21. Avevo paura di perderti completamente

1.1K 53 12
                                    

▶️ Me niego - Reik, Ozuna, Wisin

Il silenzio
Mi parla di te.

Accoccolata a Denver continuo a pensare a quanto sia successo poco fa, e quanto possa essere impazzito il battito del mio cuore in questo momento.

Quello di Denver, invece, ha un ritmo tranquillo. Dorme beatamente accanto a me, mentre un suo braccio cinge la mia vita, le nostre gambe nude sono intrecciate fra loro, la mia testa è appoggiata al suo petto e il leggero lenzuolo bianco ricopre i nostri corpi.

Avevo anche io cercato di addormentarmi, ma il pensiero di quello che fosse appena successo, sommato al sorriso di ebete, non mi aveva permesso di abbandonarmi alle braccia di Morfeo.

Mi muovo leggermente cercando una posizione più comoda, mentre il braccio di Denver mi stringe maggiormente. "Adelaide.." la sua voce è impastata e assonnata.

"Ti ho svegliato?" Chiedo debolmente, mentre gli accarezzo un bicipite.

"Mhmh." Ridacchio leggermente, osservando il suo volto con un sorriso stampato sul mio viso.
Ha le gote arrossate, gli occhi ancora chiusi, le labbra dischiuse e i capelli disordinati sulla sua fronte.

Si stropiccia gli occhi sotto il mio sguardo attento e vigilante, mentre scruto con interruzione ogni lineamento del suo viso: il naso piccolo, la mascella definita, il taglio degli occhi.
Da qualunque prospettiva io lo guardassi restava sempre tremendamente bello.

"Sei veramente bella." Biascica, aprendo un occhio per osservarmi.
Abbasso il capo imbarazzata, mentre il sorriso sul mio volto non intende abbandonarmi.

"Perché ti sei allontanato?" Sussurro dopo alcuni attimi di silenzio, puntando il mio sguardo nel suo.

"Credo tu voglia delle spiegazioni." Si schiarisce la voce, sollevandosi leggermente. Mi sposto di lato, girandomi su un fianco per osservarlo meglio.

"Aiden è venuto da me, dicendo che se non ti avessi lasciato urlandoti in faccia il fatto che non appartenessi realmente alla tua famiglia, ti avrebbe raccontato della mia, di famiglia." Lo guardo confusa, corrucciando la fronte.

"Mia madre è un ex tossica dipendente, il preside Arper è il mio patrigno da quasi quattro anni. Mio padre era un ubriacone, coppia di tossici, insomma." Fa nascere dalle sue labbra una risata amara, priva di ogni divertimento.

"Ero sempre solo a casa, nessuno dei miei genitori rincasava prima di tarda notte. Una sera avevo deciso di restare sveglio, per vedere cosa trattenesse così tanto i miei genitori. Intorno alle tre del mattino ho sentito dei rumori in casa, e il pianto disperato di una ragazza. Avevo dodici anni, la scena a cui stavo assistendo era raccapricciante." Lo ascolto in silenzio, stringendo il lenzuolo al mio petto. Non mi piaceva la piega che stava prendendo quel discorso.

"Una ragazza poco più grande di me era piegata sul tavolo della cucina mentre piangeva e supplicava mio padre di smetterla, mentre lui continuava a farle del male. Non ci ho visto più dalla rabbia, Adelaide. Gli sono saltato addosso, riempiendolo di botte. Non avevo mai alzato un dito su nessuno, ma odiavo chiunque trattasse in modo orrendo le donne. Ho passato sei mesi nel carcere minorile di Rikers per tentato omicidio."

Riesco a fatica ad ingoiare la mia stessa saliva, mentre sgrano gli occhi. Il carcere minorile di Rikers è la prigione più famosa di New York, ed ha una cattiva reputazione per quanto riguarda il modo in cui vengono trattati i detenuti, causata dall'abuso e dall'abbandono di quest'ultimi.

MANTIENI IL SILENZIO - Non avere pauraDove le storie prendono vita. Scoprilo ora