Battuta di caccia

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Non me lo sarei mai aspettato, ma l'inverno del 1783, fu anche peggiore del precedente. Eravamo di nuovo soli i tre uomini di famiglia... beh, uomini si fa per dire... perché Fabien non aveva ancora compiuto dodici anni, ma era già insopportabile come un adolescente!

Nel suo cocciuto orgoglio, mio padre non volle che usassi il mio denaro per pagare la retta del collegio di Suzanne e le tasse imposte dai Conti. Quindi continuava ad accettare ogni tipo di lavoro che gli veniva proposto. Ma le offerte non erano molte perché, sapendo che si era inimicato i Conti, tanti avevano paura di cadere anch'essi in disgrazia frequentandolo.

I lavori che gli venivano offerti erano sempre pesanti e faticosi. E l'unico a potergli dare una mano ero io, ovviamente. Anzi, mio padre pretendeva che lo aiutassi.

"Anche se sei stato il cocco della Duchessa per tutta l'estate, non sei mica diventato nobile!" mi diceva, "e, se fossi in te, non mi farei troppe illusioni sulla prossima estate... i nobili sono così volubili e capricciosi... dove sta scritto che riavrai quel lavoro?"

Non avevo argomenti per controbattere, anche se ero certissimo che Charlotte avrebbe mantenuto la sua promessa. A mio padre non avevo mai raccontato della mia relazione con lei, ma avevo l'impressione che lui subodorasse qualcosa.

Non posso dire di essere arrivato a volergli bene come alla mamma o ai nonni, ma l'odio che avevo covato per tanti anni nei suoi confronti si era a poco a poco spento, per lasciare il posto ad una tiepida forma d'affetto.

Ma il peggio capitò in una gelida giornata ad inizio febbraio... Ero a caccia con mio padre, alla ricerca di buona carne di selvaggina e pellame da vendere. François era molto abile con la carabina, io un po' meno... o forse a volte sbagliavo mira di proposito, perché provavo pena per quei poveri animali innocenti. Lui invece sembrava quasi trovare gusto nell'uccidere... forse gli mancava non doverlo più fare per lavoro...

Ci trovavamo in un bosco fitto, dove i tronchi spogli e scuri degli alberi parevano costruire una grigia palizzata tutto attorno a noi. Nell'aria gelida ed immobile i nostri respiri formavano dense nuvolette di vapore. C'era un silenzio assoluto e quasi innaturale attorno a noi: non si udiva il verso di nessun animale e neppure gli zoccoli dei nostri cavalli riuscivano a far rumore sul terreno coperto da uno strato compatto di neve. 

Il freddo era così intenso che pungeva i nostri visi arrossati e tentava d'impossessarsi di tutte le nostre membra. Ma improvvisamente quel silenzio fu squarciato dal rumore cupo e violento di uno sparo vicinissimo a noi, che in un istante spazzò via la quiete e in un certo senso anche il freddo, nonché le mie deboli certezze.

I nostri cavalli subito s'imbizzarrirono e mio padre cadde a terra, apparentemente disarcionato. Scesi subito a soccorrerlo e mi accorsi che teneva la mano premuta contro il ventre, senza riuscire ad arrestare un'emorragia fortissima. Quello sparo lo aveva colpito nella schiena all'altezza dei reni, passandolo da parte a parte.

Capii subito che la ferita era molto grave: era così strano vedere mio padre in quelle condizioni! Lui, l'invincibile guerriero, il gigante che credevo invulnerabile, ora giaceva agonizzante in mezzo alla neve candida, macchiata dal rosso vivo del suo sangue.

Alzai lo sguardo per vedere se ci fosse qualcuno nelle vicinanze che potesse aiutarci e... fu allora che vidi Gerard Duvall, l'odioso rampollo del casato, insieme ad un amico e ad alcuni dei suoi scagnozzi. Teneva ancora la carabina fumante in mano... sembrava quasi compiaciuto... e ci guardò con un'espressione fredda e crudele, che non potrò mai dimenticare!

"Aiutateci, vi prego!" supplicai, mettendo da parte orgoglio e sospetti.

Ma la reazione del giovane Conte mi scioccò.

IL PIRATA DEL LAGO 2 - Passato, presente e futuroDove le storie prendono vita. Scoprilo ora