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Valentino sussultò nell'udire la suoneria del proprio cellulare provenire dalla tasca sinistra dei jeans che indossava. Rimase a fissare quel ritaglio di stoffa per qualche secondo, percependo la musichetta quasi soverchiare ogni altro rumore.

-Non rispondi?- gli domandò Alessandro afferrando le chiavi della sua auto e iniziando a indossare il cappotto. Valentino annuì e rispose alla telefonata.
-Dove diavolo sei?- urlò suo padre oltre l'apparecchio, tanto forte che persino il meccanico spalancò gli occhi nell'udirlo, nonostante si trovava a debita distanza dal suo ospite.
-Papà, scusami-
-Scusami un cazzo! È tutto il giorno che ti cerco!-
-Lo so... ieri sera è successo un po' di casino e...-
-E questo ti autorizza a sparire dalla circolazione senza neanche mandarmi un cazzo di messaggio?!- urlò ancora Fabrizio, interrompendo le scuse sconnesse di suo figlio.

Il giovane scostò il cellulare dall'orecchio, conscio che avrebbe potuto continuare quella conversazione senza più riportarglielo vicino: suo padre pareva indemoniato. Aveva tutte le ragioni del mondo per esserlo, ma lui non se la sentiva proprio di sostenere quella folle conversazione in quel momento: così commise un errore.
-Senti, mi dispiace- tagliò corto, senza più prestare attenzione alle parole di suo padre: alzò così tanto la voce da finire per parlare addosso all'altro. -Ti ho fatto preoccupare, avrei dovuto chiamarti, ... perfetto! Ma non sono più un ragazzino e ho troppi casini adesso per stare a sentire pure te!- urlò e subito dopo si morse la lingua, rendendosi conto di avere esagerato.

Alessandro gli rivolse uno sguardo d'accusa, incrociando le braccia sul petto e Valentino si sentì arrossire furiosamente: sapeva che era un atteggiamento poco virile, ma lui non aveva alcun potere su quell'aspetto di sé. Aveva la pelle troppo chiara, si infiammava con poco: era ancora sconvolto per quanto accaduto con lui, stanco e dolorante; non aveva proprio la forza mentale per stare lì a mettere una buona parola con suo padre oppure cercando di celare le proprie emozioni, imponendosi di non arrossire – anche perché era certo di non averne il potere.

-Benissimo. Sei adulto, quindi. Arrangiati- rispose suo padre, interrompendo bruscamente la conversazione tra di loro.
-No!- esclamò Valentino preoccupato e subito premette il tasto di richiamata: il cellulare prese a squillare a vuoto per un po', prima che iniziasse a rifilargli la segreteria telefonica, avvisandolo che l'apparecchio del destinatario poteva essere spento o non raggiungibile. Valentino lanciò il cellulare sul tavolo davanti a sé, premendosi due dita sugli occhi.
-Cosa ho combinato...?- mormorò disperato.

Alessandro sospirò e scosse la testa.
-Lascialo sbollire un po'. Magari domani gli passa- disse e ripose le chiavi, si tolse il cappotto, abbandonandolo su di una sedia, e si diresse in cucina. Prese a tirare fuori l'occorrente per preparare il caffè, mentre il suo ospite si lasciava scivolare contro la parete alle sue spalle, sentendo tutti i muscoli del proprio corpo contrarsi, tirare indolenziti.

-Puoi restare qui, stanotte- gli giunse la voce dell'altro dalla cucina e Valentino scosse la testa, sentendo un principio di imbarazzo iniziare a farsi spazio nel suo petto.
Alessandro, d'altro canto, non aveva idea del perché gli aveva proposto di rimanere: si sentiva ancora abbastanza confuso da quanto era accaduto tra di loro, perciò non si spiegava proprio perché se ne fosse uscito con una trovata di quel tipo.

-Puoi restare finché tuo padre non si calma, se non hai dove altro andare- disse ancora e più parlava più si sentiva un idiota. "Perché non ti stai zitto?!", si domandò, ma il suo istinto prese presto il sopravvento, portandolo a dire cose che pensava di non volere.
-Non voglio disturbarti- rispose Valentino sollevandosi da terra e andandogli incontro. Davanti la cucina si fermò: non si era reso conto quanto la stanza fosse piccola – una specie di corridoio di cui la metà dello spazio era occupato dai mobili. Deglutì, compiendo un passo indietro, poco prima che Alessadro si voltasse con il rischio di finirgli addosso.

NEVER ENOUGHDove le storie prendono vita. Scoprilo ora