10. Mia madre non punge

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E sei pazza di lui,
non riuscirai a
lasciarlo andare.

"Ade?" Mugolo qualcosa nel sonno, sprofondando il viso nel cuscino.

"È tardi, dai." Una voce continua a infastidirmi, e con la mano cerco di scansare via il suo viso alla cieca.

"Das a mamá, todavía cinco minutos." Borbotto, continuando a muovere la mano contro il viso di mia madre.

Aspetta, mia madre non punge. E questo viso sembra quello di un ragazzo, con un accenno di barba.

Riluttante, alzo la testa dal cuscino, incontrando gli occhi di Denver, che sorride divertito.

Ringhio arrabbiata, spingendolo dal petto, lasciando cadere nuovamente la testa sul cuscino.

"Molto femminile e gentile da parte tua, Ade." Afferma, facendomi scappare un lamento di disperazione.

"Sta' zitto." Gli lancio la prima cosa che trovo, nella speranza di averlo preso e, di conseguenza, di avergli fatto male.

Metto un braccio sotto il cuscino abbracciandolo a me, sistemando meglio la mia guancia contro esso.

Le coperte che indossavo prima, vengono a mancare dal mio corpo, facendomi alzare in uno scatto veloce la testa, puntando i miei occhi sul viso definito di Denver.

"Ma la smetti?" Urlo. "Lasciami dormire in pace, Dio Santo!"

"Lasciarti dormire?" Chiede sarcastico, picchiettando più volte il suo dito sull'orologio davanti al mio viso. "Avevamo appuntamento con gli altri alle dieci, e indovina che ore sono? È quasi mezzogiorno!"

Gli rivolgo un ultimo guardo pieno di odio, prima di far profondare nuovamente la testa sul cuscino. Non mi strapperai dal mio sonno.

"La metti così?" Mi ringhia contro, e sento il materasso del mio letto abbassarsi.

Vengo afferrata da dietro le ginocchia e dalla schiena, e in un gesto automatico allaccio le braccia intorno al collo di Denver, poggiando la testa contro il suo petto.

Chiudo gli occhi per riaddormentarmi, e i suoi passi pesanti, le porte che si chiudono e il suo fiato caldo che mi solletica la fronte rendono il tutto più difficile del previsto.

"Altro che prepararsi, questa dormiva ancora!" Sento dire da Denver, e in risposta gli mollo un pizzicotto sul collo.

"Mi chiamo Adelaide." Gli ricordo.

"E adesso?" Dice una voce che dovrebbe appartenere ad Alex.

"Adesso si fa come dico io." Sento dire da Denver, che inizia subito dopo a camminare.

Sento un'ultima porta sbattere, prima che del vento fresco mi accarezzi la pelle, e quando vengo seduta su qualcosa di freddo, e mi inseriscono qualcosa sulla testa, sgrano gli occhi, facendoli saltare da tutte le parti in modo confuso.

Poi mi rendo conto di essere seduta sulla moto di Denver, e che lui mi sta allacciando il casco.

"Frena, frena, frena!" Gli urlo contro, afferrandogli i polsi. "Sono in pigiama!"

"Ho cercato di farti alzare con le buone." Mi ringhia contro, e mi dà come l'impressione che sia arrabbiato con me. Ouch.

"Denver." Lo richiamo. "Puoi darmi dieci minuti di tempo per prepararmi?" Gli chiedo dolcemente, e prende un respiro profondo.

Slaccia il mio casco, posandolo sulla sella della moto. Si passa una mano tra i capelli ricci, ed il mio picchiettare sul suo bicipite lo fa girare nella mia direzione.

MANTIENI IL SILENZIO - Non avere pauraDove le storie prendono vita. Scoprilo ora