4. Una cena da dimenticare

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Sono passate due settimane da quella sera a casa mia con Mirko e per ora non ci sono stati grandi cambiamenti nel nostro rapporto. Non si è mai fermato a dormire qui, ma almeno questa sera uscirà con me e le ragazze.

Sto aspettando che arrivi Bea a prendermi, con Mirko ci vedremo direttamente al ristorante che si trova non lontano da dove lavora; avrebbe dovuto attraversare mezza città per venirmi a prendere per poi tornare indietro, non aveva senso.

Bea mi ha appena scritto che sta per arrivare perciò prendo la borsa e scendo.

Vedo accostare la macchina di Nelson.

"Starete un po' stretti dietro" mi dice Nelson dal finestrino abbassato.

Saluto Nelson e Bea, che è alla guida, mentre dietro vedo Cesare e Tonno, un altro dei ragazzi di Space Valley, saluto tutti con un "ciao" poi apro lo sportello e salgo.

"Ciao, sono Maria Chiara, Chiara per gli amici" dico porgendo la mano a Tonno.

"Ciao Chiara, sono..." ma Cesare lo interrompe.

"Lo sa chi sei, è una nostra fan. Non fare la figura del coglione come ho fatto io" dice ridendo.

Scoppiamo tutti a ridere.

Siamo tutti arrivati al ristorante, manca solo Mirko, provo a chiamarlo ma il telefono è sempre occupato. Alla fine gli mando un messaggio per dirgli che intanto noi entriamo.

Gli altri chiacchierano tranquillamente mentre io controllo nervosamente il telefono, finalmente mi scrive che sta arrivando e un po' mi tranquillizzo.

Quando arriva si siede vicino a me, saluta distrattamente e con poco entusiasmo i miei amici e si mette a guardare il menù. Durante tutta la cena Mirko non è molto di compagnia, interagisce poco con noi e spesso è con il telefono in mano che scrive. Mi dice che sono cose di lavoro, ma la cosa mi infastidisce non poco riflettendosi inevitabilmente anche sul mio umore, sono triste e arrabbiata. Credo che il mio stato d'animo si veda perché Bea, seduta di fronte a me, giusto muovendo le labbra mi chiede "Tutto bene?". Scuoto leggermente la testa per dire che no, non va tutto bene.

Abbiamo finito di cenare, siamo fuori dal locale e sto salutando i miei amici, quando arrivo da Bea ci abbracciamo come sempre e lei mi sussurra all'orecchio "Ci sentiamo dopo", le faccio cenno di sì e passo a finire di salutare gli altri poi vado con Mirko verso la sua macchina.

"Potevi evitare di stare tutta la sera al telefono."

"Te l'ho detto, erano questioni di lavoro"

"Cosa mai ci sarà di così urgente che non poteva aspettare un paio d'ore. Mica moriva nessuno, cavolo"

"Chiara, inizio a stufarmi, non ti sta mai bene niente. Se proprio ti dà tanto fastidio quello che faccio, lasciamoci e trovatene un altro"

"Lo sai che voglio stare con te"

"E allora non rompere! Sai bene che non ci volevo neanche venire stasera, l'ho fatto solo per non sentirti brontolare e invece eccomi qui, ho passato una serata del cavolo, con persone che non volevo vedere e in più ti lamenti. Ti avviso già ora, non chiedermi di salire stasera, mi hai fatto venire un gran mal di testa."

Mi limito a guardarlo con gli occhi che mi si riempiono di lacrime ma cerco di trattenermi dal piangere.

"Posso chiederti una cosa?"

"Parla"

"Tu sei contento del nostro rapporto?"

"Più o meno, non mi piace quando insisti per farmi cambiare"

"Non voglio farti cambiare, vorrei che fossi più presente."

"Ho un'attività, ricordi? Mica sono come te che quando è finito l'orario di lavoro mi alzo e me ne vado."

"Lo so, ma potresti passare da me quando esci!"

"Mi piace avere i miei spazi."

"Sai che non voglio toglierteli, vorrei solo passare più tempo con te."

"E per far cosa? Per uscire con questo branco di cretini? Non bastavano quelle oche delle tue amiche, ora si è aggiunto anche questo gruppo di fancazzisti che chiamano lavoro fare dei video su Youtube! Ma per carità, si trovassero un lavoro vero!"

Il tono di voce e le parole che ha usato mi hanno gelato il sangue, non riesco neanche a replicare. Mi stupisce che abbia questa opinione dei ragazzi, proprio lui che ha trasformato la sua passione per il disegno e la grafica in un lavoro

Per tutto il tragitto fino a casa mia non abbiamo più parlato, non ho né la voglia né la forza di litigare ancora. Arrivati sotto casa, mi avvicino per baciarlo, mi dà giusto un bacio sfuggente e torna a guardare la strada. Quando fa così so che è meglio non insistere, lo saluto, scendo e mi avvio verso il portone mentre lui riparte senza neanche guardarmi.

A volte le favole diventano realtà      |Cesare Cantelli|Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora