10•capitolo -La pista della vertigine-

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Marco

Sbuffo spazientito. Sto cercando di trattenermi in ogni modo dall'inveire contro Bernardo. Le sta attaccato come una cozza e, ieri sera, se ne sono perfino andati via insieme.

Aspetto Siria davanti alla sua porta, spero che verrà ad aprire presto, sto impazzendo. Devo chiederle scusa, lo so. Ho paura che possa uscire con Bernardo, questo è anche vero, ma ieri sera ho proprio esagerato.

Solo qualche minuto dopo la sua porta si apre. Il cuore mi si ferma, mi blocco nell'ansia di saperla insieme a lui, ma riprendo poco dopo il respiro quando mi accorgo che chiude la porta e non la segue nessuno.

Avverte la mia presenza, lo fa sempre. I suoi occhi castani si piantano pungenti sui miei. Mi guarda con una freddezza che mi disarma. Non mi ha mai guardato così.

«Siria...», tento di dire, ma lei mi ha appena dato le spalle.

La blocco stringendo la mano sul suo polso, la faccio voltare, non mi da la soddisfazione neanche di un solo sguardo. È sempre un brivido che mi attraversa il corpo sentire la sua pelle a contatto con la mia.

«Sono stato uno stronzo», ammetto, rammaricato.

E allora finalmente mi guarda, ma il suo sguardo non è comprensivo, anzi, le dà fastidio che io le sto davanti.

«Ma va, veramente? Non me n'ero accorta guarda...!», mi apostrofa con freddezza, senza darmi alcuna importanza. «Devo andare»

Scuoto la testa, mi pianto in sua direzione e non le do la possibilità di oltrepassarmi. Non finché non le parlo.

«Mi dispiace... mi dispiace davvero tanto. Ho esagerato ieri sera, ero furioso e...»

Mi blocco, è il suo sguardo a farlo. Il suo sorriso tirato, l'indifferenza che mi rifila.

Riesce ad annientarmi ogni volta che mi rifila la sua freddezza.

«Davvero, Marco, nessun problema», afferma con freddezza agghiacciante. «Scuse accettate, adesso vado»

Spiazzato, rimango fermo sul posto, solo dopo mi ridesto e la seguo.

«Siria», urlo il suo nome e la fermo ancora, «ho detto che ho sbagliato. Perché fai così?»

«Così come?» occhi che mi guardano come se davanti a sé non ci fosse nulla di rilevante. «Ho detto che ho accettato le tue scuse», ancora una volta se ne va, questa volta non la fermo e mi porto le mani tra i capelli.

Scendo di sotto, amareggiato. Ad attendermi c'è Riccardo, di fronte a me Siria che parla con Samantha, sorride come se non fosse completamente turbata dalla nostra discussione. È sempre stata così, il suo orgoglio prevale su ogni cosa e mi fa sentire come se io, per lei, non contassi nulla.

«Le ho chiesto scusa», rivelo al mio migliore amico, il quale ha le braccia incrociate tra loro. «Peccato che a lei non è importato nulla»

«Dalle tempo, Marco. Le hai fatto una piazzata allucinante, avrà bisogno di smaltirla», mi rincuora. Non so se ce la fa, ma tanto non è che io abbia altri rimedi. Non ho altro modo per farmi capire da lei, ho provato a parlarle, ma non mi da retta, non le importa nulla.

Come ciliegina sulla torta, arriva Bernardo. Lui sembra strano, va subito da Siria ma su questo ci avrei messo la mano sul fuoco, si allontanano e li vedo discutere da lontano. Quando ci avviamo verso la pista da scii, ne approfitto per avvicinarmi e provare a capire cosa hanno da dirsi. Lui si sta scusando per qualcosa, lei dice che non è successo nulla. Questa cosa mi fa stringere i pugni e i peggiori scenari mi si presentano nella mente. E così mi avvicino, non mi trattengo e mi piazzo davanti a loro. Bernardo mi guarda con riluttanza, Siria mi osserva ancora con impenetrabilità. E io ci sto provando da stamattina a capire cosa le frulli per la testa, ma non riesco ancora a leggerle attraverso. Come se avesse piazzato una linea immaginaria tra me e lei che non riesco in alcun modo a varcare.

Another day  (Completa)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora