Sete di rivincita

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Avevo quasi tredici anni e quel giugno il nonno arrivò a prendermi più tardi delle altre volte. Il suo viso non era sorridente come al solito e, quando la mamma gli chiese come stava, lui annunciò tristemente che la nonna era mancata due settimane prima. Per mia mamma fu un duro colpo: sua madre se n'era andata per sempre e lei non aveva neppure avuto modo di salutarla, ma il nonno disse che era stata una cosa talmente improvvisa che non aveva avuto modo di avvisarci.

Così ci ritrovammo soli io e il nonno. Mi mancava la nonna, i suoi modi affettuosi e i deliziosi dolcetti che preparava sempre per me. Ma la mia presenza era di grande aiuto per il nonno, sia perché gli davo una mano nel lavoro, sia perché con me accanto sentiva meno la solitudine e il vuoto lasciato dalla nonna. Per la prima volta in vita mia mi sentivo utile, quasi indispensabile per qualcuno. Tanto che ad inizio settembre scrissi alla mamma dicendo che desideravo rimanere col nonno anche per l'inverno.

Mia madre accettò la mia decisione senza obiettare. Intanto a lei la compagnia non mancava e sono certo che fosse un sollievo per lei non dover assistere per un po' a quegli scontri tra me e mio padre che tanto la facevano soffrire.

L'inverno in montagna era molto rigido, non avevo mai visto tanta neve e ghiaccio fino ad allora! C'era molto meno lavoro che in estate e io ne approfittai per studiare ed allenarmi come mi aveva insegnato il nonno di Alain. Avevo nostalgia della mamma e anche un po' di Suzanne e Fabien, ma ero felice di non aver più a che fare con François e i bulletti a scuola. Mi ripromisi che sarei tornato ad Annecy solo quando sarei stato in grado di riscattarmi e far vedere a tutti che non ero il rammollito buono a nulla che credevano.

Rimasi dal nonno per quattro estati e tre inverni e quel periodo mi cambiò profondamente, sia dal punto di vista fisico che mentale. Mi ero alzato di almeno una spanna e non ero più pelle e ossa come un tempo. Sì ero sempre piuttosto magro, ma i miei muscoli cominciavano a definirsi, dandomi un un'aspetto più simile ad un uomo che a un pezzo di legno. La vita da montanaro e gli allenamenti ad alta quota mi stavano temprando.

Senza nessuno che mi disprezzasse, cominciavo a scrollarmi di dosso la mia insicurezza e, ad un tratto, mi accorsi che le ragazze mi guardavano con occhi diversi. Soprattutto una, che veniva sempre da noi con la scusa di acquistare latte e formaggio. Si chiamava Marianne ed era la classica ragazza di montagna: capelli castano chiaro raccolti in trecce, occhi chiari, guance rosse, fisico morbido, viso simpatico e sorridente. Non si poteva definire bellissima, ma era piuttosto carina nel suo genere.

Un pomeriggio stavo tagliando la legna accanto alla baita e mi accorsi della sua presenza. Era arrivata prima del solito ma, invece di domandarmi del latte come sempre, se ne stava ferma lì a guardarmi lavorare. Finché spazientito le ringhiai:

"Che hai da guardare?"

"Te! Mi piace vedere come lavori... sei carino..."

La guardai con sospetto, convinto che mi stesse prendendo in giro. Invece era arrossita.

"Se lo dici tu..."

Ripresi a lavorare e lei a fissarmi. Dopo un po' mi disse:

"Quando hai finito con la legna, mi porteresti a vedere le vostre mucche?"

"Le devo ancora mungere. Se aspetti qualche minuto, puoi seguirmi quando ci vado."

"Sì, mi piacerebbe molto!"

Cominciavo a pensare che fosse un po' svampita, ma la accontentai. Una volta nella stalla, rimase ad osservarmi mentre mungevo e io, infastidito da quel continuo controllo, appena ottenuta la quantità di latte che era solita comprare, smisi di mungere e mi feci consegnare la bottiglia da riempire.

IL PIRATA DEL LAGO 2 - Passato, presente e futuroDove le storie prendono vita. Scoprilo ora