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Alla fine l'acquazzone era arrivato, scatenando la sua furia di acqua, tuoni e fulmini nel giro di pochi minuti.
Alessandro si affrettò a chiudere tutte le finestre e le porte di casa, evitando che si creassero correnti tra una stanza e l'altra e si apprestò a sigillare la portafinestra del soggiorno: l'ultima ancora aperta.
Mentre era intento a incastrare il blocco della maniglia con un po' di fatica, pensò a Caterina e si augurò che fosse già rincasata.
Avrebbe dovuto riaccompagnarla al suo appartamento: sapeva che quella testa matta della sua migliore amica se ne andava in giro senza ombrello, sempre, anche in una città piovosa come Bologna, e iniziò a preoccuparsi per lei, dato che non aveva neanche un mezzo di trasporto proprio.

La serratura continuava a protestare, i vetri a tremare e il giovane non riusciva a chiudere la dannata portafinestra.
Sbuffò e le diede un forte strattone... e si trovò con la maniglia in mano.
Imprecò e corse a recuperare il cellulare che aveva lasciato in camera da letto, su uno dei comodini.

"Ho chiesto asilo a Francesco. Magari ci scappa una scopata. Non ti preoccupare."

Lesse il messaggio di Caterina con un sorriso e vide l'ora di invio, scoprendo che glielo aveva spedito, più o meno, proprio all'inizio del temporale: lo conosceva bene e per quanto stronza potesse apparire, si preoccupava per lui.
Che si preoccupava per lei.
In pratica, nutrivano entrambi un gran affetto l'uno verso l'altra.

Alessandro sentì un frastuono assurdo richiamare la sua attenzione e corse in soggiorno, trovando le ante delle portafinestra spalancate, mentre la pioggia iniziava a bagnare il pavimento della stanza. Imprecò ancora, portandosi le mani alla testa, guardandosi attorno, cercando una soluzione al suo problema: era inutile che si mettesse a raccogliere l'acqua da terra se prima non sigillava la porta.
Stava ancora lì a chiedersi cosa avrebbe dovuto fare quando iniziò a percepire una strana melodia in lontananza: la pioggia batteva forte, le ante della portafinestra si scontravano contro la cornice della parete, facendo vibrare i vetri; pensò di essersela immaginata.

Prese a spingere il tavolo da pranzo in direzione del balconcino, lo issò su di un lato: chiuse le ante della portafinestra, tenendole ferme con un piede e allungò le braccia, afferrando con le mani il bordo del tavolo, traendolo verso di sé e, sopra il rumore del mobile che veniva spostato, udì nuovamente quella voce.
Aggrottò la fronte e la portafinestra si aprì nuovamente a causa della sua distrazione, bloccandosi contro la parte interna dei piedi del tavolo: il vento cercò di liberare le ante, il bordo del mobile strisciò sul pavimento producendo un rumore stridulo, muovendosi appena e con fatica; infine si bloccò, come se avesse trovato il giusto equilibrio con il quale contrapporsi alla forza che lo spingeva.

Il giovane scavalcò quel groviglio di acqua, portafinestra e tavolo e uscì sul balconcino.
Si era già bagnato a sufficienza nel compiere lo sforzo madornale di risolvere il guaio in cui si trovava e finì per inzupparsi per bene, definitivamente, nel giro di un paio di secondi.
Si schermò gli occhi con una mano, guardandosi intorno.

Il balconcino del soggiorno si apriva su di un giardinetto condominiale che apparteneva a quattro palazzine differenti: una di quelle era proprio quella in cui abitava Alessandro. Tra quelle quattro, quella alla sua sinistra, era scheletrica e disabitata: il progetto edilizio, evidentemente, non era mai stato ultimato e il palazzo si presentava aperto, con pilastri e pavimenti grezzi in bella vista, decorati con disegni poco chiari, figli di fugaci artisti di strada armati di vernice spray.

E sentì nuovamente quella voce.

Le opzioni che gli si presentarono alla mente furono ben due: la prima gli suggerì una sua improvvisa diagnosi di pazzia. La seconda, meno rassicurante della prima, gli fece credere alla possibilità di stare sognando a occhi aperti: quale pazzo si sarebbe mai messo a cantare sotto quel tempaccio come se nulla fosse? Doveva smetterla di permettere a quella parte di sé di prevalere sulla ragione.
Pensò a Giacomo in viaggio di nozze con la sua adorabile mogliettina e la sua mente sembrò imboccare binari più concreti, meno fantasiosi.
Alessandro scosse la testa, sentendo l'acqua scivolargli tra le scapole, sul collo, sulle braccia, formando sottili rivoletti.

NEVER ENOUGHDove le storie prendono vita. Scoprilo ora