11•capitolo -Cosa c'è ancora tra noi, Marco?-

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Siria

Non riesco più a capire cosa mi sta intorno.
Sam è da mezz'ora che prova a parlarmi, mi è davanti, ma sono talmente amareggiata che non riesco ad ascoltarla.

Siria è affare mio. Ripenso alle sue parole poco prima che succedesse tutto il casino. Ho pregato dentro me fino alla fine che lui non si gettasse da quella discesa, ho tolto il mio orgoglio e gliel'ho fatto capire di non farlo, eppure non mi ha dato retta.

«Siria, hai capito?», mi supplica Sam di darle retta; solo allora la guardo, mi accorgo che sta ancora sillabando le parole. «'Sta tranquilla, si riprenderà»

Me lo promette. Eppure sono ore che aspetto che lui esca da lì. Gli stanno facendo degli accertamenti. Dalla mia distanza, non sono riuscita a vedere l'impatto. Quando ho capito cosa stava succedendo, gli sono corsa incontro e mi sono gettata sulla neve cercando di soccorrerlo. Non me ne fregava più chi avesse ragione o torto, volevo solo riavvolgere il tempo e non permettergli di farlo.

Non riesco a gettare via la mia ansia nel pianto, non sono una persona emotiva. Al contrario mio, mi accorgo che Sam ha il viso sporco di mascara perché sono ore che piange disperata. Vorrebbe consolare me, ma non riesce a farlo nemmeno con sé stessa. Passo le mani sul viso e mi sento soffocata dalla paura che sento ancora dentro. Ogni santa volta che passa un medico, gli vado incontro per chiedere informazioni che, puntualmente, non mi danno.

Sospiro afflitta e, quando mi accorgo che Bernardo mi sta venendo incontro, la rabbia mi monta dentro nel rammentare che è stato proprio lui a farsi venire in mente questa brillante idea.

A stento mi guarda mentre anche io mi avvicino a lui; è imbarazzato e abbassa lo sguardo, portandosi una mano tra i capelli e facendola scivolare sul collo.

«Siria, io...», tenta di dire, ma non gliela do neanche la possibilità di parlare e giustificarsi.

«Cosa?», sbotto con ardore. Mi avvicino, gli punto l'indice al petto, lo guardo con gli occhi inferociti. «Cosa intendevi fare con quella stupida sfida? Cosa volevi dimostrare?»

Lo so bene che non è solamente colpa sua, ma in questo momento ho troppo nervosismo accumulato più la preoccupazione e non riesco a razionalizzare il tutto.

«Mi dispiace, Siria... non volevo, non credevo andasse così»,tira un sospiro e si morde il labbro inferiore, mentre porta gli occhi al cielo.

«E come credevi andasse?», sto urlando. «Ti rendi conto che se succede qualcosa a Marco, io...», sto per dire, ma Riccardo mi afferra prontamente per un braccio e cerca di calmarmi.
Mi guarda con i suoi occhi scuri.

«Siria, dai, lascia perdere non è il momento»

Scuoto la testa e mi piazzo ancora davanti a Bernardo.

«Pensavo che fossi meglio di così», stringo le labbra e Bernardo mi guarda con rammarico, tanto che mi pento delle parole sputate.

Nello stesso istante, esce un medico, ci avvisa che Marco sta bene e che possiamo fargli visita.

Riccardo mi guarda chiedendomi tacitamente se voglio essere la prima a entrare. Non lo so nemmeno io se è quello che voglio, perché nonostante tutta la mia preoccupazione, ho paura di sputare in faccia anche a lui tutto il rancore provato.
Poi decido di entrare, insieme a Lui. Io rimango ferma sull'uscio della porta, mentre lui avanza verso Marco, il quale ha gli occhi aperti e ha la schiena appoggiata alla ringhiera del letto. Mi sta osservando, da lontano e con dispiacere, con il senso di colpa che si intravede e che mi fa smarrire così tanto da dimenticare le ultime ore.

«Come stai, Marco?», Riccardo gli si siede vicino e gli dà una pacca sulla spalla.

«Sono vivo», ha il coraggio di scherzare sulla situazione, mentre io continuo a guardare come fossi soltanto una spettatrice.

Another day  (Completa)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora