Pezzo di puzzle

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Il mio sorriso si spezza per un secondo, mi volto a cercare gli occhi di Dario, che stasera sono più imperscrutabili che mai.
Gli rivolgo un sorriso di sbieco e torno ad ascoltare le stupidaggini che escono dalla bocca del biondo, sembra diventato l'attrazione della serata.

Ad essere onesta, mi piace non essere al centro dell'attenzione. È una cosa che odio profondamente.
Per questo odio le feste e festeggiare il mio compleanno, però non posso essere arrabbiata con Martina.
Alla fine, ho fatto la depressoide per le ultime settimane e voleva vedermi felice.
Ero talmente concentrata a evitare Dario che mi sono scordata che lei era accanto a me per sostenermi e farmi stare meglio.

Mangiamo la torta e mentre mi metto a sedere su un'amaca con un bicchiere di spumante mi si avvicina una figura alta con passo felpato.

"Posso parlarti?" tuona la sua voce all'ombra dell'albero.
Deglutisco il sorso di spumante che avevo ancora in bocca.
"Oh, sì.. certo." rispondo, facendo un sorrisetto nervoso.

Affonda le mani nelle tasche dei pantaloni e si avvia un po' lontano da tutti, capisco che vuole che lo segua, e così faccio.
Prima però lascio il bicchiere sul tavolo delle bevande.

Ci fermiamo accanto alla piccola serra poco lontano da dove Marti ha allestito i tavoli.

"Aspetta un secondo.." dice con espressione pensierosa mentre tira fuori la chiave di macchina da una tasca e si avvia verso l'uscita del giardino.

Osservo la porta della serra, dove con Martina ci siamo rifugiate a giornate intere durante i primi tempi delle superiori per sfuggire agli amici di suo fratello più grande che di estate ci riempivano di scherzi, rendendoci la permanenza a casa loro quasi impossibile.

Sorrido accarezzando la porta, che pur essendo stata riverniciata di un colore più scuro, è esattamente come la vedo nitida nei miei ricordi.

"Eccomi.." dice con un leggero fiatone, deve aver fatto una corsetta dalla macchina a qui.

"So che non ci siamo parlati molto negli ultimi giorni.. e forse avrei dovuto farti meglio questi auguri.. però.. Buon compleanno, Sara." Dice porgendomi l'oggetto che tiene in mano come se avesse paura di romperlo.
Rimango spiazzata da questo gesto, lo prendo tra le mani quasi spaventata.
Poi leggo "Senza titolo (ancora per poco).
Un libro di Dario Matassa."

Ora è lui a guardarsi i piedi, come di solito faccio io.
Guardo il libro, poi guardo lui, e di nuovo il libro.

"Dario.. non so che dire, è il più bel regalo che potessi farmi.." mormoro in preda all'emozione.
"Non me lo merito." sentenzio con tono secco, porgendoglielo.

"Te lo meriti eccome." risponde ancora a testa bassa, spingendo verso di me il libro con la mano.

In un secondo, le sue braccia avvolgono il mio corpo, mi stringe forte a sé.
Rimango per un secondo pietrificata con le braccia lungo i fianchi, ma poi lo ricambio.

Inspiro il suo profumo, che sembra trasportarmi in una dimensione eterea.
Mi era mancato così tanto.
Lascio che mi solletichi le narici dandomi un senso di sollievo da tutta la tensione accumulata in questi giorni.

Sono stata proprio una cretina, ogni volta che mi avvicino a lui e sto bene, mi tiro indietro.
E, così facendo, faccio male anche a lui. Senza rendermene conto.

Che bella egoista che sono.
Lui non se la merita un'amica così al suo fianco, meriterebbe molto di meglio. Non capisco perché ancora non mi abbia mandato a quel paese.

Infilo la mia testa nell'incavo del suo collo e sussurro "Scusa Dario, scusa davvero."
Spero che capisca a cosa mi riferisco, non ho voglia di dargli spiegazioni per il mio comportamento infantile e stupido.
Mi massaggia la schiena con una mano e poi mi accarezza i capelli.
"Di nulla, Sara."

E improvvisamente, è come se tutto tornasse al suo posto.
Tra di noi, e dentro di me.

Mi ricordo di aver fatto un discorso, un po' scherzando, una sera in un pub con Frank.
Mi parlava della sua passione per i puzzle, che io non riesco a concepire perché mi spazientisco ogni qualvolta ne provi a farne uno.

Ho capito cosa intendeva dire quando mi diceva che talvolta si impunta su un preciso pezzo del puzzle, fossilizzandosi su di esso, nonostante abbia la possibilità di trovarne altri e completare altre parti.

Che poi, io i puzzle li ho sempre odiati per questo, perdo subito la pazienza.

Però, mi diceva:"Qualche giorno dopo, o proprio il giorno seguente, magari passando casualmente accanto al tavolo dove hai lasciato il lavoro incompleto, lo vedi: è lì, proprio in bella vista, ad aspettarti; è sempre stato davanti ai tuoi occhi. Dovevi solo guardare meglio."

Forse, infondo infondo, Dario è sempre stato un pezzo mancante nel puzzle della mia vita, o lo è diventato mano a mano in questi mesi.

Non ci ho mai voluto credere a questa storia, ho sempre pensato che fosse una stupidaggine paragonare degli essere umani ad un puzzle.
Però, credo di aver capito vagamente cosa intendano tutti coloro che dicono di ave trovato il pezzo mancante del loro puzzle.
Perché con un semplice gesto è proprio come se tutto in un secondo fosse tornato al suo posto. Come se qualcosa, dentro di me, si fosse ricomposto. In una meravigliosa, anche se complicata, armonia.









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Ciaooo a tutt*! 🥰🤗 Come state?
Questa settimana ho deciso di pubblicare tre volte perché sto cominciando a sopportare un po' peggio questa quarantena, e a quanto vedo è una cosa abbastanza comune, quindi speravo di tenere un po' compagnia anche a voi!
Che ne pensate del finale? Un po' troppo banale la cosa del "pezzo di puzzle"? Ho pensato ci stesse troppo bene perché proprio i ragazzi ne hanno parlato di recente, se non sbaglio un Salotto live, e lo vedevo adatto all'evoluzione della storia.

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