05. Mostro

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Il silenzio regnava sovrano in quella piccola ed angusta stanza che fungeva come camera d'ospedale. Non c'erano i banali e primitivi aggeggi che comunemente usavano gli umani per monitorare le funzioni vitali del paziente, ai maghi bastava un piccolo braccialetto che in caso di problemi avrebbe avvertito il medici reali.

Sullo scomodo, piccolo letto bianco la figlia del demonio dormiva tranquilla da ormai cinque ore senza però dare segni di miglioramento. I medici avevano detto che la trasformazione le aveva tolto molte energie e che sarebbe rimasta senza sensi per massimo un giorno, giusto il tempo di recuperare tutte le energie. Accanto a lei, su una poltroncina bianca in pelle, c'era seduto Nash, non l'aveva abbandonata nemmeno per un secondo. In parte si sentiva colpevole perché non era riuscito ad aiutarla in alcun modo e in quel momento credeva che stare lì a farle compagnia l'avrebbe aiutata. Le aveva appoggiato la mano sulla sua, era solo appoggiata niente di più, incapace di lasciarla ed incapace di stringerla di più.

Era un esserino così buono, pieno di speranza. Gli ricordava un bambino, piccolo, puro, che ancora poteva permettersi di sperare, di credere. Lei non aveva mai avuto questo dono, questo privilegio, di essere libera, spensierata, felice.

Per carità, aveva vissuto momenti felici, ma erano così pochi, erano così poche le volte in cui un sorriso vero e sincero era spuntato sul suo volto, che a volte si dimenticava cosa voleva dire essere davvero felice.

Dopo ore passate sveglio in attesa che gli occhi di Ice si aprissero, Nash si lasciò finalmente cullare dal silenzio e si addormentò con la testa sul letto e la sua mano ancora su quella di Ice. Non sapeva cosa aspettarsi al suo risveglio: lo avrebbe allontanato? Lo avrebbe trattato finalmente con più gentilezza? O avrebbe fatto finta di niente?

Davvero non capiva perché se era scappata dall'Inferno non cercava di fare amicizia. Non voleva quello? Avere una vita migliore, diversa, buona?

E poi perché il padre l'avrebbe fatta trasformare? Rischiare di far uccidere la propria figlia per cosa?
Per vendicarsi della sua fuga?

C'erano tante domande a cui cercava risposta ma sapeva che nessuno gli avrebbe detto ciò che sperava di sentire. Ice era troppo chiusa in se stessa per parlargli della sua vita prima di arrivare lì o anche solo per dirgli come si sentiva.
Ma cosa poteva d'altronde pretendere da una ragazza che scappava addirittura dal suo stesso padre e che probabilmente non si fidava di nessuno?

Passarono altre due ore prima che Ice desse finalmente segni di vita.
Nash si era svegliato da pochi minuti quando la rossa iniziò a muoversi. Lentamente aprí gli occhi e, più confusa che mai si mise seduta.

«Dannatissimo Satana, cosa è successo?» domandò massaggiandosi le tempie nel tentativo di alleviare il forte mal di testa.

Girò la testa verso il mago al suo fianco e notò che le loro mani si toccavano, erano pelle contro pelle, la calda mano del principe di ghiaccio era sulla sua. Ice la ritrasse subito, presa da un'enorme imbarazzo che la obbligò a distogliere lo sguardo da quei pozzi di ghiaccio.

«Ti sei trasformata e... hai causato tante morti. Hai ucciso molte delle guardie reali e hai cercato di uccidere me e mio padre.» disse Nash sincero.

«Io ho ucciso qualcuno?» Ripetè Ice mentre sentiva il panico farsi spazio dentro di se. Ora cosa sarebbe successo? L'avrebbero cacciata?
Aveva rovinato tutto. Il piano era andato a puttane e non poteva più farci niente.

Si prese la testa tra le mani e imprecò.

«Merda! Merda, merda, merda!» tirò un pugno al letto. «Mi ucciderà... mi ucciderà.»

«Stai tranquilla, Ice. Nessuno ti farà niente. I miei capiranno.» le veniva da ridere. Voleva dirgli "I tuoi non mi fanno paura, è mio padre che temo, ho fallito, non ho fatto il mio dovere, lui mi ucciderà!", ma si trattenne.

La figlia di Lucifero [IN REVISIONE]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora