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I casini arrivarono presto, cogliendo entrambi impreparati.
Alessandro prese a evitare Valentino, prima facendosi una doccia, poi chiudendosi nella sua stanza per cambiarsi e rimanendo a lungo lì dentro. Quando, infine, uscì dalla camera, si chiuse in cucina, iniziando a preparare la cena. Non rivolse parola all'altro e Valentino temette che Michela avesse rivelato al suo amico più di quanto lui ricordava.

Il giovane si alzò dal letto a fatica, cercando di sconfiggere i capogiri che lo colsero, lottando strenuamente per avere la meglio e restare in piedi. Gli faceva male una gamba, la spalla di sinistra, la testa, la gola, persino i denti. I piedi e tutte e dieci le dita che poggiavano sul pavimento, tastando le fredde mattonelle e procurandogli forti brividi che sembravano prendere vita come tante, piccole scosse.

Si sentiva una merda e quando si trovò a fissarsi di sfuggita nel lungo specchio posto di fianco al letto, si rese conto che anche il suo aspetto non era da meno: si portò una mano sul labbro tumefatto e sbuffò appena, ricordandosi che con quelle stesse labbra aveva baciato innumerevoli volte l'uomo che forse aveva partecipato al suo pestaggio. Non aveva avuto testa né coraggio di chiederne conferma a Michela: ma dentro di sé sentiva che Fabio non avrebbe rischiato a quel modo per difenderlo, così come invece aveva fatto la ragazza. In quell'inferno lui ce l'aveva portato e nulla avrebbe fatto per tirarlo fuori da lì: se gli aveva messo le mani addosso anche lui, Valentino era sicuro che lo aveva fatto solo per difendere se stesso e non di certo lui.

Come che era andata, sperava solo che non avesse la faccia tosta di cercarlo ancora: di certo lui non lo avrebbe fatto.

-Sei in piedi- disse Alessandro, entrando nella stanza senza bussare. Valentino si volse nella sua direzione, arrossendo appena: dopotutto, indossava solo un paio di larghi pantaloncini e neanche gli appartenevano. -Hai freddo?- gli chiese, poggiando un vassoio sulla superficie della scrivania che si trovava in un angolo, vicino allo specchio. Nel compiere quel movimento Alessandro si trovò a sfiorare appena il fianco nudo dell'altro e Valentino trasalì, anche se a toccarlo era stata soltanto la stoffa della manica della felpa che l'uomo indossava.

-Ci sono i riscaldamenti accesi- disse, tornando a fissare il proprio riflesso nello specchio, per poi spostare lo sguardo su quello di Alessandro.
-Sì. 'Sta casa non è un albergo a cinque stelle, ma almeno ci sono i riscaldamenti. Tra un'oretta li spengo, però. Faresti meglio a indossare qualcos'altro- rispose il meccanico e distolse gli occhi dal suo riflesso. Valentino aggrottò la fronte, notando un certo rossore affacciarsi sulle gote del suo ospite.

-Vuoi dirmi cosa è successo?- si sentì chiedere poco dopo. Il giovane tornò a voltarsi verso di lui, prese a torturarsi le dita delle mani le une con le altre, indeciso se parlare oppure no. Voleva fidarsi di Alessandro... probabilmente si fidava già: si trovava lì, in casa sua. A lui era corso il suo pensiero subito dopo essere stato malmenato, perciò, seppure la sua mente era piena di dubbi, il suo inconscio sembrava gli stesse suggerendo a gran voce la strada da imboccare.

-Hanno chiamato al tuo cellulare poco fa. Spuntava papà. Ho provato a prenderlo prima che si spegnesse, ma non ci sono arrivato- lo informò Alessandro, contraendo la mandibola e continuando a guardare la parete alla sua sinistra, come se fosse stato catturato da qualcosa di davvero molto interessante. Valentino seguì la traiettoia del suo sguardo, scoprendo che, proprio in quel punto, sul muro non stava nulla di interessante.
Che fosse imbarazzato a causa sua? Era la sua presenza in sé a renderlo in quel modo o il fatto che fosse a petto nudo?
Non gli era mai parso tanto intimidito nello stargli vicino durante i loro precedenti incontri nell'edificio abbandonato, per quel motivo iniziò a propendere per la seconda ipotesi e anche lui prese a sentirsi in imbarazzo.

Si strinse le braccia intorno al busto, rendendosi conto di sentirsi ancora indolenzito, ma abbastanza emozionato da avere accantonato ogni altro genere di stimolo provato sino a poco prima: anche il dolore pareva essere scemato.
-Lo chiamo dopo- rispose e Alessandro annuì.
-Prima mangia qualcosa: ti ho preparato un po' di pasta con il tonno, spero ti piaccia. Non ho fatto la spesa oggi e non avevo altro in casa. Vestiti: la casa è calda adesso, ma te l'ho detto, tra poco spengnerò il riscaldamento; non posso tenerlo acceso tutto il tempo. Se poi hai bisogno di essere accompagnato da qualche parte...-
-Posso restare qui?- gli chiese, interrompendolo.

NEVER ENOUGHDove le storie prendono vita. Scoprilo ora