Macchine parcheggiate... alberi spogli... case... lampioni e qualche famigliola a passeggio armata di sciarpe e cappelli per combattere il freddo sfilano davanti ai miei occhi, al di là di un finestrino.
Il vetro che separa l'interno della macchina dall'esterno mi permette di ammirare il mondo là fuori passando del tutto innosservata. Io posso vedere loro, ma nessuno può vedere me...
Sarebbe bello avere un'armatura dello stesso materiale.
La corsa dell'auto viene momentaneamente interrotta dalla luce rossa di un semaforo e nell'attesa del via libera la mia attenzione viene catturata da una giovane donna bionda seduta su di una panchina nel viale affianco; gli occhi blu della ragazza sono la copia esatta di quelli piccoli e vispi del bambino che ha in braccio.
Il piccolo non riesce a smettere di sorridere ai numerosi piccioni che si sono radunati ai loro piedi e quando la mamma offre un altro pezzo di pane nelle manine ricoperte da guanti di lana rossa dello scricciolo, i suoi occhi si accendono di eccitazione. Una volta lanciata la mollica a terra e aver fatto agitare ulteriormente i pennuti il suo piccolo volto s' illumina in una risata che riuscirebbe a scaldare persino l'inverno glaciale di Edimburgo.
La giovane mamma lo stringe tra le braccia affondando il viso nel piumino in miniatura del figlio, per poi guardarlo ridere con sguardo sognante e dargli un bacio lungo e rumoroso su una delle sue guance rosee e paffute.
Il sorriso che è inconsciamente apparso sulle mie labbra scompare non appena l'auto ricomincia a muoversi per la sua strada, lasciandosi il viale dell'amore materno alle spalle.
Torno a guardare la cittadina scozzese scorrermi davanti, tentando di ignorare le continue occhiate furtive da parte di Harry.
Dopo essersi assicurato che nessuna macchina ci stesse seguendo e l'essersi scusato un centinaio di volte per l'obbligo impostatogli da Dan di lasciarmi al Winston per motivi di "sicurezza preventiva", il giovane cantante dagli occhi verdi e profondi non ha più fiatato.
In compenso il suo silenzio sembra fare più rumore di una banda di batteristi ubriachi.
<< I'm sorry...>>, si decide finalmente ad aprire bocca.
<< I said it's fine! I'll take the bus as always. It's not a big deal>>.
<< No, not for that! Well yes, of course I'm sorry for that too... but I was thinking about what's just happened outside the hotel... I shouldn't have left you alone>>.
<< It's fine. I'm okay>>.
<< Yeah now you are, but first...>>
<< Gosh Harry! I said I'm fine! Nothing happened!>>.
Incrocio le braccia al petto pregando che il fastidioso silenzio di prima torni a piombare all'interno dell'auto, ma ovviamente il mio desiderio non viene esaudito;
<< Why didn't you tell me?>>.
<< Tell you what?>>.
<< About the panic attacks>>.
<< That was not a panic attack!>>.
<< That was DEFINITELY a panic attack!>>.
Osservo il cantante che a sua volta mi lancia occhiate alla "Non-provare-a-prendermi-per-il-culo-con-me-non-attacca" e decido quindi di abbassare l'ascia di guerra.
<< How do you know? Have you ever had one?>>, chiedo tornando a guardare la strada davanti.
<< No, but I saw one of my brothers having one and it was horrible, cause I didn't know what to do>>.
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I dare You
Fiksi PenggemarCorine; italiana, testarda, scontrosa e diffidente per via di un passato difficile e burrascoso... ma è anche coraggiosa oltre ogni limite, leale e pronta a tutto per difendere chi ama. Ha lasciato quel posto che qualcuno riesce a chiamare "casa"...