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Alessandro si concesse un paio di secondi per ammirare il risultato del suo lavoro: la portafinestra sembrava solida, perfettamente chiusa.
Ripose gli attrezzi che aveva utilizzato per aggiustare la maniglia e sostituire i vetri che, nella sua folle corsa verso la scoperta del possibile assassino canterino del giorno precedente, avevano trovato il tempo di andare in frantumi, accogliendolo al suo rientro in casa sparsi un po' dappertutto sul pavimento.
Aveva sostituito i vetri con delle assi di legno: sicuramente antiestetiche, ma più robuste.

Per sua fortuna il temporale del giorno prima si era concluso presto, lasciandogli in ricordo solo un principio di influenza, permettendogli di dormire la notte precedente senza curarsi granché della portafinestra rimasta aperta: gli era bastato chiudere le porte del soggiorno e della camera da letto e raggomitolarsi sotto le coperte; si era addormentato quasi subito, lasciandosi cullare all'interno di un sonno profondo e privo di sogni.

Quella mattina si era messo prontamente all'opera e una volta risolto il problema, si trovò a compiacersi con se stesso per esservi riuscito senza incombere in ulteriori grane.
Uscì nel balconcino che dava sul giardinetto condominiale e rivolse la propria attenzione verso il palazzo disabitato alla sua sinistra.
Percepì i deboli raggi del sole penetrare i vestiti, arrivando a scaldargli piacevolmente la pelle.
Si sentiva abbastanza confuso, la testa pesante e respirava a fatica a causa del raffreddore, ma si accese lo stesso una sigaretta: la gola prese a bruciargli mentre inspirava il fumo e, nonostante ciò, continuò a non curarsene, tornando a guardare con attenzione tra le martoriate pareti dell'edificio disabitato.

Non voleva ammetterlo e sapeva che era assurdo, ma continuava a guardare in quella direzione nella speranza di scorgere il profilo del giovane che aveva incontrato il giorno prima: lo incuriosiva. Non aveva idea del perché si fosse recato lì – a parte cantare, assurdo!, sotto la pioggia! – e trovava quel comportamento così strano e insensato da non riuscire a toglierselo dalla mente.

Dopo qualche minuto gli parve di scorgere i piedi di qualcuno muoversi in direzione del bordo del pavimento del primo piano dell'edificio: poco alla volta il corpo del ragazzo divenne ben visibile, mentre si fermava a pochi centimetri da quel piccolo, ma comunque pericoloso, precipizio.
Alessandro gettò la cicca della sigaretta nel vuoto, senza prestare attenzione su dove andasse a finire. Incrociò le dita di entrambe le mani, poggiando i gomiti sulla ringhiera e prese a fissare il giovane con attenzione.
Anche l'altro sembrava che stesse facendo lo stesso, senza porsi alcun problema di sorta in quel loro silenzioso scambio di sguardi.

Ad Alessandro parve di vederlo sorridergli da lontano, prima di tornare a nascondersi alla vista. Attese qualche secondo, domandosi se quella muta conversazione avesse potuto significare qualcosa.
Oppure stava già costruendo un castello di assurde possibilità senza che ci fossero delle effettive basi?
Per quale motivo quel ragazzo avrebbe dovuto sorridergli?
Scosse la testa: era certo di essersi immaginato anche quello.

Si sgranchì un po' e fece per rincasare, quando udì nuovamente quella voce.
Rimase in attento ascolto per un po', riconoscendo subito le parole di un brano degli Aerosmith.
Il giovane tornò visibile ai suoi occhi e Alessandro ebbe la conferma che cercava: era proprio lui a cantare e ancora una volta gli parve che, tra una parola e l'altra, gli sorridesse, prima di scomparire nuovamente alla vista.
E il giovane decise di raggiungerlo.

Mentre saliva gli ultimi gradini della rampa di scale che conduceva al primo piano del palazzo, il canto del ragazzo volse al termine.
Alessandro si trovò in quell'ambiente ampio e aperto, che gli restituiva un'immagine di sé ancora più tetra e desolata alla blanda luce solare: cumuli di immondizia sembravano riempire ogni angolo; vetri rotti, carcasse di pneumatici ed elettrodomestici. Tutta una serie di cose che non era stato in grado di notare il giorno prima, proprio a causa della scarsa illuminazione naturale dovuta all'acquazzone.

NEVER ENOUGHDove le storie prendono vita. Scoprilo ora