19. In a Different Light

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Beh, che dire. Avevo scioccato Frank Iero.
Di certo quel bacio non se l'aspettava, e ci mise un po' per iniziare a ricambiarlo. Appena lo fece, gli morsi il labbro e mi staccai velocemente. Nascosi un sorriso.
«Mikey ci aspetta.»
Con lo stesso braccio che avevo messo sulle spalle di Iero, lo spinsi via, e misi su la giacca che usavo sempre per poi uscire dalla stanza.
Sorpassata la porta, mi fermai per aspettare Frank. Feci un lungo, lungo sospiro. Deglutii, dopo inumidii le labbra passandoci sopra la lingua. Le mie labbra tendevano a seccarsi sempre, in qualsiasi periodo dell'anno.
Non appena Frank mi raggiunse e chiuse la porta, iniziai a scendere le scale che ci portavano al piano terra. Appena in tempo per vedere la schermata del mio telefono rabbuiarsi per poi fare comparire la faccia di mio fratello. Mi stava chiamando, e risposi subito.
«Arriivo» Cantilenai alzando gli occhi al soffitto, e ridacchiai per la sua risposta poco garbata.
Quando uscimmo dalla struttura dell'università, notai subito la grossa macchina che ci aspettava fuori dai cancelli.
«Brendon?» Aprii la bocca incredulo. Se c'era Brendon, ci sarebbe stato da divertirsi.
Non appena l'interpellato uscì fiero dalla sua macchina, mi venne incontro a braccia aperte.
«Ci si rivede» Disse ridacchiando, abbracciandomi e dandomi una pacca sulle spalle. Ricambiai il contatto, accennando un sorriso. Un po' pensavo al fatto che era stato la causa del mio litigio con Robert, un po' lo ringraziavo per avermi fatto capire che quel ragazzo non era cambiato.
Quando ci staccammo, lo presentai a Frank.
«Frank, lui è Brendon.»
«Ehi»
Frank si limitò ad alzare la testa muovendo appena le labbra in su. Con Brendon sicuramente non aveva fatto il passo giusto, a lui piacciono le persone dirette e con un sorriso stampato sul volto.
A volte glielo dicevo che pretendeva troppo, e che così non dava possibilità agli altri di mostrarsi per quello che erano, ma lui non ascoltava.
Frank non gli sarebbe andato a genio subito, ma se avesse cercato di conoscerlo gli sarebbe piaciuto.
Magari era meglio se non cercava di conoscerlo.
Anche a Brendon possono piacere i ragazzi, come a me.
Con questo, non sono geloso. Sto solo dicendo che...
«È ora di andare, baby. Ti muovi?» Scattò Brendon spingendomi per la schiena verso la sua macchina. Dopo mi aprì lo sportello come solo un gentiluomo sa fare, e io mi misi a ridere. Entrai in macchina e feci cenno a Frank di salire subito dopo di me.
Brendon alla guida –pericolo costante– Ray accanto. Mikey e Bob erano dietro con me e Frank. Mio fratello rivolto verso il finestrino e Bob che era appiccicato ai sedili davanti, che iniziava una conversazione con Ray e Brendon.
«Psst, agente Way» Attirai l'attenzione di mio fratello; lui si girò e mi sorrise.
«Mi dica»
«È pronto per questa nuova missione?»
«Può dirlo forte comandante Arthur Way. Sarà eccitante»
«Da quando sono stato nominato comandante?»
«Shh.»
Ridacchiai e feci l'occhiolino a mio fratello, prima di voltare la testa verso di Frank. Mi stava guardando, e girò la testa in avanti.
«Frank?»
«Sì?» Rispose, tornando a guardare me.
Io accennai un sorriso, facendo spallucce, dopo mi appoggiai violentemente di schiena allo schienale del sedile, facendolo cigolare.
«WAY NON DISTRUGGERMI LA JEEP»
«SCUSA» Urlai di rimando mettendomi a ridere. Mai sia. Brendon tiene alla sua macchina più di quanto possa amare la sua futura moglie o quello che sarà.
Rivolsi di nuovo lo sguardo a Frank, che questa volta era girato verso il finestrino.
Forse si stava sentendo a disagio, perché conosceva soltanto me. E nemmeno andavamo proprio d'amore e d'accordo.
Però lui aveva chiesto di venire, e non è nemmeno un tipo introverso o timido.
Però qualcosa mi spingeva a cercare di farlo sentire a suo agio. Era già abbastanza buio fuori, il cielo blu scuro, la macchina era un'ombra scura dentro e fuori, tranne quando i fari erano accesi, per il resto entrava solo una striscia di luce che veniva e andava a ogni lampione che passavamo.
