Pareti bianche

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Quando infine Jacques riaprì gli occhi, tutto gli apparve sconosciuto e nuovo.

Si trovava in una piccola stanza dalle pareti bianche ed il soffitto di canne; nessun suppellettile in vista. Il suo corpo giaceva inerme in un semplice letto di ferro con lenzuola dalla trama un po' grezza ed altrettanto candide. C'era un'afa opprimente in quella stanza, un forte odore di medicinali ed un silenzio ovattato, interrotto soltanto dal ronzio di un paio di mosche che si rincorrevano nell'aria sopra di lui, seguendo traiettorie irregolari.

Aveva un forte mal di testa ed un gran senso di confusione. Sollevò una mano dal letto e la guardò quasi stupito nel vedere che l'arto aveva risposto al suo comando. Provò quindi a mettersi a sedere sul letto, ma quel semplice movimento gli parve faticosissimo.

Si sforzò di ricordare cosa fosse accaduto prima del suo sonno e per quale ragione si trovasse in quel luogo, ma la sua mente era completamente vuota, anche più di quella strana stanza. Scoraggiato si lasciò ricadere supino e rimase per un tempo imprecisato ad osservare il volo insensato delle mosche. Stupide insulse mosche!

Dopo un po', due persone sconosciute entrarono dalla porta. Erano un uomo di mezza età, basso e robusto con i capelli scuri leggermente brizzolati, vestito di bianco, ed un giovane alto e biondo, con un braccio appeso al collo da un grande fazzoletto colorato.

I due sconosciuti sembravano piacevolmente sorpresi di trovarlo sveglio, gli sorrisero con fare amichevole e si avvicinarono al suo letto.

"Questa sì che è una bella sorpresa!" esclamo il più anziano.

Poi gli tastò il polso e gli controllò la temperatura semplicemente appoggiando la propria mano sulla sua fronte.

Doveva essere un medico, pensò, e quella una stanza d'ospedale... il ragazzo forse era un altro paziente.

"Ehi Jacques, come ti senti fratello?" domandò speranzoso il biondino.

"Jacques? chi è Jacques? e... chi sei tu?" domandò lui evidentemente confuso.

"Come? Non ti ricordi di me?"

"No."

"Ma sono tuo fratello, Fabien!"

Jacques si portò le mani alle tempie tenendosi la testa.

"Non so chi sei e... non so chi sia questo Jacques di cui parli!"

Fabien, smarrito, cercò lo sguardo del medico per trovare un qualche gesto di conforto o una spiegazione, ma questi gli fece cenno di lasciare la stanza.

Il giovane obbedì senza alcuna convinzione ed il dottore cominciò a visitare più scrupolosamente il paziente, che restava fermo sul letto in un mesto silenzio.

"E' quasi un miracolo, sai?" gli disse quando ebbe finito di esaminarlo.

"Un miracolo?"

"Sì, un vero miracolo! Quando ti hanno portato qui, una settimana fa, eri più morto che vivo. Sinceramente, non avrei scommesso un soldo su di te! Tanto meno mi sarei aspettato di riaverti tra noi così in fretta!"

"Sono qui da una settimana... ma qui dove?"

"Nel mio modesto ospedale a Guadalupe. Io sono il Dottor Alfonso Cervantes."

"E io sarei... Jacques?"

"Jacques Leroux, per l'esattezza. Questo è il nome che mi hanno fatto scrivere sulla tua cartella."

"E perché non ricordo nulla?" domandò lui preoccupato.

"Beh, hai preso un gran brutto colpo alla testa... è normale che tu ti senta un po' confuso adesso."

IL PIRATA DEL LAGO 2 - Passato, presente e futuroDove le storie prendono vita. Scoprilo ora