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L'officina non aveva nulla di speciale: Alessandro si trovò davanti un garage sconosciuto, con un minuto di anticipo rispetto l'orario prestabilito per il suo appuntamento con il proprietario.
Sulla sinistra vi era uno scivolo che conduceva verso un seminterrato, mentre dall'altro lato le saracinesche si aprivano a livello della strada: erano grandi tanto quanto una parete e, sollevate come lo erano in quel momento, lasciavano la possibilità di vedere quasi nella sua interezza l'intero locale.

Tuttavia, Alessandro lavorava nel settore ormai da quasi vent'anni, dato che aveva lasciato presto la scuola per darsi da fare e guadagnare abbastanza soldi da rendersi indipendente, perciò niente di ciò che vide lo stupì... almeno sino a quando non sollevò lo sguardo sull'insegna: Ilaria riparazioni, lesse e sollevò un sopracciglio con fare scettico.
-Ehi! Tu devi essere Alessandro!- lo salutò un tizio, andandogli incontro sfregandosi le mani l'una con l'altra. Era abbastanza alto, dal sorriso simpatico; scuro di occhi e capelli; una sottile barbetta gli incorniciava il viso ma, a differenza di quella di Alessandro, era evidente che fosse ben curata, disegnata al millimetro a incorniciargli la mandibola e il prolabio.

-Sì. Sei Roberto?- domandò al nuovo arrivato e l'altro scosse la testa divertito.
-No, io sono Francesco, il ragazzo di Caterina- rispose, tendendogli una mano in segno di saluto.
-Ah! Avevo capito che tu eri un amico del proprietario- borbottò l'uomo, senza riuscire a celare un certo imbarazzo che lo colse all'improvviso, e senza apparente motivo. Francesco rise.
-Eccolo lì!- disse, indicando con un dito un punto imprecisato alle spalle di Alessandro: quello si volse a guardare nella stessa direzione e vide una coppia avvicinarsi a loro. -Roberto è mio amico, ma io lavoro qui, con loro: arrivo quasi sempre per primo e apro il garage- continuò Francesco. -Quindi saremo colleghi!- esclamò con un certo entusiasmo.
-Sempre che mi assumano- borbottò Alessandro, mentre la coppia si faceva sempre più vicina al punto in cui stavano loro.

La strada in cui sorgeva l'officina era stretta, grigia: si intersecava a destra e a sinistra con due strade principali e particolarmente trafficate. Da lì giungevano i rumori del traffico congestionato di primo mattino, luce solare, voci, profumi di cibo e smog. Dove stavano loro, tuttavia, i palazzi erano alti, con colori appesantiti dal tempo, dall'incuria e impedivano al sole di baciare l'asfalto, permettendogli di illuminare appena una striscia sottile di uno dei due marciapiedi che la costeggiavano. L'officina sembrava risaltare all'occhio: appariva come ritagliata all'interno dell'edificio che la ospitava al pianterreno. I due tizi si fecero presto vicini, muovendosi con naturalezza, ma sembrava che stessero anche seguendo una specie di percorso prestabilito o, comunque, reso abitudinario dal tempo: chiacchieravano tra di loro, si sorridevano e prestavano poca attenzione alla strada; eppure era evidente che la conoscessero bene, che sapevano dove mettere i piedi, evitando le crepe nei marciapiedi, causate dalle radici di tre alberelli rinsecchiti, che si sforzavano di continuare a vivere all'interno delle loro piccole e squadrate aiuole; scesero sulla strada, evitando l'ingombro dei cassonetti dell'immondizia e la donna rise, scuotendo la testa, mentre l'uomo arrossiva appena un po'.

-Buongiorno!- esclamò lei, fermandosi a pochi passi di distanza da Alessandro, ma abbastanza vicino da poterlo toccare se solo avesse allungato una mano nella sua direzione.
-È arrivato- borbottò l'uomo che era con lei e Francesco annuì, presentando i due all'altro come Roberto e Ilaria.
-Io sono il capo- disse la donna con fare compiaciuto, indirizzando un sorrisino nei confronti di Alessandro, ma scrutandolo con una certa intensità, come se si aspettasse da lui una qualche sorta di reazione.
Il giovane prese a fissarla per un paio di secondi, rendendosi presto conto che no, non lo stava prendendo in giro: Ilaria era assolutamente seria. La vide puntarsi una mano su di un fianco, continuando a ricambiare il suo sguardo, come se fosse in corso una specie di silenziosa sfida tra di loro.

NEVER ENOUGHDove le storie prendono vita. Scoprilo ora