Sabato sera

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È sabato sera, e io non ho voglia di uscire. Come sempre d'altronde. La voglia di socializzare mi è già calata dai tempi delle superiori, ma oggi sono stata quasi obbligata dalle mie amiche perché sono quella che dà sempre buca. Appuntamento fisso con la mia solitudine e il traffico dei miei pensieri, troppo importante per rimandare.

È solo che non ho voglia di chiudermi in uno dei soliti pub del centro, con la solita gente, solita musica, solite storie.
Detesto le persone che frequentano questi luoghi, indossano le loro migliori maschere e fingono di essere quello che non sono.

Non a caso il latino "persona" significa  proprio "maschera teatrale". È tutto una miserabile commedia, ognuno interpreta la parte che più preferisce o che più gli conviene, per apparire al meglio agli occhi degli altri.
Il messaggio della mia amica di sempre, Martina, che mi annuncia di essere sotto casa mia mi riporta drasticamente alla realtà.

Penso che l'unico lato positivo sia che potrò bere una volta tanto, dato che guido sempre io, magari tutte le infime persone che saranno nel pub mi turberanno di meno con un po' di alcol in circolo.

Arrivate al pub ci sediamo e ordiniamo le bevute, poi col tempo ci raggiungono amici e amici di amici. Nonché fidanzati e fidanzate, varie ed eventuali. Mi ritrovo circondata da gente che non conosco.

Dopo la prima bevuta la mia testa si fa presto ovattata, inizio ad ignorare l'argomento di discussione delle mie amiche, ma ho ancora abbastanza lucidità per indagare il caos che mi circonda.
Vengo assorbita inesorabilmente da uno dei miei flussi di coscienza.

Ragazzi appena diciottenni che mettono in mostra boccali di birra e drink dai colori improbabili come se fossero trofei, con l'enfasi di sentirsi grandi e di essere socialmente accettati  come tali.
Trentenni che si approcciano a ragazzine, atteggiandosi da uomini vissuti quando l'unico modo di passare il sabato sera che conoscono è quello di fare l'alba in un qualche squallido pub del centro storico, per dimenticare almeno per una sera che la maggior parte dei loro coetanei ha costruito qualcosa di serio e concreto come una famiglia.

Mentre i miei pensieri oscillano su e giù come una zattera in mezzo a una tempesta, scorgo tra la folla una persona che mi pare di conoscere. Cerco di mettere a fuoco.
Non è possibile. Sono brilla, perché non può essere. È una persecuzione. Distolgo subito lo sguardo.

È seduto in mezzo a quelli che suppongo siano i suoi amici, però sembra essere in un mondo a parte. Un po' assente, osserva ciò che lo circonda senza proferire parola.
Analizza l'ambiente circostante, vedo i suoi occhi che sembrano esaminare tutto. Il volto sempre impassibile.

Decido che è l'ora di un'altra bevuta, almeno smetterò di pensare alla figura di merda che ho fatto. E anche alla remota possibilità che possa riconoscermi, se mai mi scorgesse tra la folla.

Mi dirigo verso il bancone con in mano il portafoglio, opto per un Long Island. Direi niente di pretenzioso, ma comunque in grado di farmi sentire abbastanza disinibita e allegra, per non pensare al tedio che mi sta assalendo sempre di più, minuto per minuto. Mentre mi giro col bicchiere in mano per tornare al mio tavolo sbatto contro qualcosa, o meglio qualcuno, rischiando di rovesciargli tutto addosso.

•••
Eccoci con un nuovo capitolo!
Ho deciso di pubblicare questi primi capitoli un po' ravvicinati dato che sono un po' a rilento. Li considero un po' di "introduzione". Non volevo fare troppo di fretta, ho preferito prenderla con calma per renderla il più realistica possibile.
Comunque non preoccupatevi, perché il bello deve ancora venire e non manca tanto ormai!
Buona domenica a tutti e a tutte!

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