27. Atelier e cicatrice

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𝐀𝐍𝐍𝐎 𝟏𝟗𝟗𝟎

Hershel aveva quattro anni quando iniziò il nuovo decennio. Era comunque troppo piccolo per cominciare ad assomigliare a questo o quel genitore. Per il momento era chiaro che Hershel sarebbe cresciuto esile, più alto dei bambini della sua età, con folti capelli neri e ricci e occhi dello stesso colore.

Quell'anno, però, era speciale. Symphony aveva dato il permesso ad Hershel di fare visita al padre a Hogwarts. Finalmente l'avrebbe vista, Hogwarts...Hershel non vedeva l'ora di compiere undici anni per essere Smistato e inziare a studiare circondato dalla magia.

Tuttavia, c'era una sorta di regolamento per Hershel. Ogni volta che, in quella scuola, avrebbe incontrato suo padre Severus, non doveva mai chiamarlo "papà" ma "professor Piton". Doveva trattarlo come se fosse un estraneo, in pratica, ed Hershel non capiva il perché.

«Vedi tesoro, c'è il rischio che Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato ritorni e se venisse a sapere della nostra esistenza nella vita di papà, saremo tutti in grave pericolo» spiegò una volta Symphony.

Lei sapeva che suo figlio era sì piccolo ma non stupido, dunque non si faceva problemi a spiegare le cose a Hershel. Magari alcune cose le tralasciava (come i dettagli più macabri di certe storie) o usava parole molto semplici però cercava di spiegare sempre ogni cosa a suo figlio.

Ma ad Hershel andava bene seguire quel regolamento se ciò significava andare ad Hogwarts. Lui non vedeva l'ora, voleva esplorare quel castello da cima a fondo.

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> TIME SKIP <

«Allora, come ci si sente a stare a tavola con gli altri insegnanti?»

«Bene!»

La semplice risposta di Hershel fece ridacchiare tutto il tavolo dei professori. Risero (o sorrisero) quasi tutti, tranne il professor Piton. Lui continuò a mangiare come se niente fosse.

«Severus, non trovi che il figlio della professoressa Stanton sia adorabile?» chiese la Cooman mentre divorava affamata del tacchino.

Il professor Piton non rispose, si limitò a sorseggiare il vino rosso dal suo bicchiere dai bordi dorati. Quando lo posò sulla tavola annuì con il capo, per rispondere alla domanda della Cooman, ma non proferì parola.

Certo che lo sapeva. Hershel era anche suo figlio, in fondo. Sia Severus che Symphony, per precauzione, decisero che in pubblico il bambino non si sarebbe rivolto al padre come tale. Non perché non gli volesse bene (al contrario) ma perché, secondo Silente, Voldemort potrebbe ritornare da un momento all'altro. E Severus non voleva coinvolgere suo figlio e la sua compagna in quella storia.

Inoltre Severus sapeva che da lì a poco Harry Potter sarebbe arrivato a Hogwarts e con lui la sua missione sarebbe iniziata.

«Cosa vorresti fare da grande, giovanotto?» chiese Vitious sporgendosi sulla tavola per guardare Hershel.

Il bambino parve pensarci qualche minuto. «Non lo so, qualcosa di divertente!» e di nuovo gli insegnanti si misero a ridere. Per loro era davvero una tenerezza.

Questa volta anche Severus accennò un sorriso, lanciando un'occhiata rapida a Symphony (seduta accanto a Hershel in quel momento). Lei fece lo stesso e guardò l'uomo: i due si scambiarono un sorriso e Symphony accarezzò i capelli ricci del figlio come per far intendere che fosse felice per lui.

Symphony tornò a guardare Severus e lui fece cenno col capo: significava che era d'accordo con lei.

Quelli futuri saranno anni molto difficili per i tre.

Un amore verde e argento #ITADove le storie prendono vita. Scoprilo ora