Vedevo il viso di Frank illuminarsi e poi tornare grigio dall'ombra in cui si nascondeva involontariamente. Improvvisamente, sentendo il mio cuore spingere come se volesse uscire, farmi avvicinare a lui, mi spinsi in avanti. Mi trovai a sfiorare la guancia di Frank con il naso.
Lui sussultò impercettibilmente e mi guardò con la coda dell'occhio. L'espressione un po' preoccupata.
Attorno a noi c'era il buio, un silenzio mentale ci avvolgeva ma i miei amici parlavano ad alta voce, e nessuno si sarebbe accorto di quel momento.
Premetti le labbra sulla guancia di Iero, dopo le schiusi leggermente e le chiusi di nuovo, ripetendo il movimento un altro paio di volte.
Era così che volevi farlo sentire a tuo agio? Chiese la mia mente stessa, e mi sentii stupido per un momento. Mi sentii stupido finché Frank non girò la testa verso la mia e prese le mie labbra tra le sue.
Dio, era passato poco dall'ultimo bacio, ma non appena le sue labbra toccarono le mie mi accorsi di quanto le desideravo. In così poco tempo, come si fa a sentire questo? Forse non volevo una risposta. Forse era bello tenere il mistero, il mistero di quell'emozione.
Era sbagliato provarla? Sbagliato provarla per lui?
No, non credo. O almeno non più.
Dovevo fermarmi in quell'esatto momento, perché il mio stomaco si attorcigliò e la mia testa chiedeva sempre di più. Il desiderio era diventato troppo da soddisfare, troppo da soddisfare in quella situazione, in quella macchina comoda ma scomoda allo stesso tempo. Frustrante. Ma eccitante.
Mi staccai da Iero che fece un flebile verso di disapprovazione. Io feci un sorrisetto che lui notò, e dopo lo vidi ricambiarlo.
Vedevo Frank Iero tutti i giorni da due mesi esatti e avevo provato solo fastidio e irritazione nei suoi confronti, finché non ci siamo avvicinati di più, finché, per gioco, lui non mi aveva baciato.
Mi guardai attorno, tutto era normale. Tutto scorreva lentamente, le voci dei miei amici che riempivano l'aria, mio fratello che aveva messo la sua musica allo stereo.
E poi c'ero io, e c'era Frank. C'erano i nostri cuori, che erano in verità la cosa più rumorosa. Battevano all'impazzata, o almeno il mio; un po' di meno quando mi allontanai da Iero.
Stargli vicino mi faceva bene, pensai, ma anche stargli lontano. Capii che, quello che stava per accadere, avrei voluto che venisse piano piano. Delicatamente.
Stavo per far entrare Frank nella mia vita a quel punto, e volevo farlo cautamente.
Non mi aprivo in questo modo a nessuno da molti anni, la mia intenzione non era quella di riceverne un'altra delusione. Sapevo soltanto che ormai era iniziato, e se Frank voleva, poteva ferirmi comunque.
Però non me ne feci una colpa.
Avrei come sempre chiuso le mie porte ancora una volta, farle gelare e con loro anche tutto me stesso.
Però non dovevo pensare a questo adesso, era un pensiero distruttivo, morboso. Essere talmente tanto abituato alla merda delle persone da riuscire a pensare solo alla fine delle cose belle che ti capitano.
Nemmeno per questo potevo farmi una colpa.
E avevo appena definito Frank una cosa bella. Beh, non dovevo più mentire a me stesso, alla mia mente.
Frank mi piaceva, lo sapevo. Ed era capitato come una cosa –momentaneamente– bella nella mia vita. Anche se l'ho capito dopo.
Anche se pensavo che Frank Iero fosse l'ultima persona del mondo a voler avere a che fare con me.
Ma una parte di me credeva che lui stesse giocando con me, con i sentimenti che stavano nascendo nei suoi confronti; che lui mi aveva fatto scoprire. Lo avrei scoperto, con il passare del tempo.
Per allora non avrei mai permesso a Iero di fargli capire che mi piace. Avrei solo giocato anche io, per finta.
Non volevo mostrargli i miei sentimenti fino in profondo per paura che lui potesse prenderli, usarli, giocare con essi. Per quello dovevo andare piano, dovevo fingere di giocare con lui. Era brutto da pensare, credo, ma un po' divertente.
Infondo era un altro pericolo in cui mi stavo cacciando.

𝐘𝐨𝐮'𝐥𝐥 𝐑𝐞𝐛𝐞𝐥 𝐭𝐨 𝐀𝐧𝐲𝐭𝐡𝐢𝐧𝐠Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora