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Pigramente si girò nel letto, spegnendo la sveglia.
Si concesse ancora un paio di minuti per prendere coscienza di sé e si alzò. Accese la radio e infilò due fette di pancarrè nel tostapane, preparò la caffettiera e si diresse in bagno dove si fece una rapida doccia.
Per poco non inciampò nella tracolla lasciata disordinatamente accanto al letto e si vestì rapidamente.
Al volo fece colazione, prese la borsa e si diresse alla fermata del pullman.
Niente da fare: per quanto studiasse, la matematica non gli entrava in testa.
Sicuramente anche quell’esame sarebbe stato un fiasco, perdendo la possibilità di proseguire gli studi.
“Suvvia, amico. Al massimo puoi comprarlo.”
Denki Kaminari, uno dei suoi migliori amici, ma probabilmente anche il più idiota.
“Con quello che guadagno al bar, è già tanto se riesco a pagarmi l’affitto di quel buco di mansarda e farmi la spesa, mentre con il part-time in biblioteca mi pago giusto la retta. Non sai quanto vi invidio nel poter andare in sala giochi tutti i giorni.” rispose ripetendo all’amico le ennesime parole quotidiane. “La matematica odia me e io odio lei.”
Si separarono così, dirigendosi alla facoltà di Scienze Motorie alla quale era iscritto.
Gli piaceva praticare sport, ne avrebbe fatto volentieri un lavoro, se non fosse per la matematica, la sua unica nemica.
Spesso si chiedeva cosa servisse per i suoi studi.
Come aveva predetto, non passò l’esame.
Quella giornata andò tutta storta: in biblioteca si era ritrovato circondato da marmocchi urlanti delle scuole elementari e aveva passato il pomeriggio a sistemare continuamente libri.
Giusto il tempo di un panino mangiato per strada ed entrò nel locale, dove faceva da barista e intrattenitore.
Purtroppo aveva deciso di andarsene di casa per avere un minimo di indipendenza: una delle scelte più sbagliate, in quanto, universitario, si trovava a dover accettare qualsiasi lavoretto pur di poter campare.
Quella sera non c’era particolarmente movimento e il turno passava lento.
La collega, una ragazza coetanea dagli atteggiamenti fin troppo adulti, stava intrattenendo un gruppo di ragazzi seduti ad un tavolo.
Alta, posata, capelli corvini e un corpo sinuoso.
Era una bella compagnia, se non fosse per il fatto che era la figlia del titolare e quindi poteva permettersi di stare tutto il tempo a bighellonare.
Era impegnata con il figlio di un pezzo grosso di qualche azienda importante e, quindi, i soldi non le mancavano di certo.
Servì giusto un paio di drink ad una coppia e tornò al bancone asciugando i bicchieri appena lavati.
Non aveva nemmeno prenotazioni quella sera, quindi non poteva nemmeno intrattenere qualcuno per trascorrere il tempo.
In sintesi, la sua vita era maledettamente monotona.

"Ma che diamine, non ci riuscite proprio!? Questo è un la bemolle!" berciò il biondo, voltandosi verso il ragazzo che imbracciava la chitarra, il quale incassò la testa tra le spalle.
"Domani abbiamo un concerto e non siamo ancora pronti!" le dita smaltate di nero s'infilarono tra i fili dorati, ravvivandoli.
"Ma capo, è..."
"Non è la stessa cosa!" sbottò. "Riproviamo."
La band continuò a fare le prove, ma Bakugou restò insoddisfatto nonostante la performance pressoché perfetta. Il mese successivo ci sarebbe stata una competizione e la band vincitrice si sarebbe aggiudicata lo spettacolo d'apertura del concerto degli One Ok Rock.
Ma mancava ancora qualcosa.
Il batterista si alzò e lo guardò accennando un sorrisetto: "La settimana prossima suoneremo in un pub."
"Che palle, Sero! Non abbiamo tempo di-"
"Ascoltami." interruppe le lamentele del biondo. "È una piccola gara e chi vince avrà la cifra necessaria per incidere ufficialmente un album ed avere delle proposte dalle case discografiche."
"Sei serio?!" esclamarono gli altri in coro. Il moro annuì.
Tutti si votarono verso Bakugou, gli occhi che brillavano.
"Va bene, ho capito!"
Le grida esultanti della band rieccheggiarono fin fuori l'edificio.

Finì il turno in piena notte: stavano quasi chiudendo, quando era arrivato un gruppo numeroso, occupando il locale fino all’ora beata.
La mattina seguente perse il pullman e si ritrovò a correre per strada, cercando di raggiungere il più rapidamente possibile la stazione metropolitana.
Una sardina.
Si sentiva una sardina per quanto era schiacciato contro la porta a vetri.
“Ma la gente si lava?!” domandò irritato al biondino in pausa pranzo.
L’altro scoppiò a ridere di gusto.
“Ascolta, amico, non è che stasera mi accompagneresti ad un concerto?”
Il rosso scosse la testa.
“Vedi che io lavoro.”
“Suvvia, non puoi lavorare sempre. Saranno anni che non ti prendi un sabato sera libero.”
Su questo non aveva nulla da obiettare, ma “Mi dispiace, non posso.”
Ma, a parte Kaminari, lui non aveva più molti amici e quest’ultimo passava il tempo libero in sala giochi o a provare a rimorchiare.
Quel pomeriggio, in biblioteca, approfittò della calma per studiare, ma tranquillità andata a farsi benedire quando giunse al locale.
“Kirishima quel tavolo deve ordinare!”
In due, con il pienone.
Era persino difficile organizzarsi quando  dovevano anche intrattenere.
“Mi ha invaso con il suo orrendo profumo!” si lamentò sul retro con la collega.
“Ma ti ha anche invaso di soldi.” gli rispose fischiando, mentre il rosso posava una mazzetta nel proprio armadietto.
“Momo, non dirai sul serio?! Potrebbe essere mia mamma, se non mia nonna!”
Era stato un’ora, un’ora, seduto al tavolo, ad ascoltare la lunga vita di quella vecchia, sorseggiando un cocktail svogliatamente.
Poi giunse ad un altro tavolo, dove delle amiche stavano festeggiando l’addio al nubilato di una di loro.
“Canta per me.”
”Finalmente una cosa che mi piace fare.” pensò dirigendosi al centro della stanza, al pianoforte.
Rifletté qualche istante, per decidere quale canzone dedicare alla giovane.
Guardò fuori dalla finestra: fiocchi bianchi stavano iniziando a posarsi sulla strada.
Iniziò a muovere le dita sul piano, lasciando libera la mente di dire qualunque cosa.
My December.

King Riot 2 ( KiriBaku - Boku No Hero Academia ) Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora