmi di nuovo, leccarmi le labbra.
Dio, che sensazioni. Il mio cervello era andato in tilt, non riuscendo a pensare lucidamente, e la mia mente aveva avuto un corto circuito.
Era tutto buio. Ed era così bello.
Rabbrividivo, fremevo.
Ad un certo punto Frank mise le mani sui miei fianchi, e io scesi lentamente dal mobile. Lo spinsi lentamente facendolo indietreggiare fino a toccare il letto e sedercisi sopra.
Mi morsi il labbro, però non pensavo. Agii soltanto.
Frank non mi sembrò preoccupato, nè tantomeno uno che voleva interrompere quello che molto probabilmente stava per accadere.
Salii sul letto con le ginocchia, facendomi spazio tra le gambe di Frank, e lui strisciò indietro sul letto, tirandomi sopra di lui. Rimasi a cavalcioni sul suo corpo, e lo guardai.
Lui mi guardava, io guardavo il suo viso e poi abbassavo la testa per rendermi un po' conto della situazione in cui eravamo. Mi scappò un leggero sorriso e Frank, notandomi, ridacchiò e attirò il mio viso verso il suo, baciandomi ancora una volta.
Quella fu la notte più bella della mia vita.
Io avevo ormai già perso la mia verginità, e Frank anche, quindi la cosa venne da sè. Fu semplice, e mi godetti ogni momento.
Frank era così... bello. Così mio.
Quel momento così intimo da dividere con una persona, mi aveva fatto capire che Frank teneva a me quanto io tenevo a lui. Mi aveva fatto capire che mi voleva come io volevo lui.
E non era solo un fattore fisico.
Sentivo di provare qualcosa per lui, qualcosa di forte, e quella notte non fece che intensificare, che farmi capire che quella che avevo per lui non era una cotta passeggera.
Perché in quei momenti mi sentii di poter passare chissà quanto tempo con lui senza stancarmi mai di parlargli, di guardarlo in quegli occhi magnetici, furbi, così belli da attirarti e trattenerti. E mi sentii pronto a stargli accanto, difenderlo da qualsiasi cosa, da qualsiasi pericolo anche il più stupido.
Ero pronto ad amarlo.
E diamine non volevo sentirmi dire che con le parole esageravo, perché quando dico una cosa è proprio quella e io odio essere contraddetto.
Ero capace di riconoscerlo, di capirlo. Non eravamo più ragazzini, ingenui, a cui piace sperimentare. Certo, non dico che avevamo già provato tutto della vita, anzi, ma io non avevo provato con nessuno quello che provai con Frank.
Dalla prima volta che mi aveva baciato.
E col tempo il nostro rapporto si era intensificato sempre di più e, dio, sentivo il bisogno di averlo accanto a me ogni singolo momento ormai.
Mi era impossibile pensare in quello stato, con lo sguardo concentrato sul viso di Frank, le nostre pelli a contatto e tutto l'insieme che mi faceva impazzire; però, all'improvviso la sentii, una sensazione strana e folle ma che mi faceva sentire bene. Sentii di amarlo.
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𝐘𝐨𝐮'𝐥𝐥 𝐑𝐞𝐛𝐞𝐥 𝐭𝐨 𝐀𝐧𝐲𝐭𝐡𝐢𝐧𝐠
FanfictionMi guardai attorno, tutto era normale. Tutto scorreva lentamente, le voci dei miei amici che riempivano l'aria, mio fratello che aveva messo la sua musica allo stereo. E poi c'ero io, e c'era Frank. C'erano i nostri cuori, che erano in verità la co...