25•capitolo -Qualcuno che non sono io-

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Marco

I giorni sono lenti, lentissimi, tutto questo perché mi manca lei.

Mi chiedo cosa faccia, se mi pensi, se c'è ancora un briciolo di quel noi che eravamo nel suo cuore.

Cerco di scacciare il pensiero, di rimettermi in sesto e concentrarmi sugli affari che, ultimamente, non vanno per nulla bene.

Come se non bastasse, Riccardo è strano da giorni. Ho provato a chiamarlo, ma dice sempre di avere qualche impegno.

Sbuffo frustrato, strofino il mio viso e guardo l'orologio, appeso di fronte al mio letto, che segnala le nove e mezza.

Sto impazzendo, vorrei sentire Siria, ma l'ultima volta che le ho mandato un messaggio – ovvero mezz'ora fa – non mi ha neppure risposto.

Sto cominciando davvero a perdere le speranze, a credere che lei non mi voglia più nella sua vita. E va bene che l'ha detto chiaramente, ma io non riesco ad accettarlo. È come se una parte di me mi suggerisse che non è il caso di mollare proprio ora, che già l'ultima volta che l'ho fatto, ho mandato a monte la mia vita e sono stato a rimuginarci per anni.

Prendo il telefono, lo stringo forte e mi chiedo se sia il caso di provarci ancora a mandarle un messaggio, poi capisco che a nulla servirebbe. E quindi, provo a chiamare al mio amico Riccardo.

«Ehi... Riky. Che fai? Sei libero stasera?» domando.

«Mi dispiace, Marco, stasera sono incasinato. Per ora è un periodo difficile, ti dico poi»

Annuisco, lo saluto e metto giù il telefono.

Io lo so che, se stasera starò a casa, riempirò di messaggi Siria e avrò l'effetto contrario su di lei. Per evitarlo, prendo la giacca e decido di uscire. Certo sarebbe stato meglio avere Riccardo con me, ma al momento pare non essere mai disponibile.

Prendo la moto e in un lampo mi ritrovo a Fratta in una birreria di lì.

Posteggio davanti all'insegna e poi entro, vengo invaso dalla puzza di alcol e tabacco e una folla immensa di persone. Mi siedo in una sedia proprio attaccata al bancone e ordino una birra, vengo servito un attimo dopo e me la scolo abbastanza in fretta. Ordino la seconda, ma mentre lo faccio, qualcuno si siede vicino a me. Mi guarda da dietro le sue ciglia chiare e lunghe, con i suoi capelli riccioli su cui ho posato le mani spesso e quel sorriso che va tra il timido e il provocante.

«Chi non muore si rivede. Vieni dalle mie parti e non dici nulla, Marco?»

Chiara me lo chiede fingendosi offesa; la conosco però, so che non lo è, che sta solo fingendo per provocarmi.

Le faccio un sorriso, lei ricambia.

«È stato all'improvviso» non dico che anche se avessi deciso con giorni in anticipo, non l'avrei chiamata dopo quello che è successo. La mia mente è stata totalmente piena di Siria, non c'è stato spazio per altro, nemmeno per lei. Inoltre, non è stato opportuno vederla considerando che voglio riconquistare Siria. È stata proprio questa ragazza che ha incasinato tutto.

«Cambia scusa» mi sorride ancora. Quello che mi ha sempre colpito di Chiara è il suo modo di non farmi pesare nulla, ma di comprendermi. Non mi fa pressioni, non mi mette in soggezione, non pretende qualcosa che non posso darle. Forse è stato proprio questo a farmi considerare di dare un'occasione al nostro rapporto.

«È un periodo difficile» ammetto, umettando le labbra. Passo una mano tra i capelli e, mentre sbuffo, la faccio scivolare al collo.

«Si vede dalla tua faccia» poi si volta verso il barista, «Giovanni, puoi fare altre due birre?» non obietto, perché oggi sbronzarmi mi sembra l'unica buona idea. «Vanno male le cose con quella ragazza?»

Another day  (Completa)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora