CAPITOLO 30: MISSIONE SUICIDA (Parte 2)

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Karine.

-Dammi fiducia- chiedo al mio ragazzo e lo abbraccio forte. So che ha paura, però dobbiamo fare ciò che è meglio per entrambi.

-D'accordo, ti darò fiducia. Fiducia in ciò che vuoi: amicizia, amore, addirittura matrimonio.- L'ultima parola mi strappa un sorriso. -Solo, fa attenzione- dice guardandomi negli occhi.

-Lo farò- rispondo avvicinando le mie labbra alle sue.

Un bacio profondo, pieno di sentimento e passione.

-Non toccare Lucas con un dito papà. Questa volta sarà diversa, cercherò le nostre madri. Ci vediamo più tardi- dico uscendo dalla porta senza dare il tempo a mio padre di rispondere.

Lungo il corridoio non c'è nessuno. Faccio un respiro profondo e comincio a camminare. Quando mancavano pochi passi, una mano si posa sulla mia vita e attaccandomi al petto.

-Ti ho presa piccola- dice la voce di un uomo.

-Lasciami andare pezzo di merda- rispondo con rabbia.

-Che ne dici se ci divertiamo un po'?- dice abbassando la mano sul mio fianco.

Perché tutti gli uomini devono essere così cafoni?

Gli do una testata sul naso, facendo in modo che mi lasci. Lo guardo e prendo la pistola. Senza rimorso, sparo un colpo dritto al petto.

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-Karine!- Una voce femminile che urla il mio nome. È mia madre, ed è appesa al soffitto con delle corde. Mi avvicino a lei e taglio le corde.

-Mamma, stai bene?- chiedo guardandola. Sono contenta che non le sia successo nulla.

-Beh tesoro, ho passato giorni migliori- risponde lei sorridendo.

Guardo le scale che sono di fianco a noi. C'è un'altra signora legata, dovrebbe essere la mamma di Lucas. È molto bella: capelli marrone scuro uguali a quelli di Lucas, occhi color cioccolato. Mi guarda e sorride.

Non c'è tempo per pensare a queste cose Karine!

Cammino fino alle scale. Non appena poso un piede cominciano a scricchiolare. Sono tutte rotte e credo che da un momento all'altro possano rompersi. Scendo le scale lentamente fino ad arrivare di sotto. C'è un cavo posizionato in alcune parti della lamiera. Vado da mia madre.

-Manca la mamma di Lucas- dico mentre mi siedo accanto a lei.

-Certo, lo so. Andiamo da lei- risponde. Ci alziamo da terra e ci dirigiamo verso la mamma di Lucas.

-Per favore scendi le scale, non sopporterai ancora- lei annuisce e con attenzione, comincia a camminare. -Ora signora, faccia la stessa cosa che ha fatto mia madre- chiedo alla mamma del mio ragazzo.

-Elena tesoro, chiamami Elena- dice lei sbilanciandosi.

-Ti ho quasi presa- dico, allungando il braccio in modo che lei possa afferrarlo.

-Anche Lucas è qui?- chiede mentre posa i piedi sulla lamiera.

-Si, sta aiutando suo marito e mio padre- dico mentre la mamma di Lucas è finalmente salva.

-Grazie tesoro- dice lei abbracciandomi. Sorrido e ci separiamo.

-Bene, ora dobbiamo andare da Lucas. Si arrabbierà se non torno presto- dico cominciando a camminare.

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Mentre continuiamo a camminare, sentiamo dei passi. Tutte prendiamo le nostre armi e carichiamo le pistole per poter sparare. Quando scopriamo i colpevoli di questi passi, non possiamo essere che felici.

Lucas, mio padre e Aaron (il padre di Lucas) ci stavano puntando la pistola come noi. Però, quando realizzano che siamo noi, abbassano le armi. Corro verso di Lucas e mi getto fra le sue braccia. Lui fa un sospiro di sollievo. Anche i nostri genitori si abbracciano.

Tutti siamo nel posto in cui avremmo voluto essere. Quello che ci dà sicurezza e conforto e che almeno, per una volta, ciascuno di noi, ha trovato il posto a cui appartiene.

Amor ProhibidoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora