Capitolo II: Detective

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«Quindi ha preso in affitto il numero 39 di London Street, capo?» Mentre procedevamo lentamente lungo la stradina che univa il commissariato al resto del paese la mia mente ballava tra centinaia di pensieri, primo fra tutti ciò che mi era appena accaduto. Sembrava impossibile crederci, ma era la pura verità, e dovevo riuscire a capacitarmi della svolta che la mia vita avrebbe preso da quel momento in poi.

«Ti ho già detto di non darmi del capo, dato che non lo sono ancora...» Camminavamo decisi, io con la bicicletta di mio fratello sotto mano, lui libero di guardarsi attorno interessato.

Mi riappariva ogni tanto l'immagine di Jenkins che faceva le più inutili raccomandazioni: «Accompagnalo a casa e parlate, ti lascio sotto il suo più totale controllo, poi avrai il pomeriggio libero.» Come se mi lasciassi sfuggire questa opportunità...

«Allora,» continuò, «parlami un po' di te. Da quanto tempo lavori con Philip?»

Non realizzai subito parlasse di Jenkins, tanto che ci misi un momento a rispondere. «Questo è il mio... emh... quarto anno qui in polizia, ho cominciato fin da subito come "assistente" di Phil... Jenkins. Sono diventato sergente l'anno scorso.» Alzai un braccio, mentre scendevano lungo una stradina in discesa, indicando uno dei palazzi del centro città. «Io abito in quel palazzo, se mi aspetta un attimo lascio lì la bici.» Presto fatto, e mezz'ora più tardi ci trovammo in London Street, numero 39. Era, come quelle vicine, una casetta bassa, su un solo piano, con un tetto molto largo sull'ingresso, creato apposta per coprire il metro di sentiero che circonda l'abitazione. Le pareti erano di un beige chiaro, tendente al cappuccino, e apparivano lievi in mezzo al verde del giardino circostante. Una stradina di ciottoli in salita univa la strada all'ingresso, e parallela a essa scorreva una strada asfaltata, diretta al piccolo garage chiuso. Due finestrelle illuminavano la cucina, mentre il soggiorno aveva delle enormi vetrate tenute all'ombra da una magnolia quasi in fiore, sulla destra. La porta d'ingresso era ancora aperta, e un via vai di addetti ai traslochi e scatoloni indicava il recente arrivo dell'uomo nel cottage.

Phoenix entrò, schivando un paio di persone e dirigendosi verso il salotto, un insieme di tecnologia e stile, completo di divano in pelle nera e televisore con schermo al plasma appeso all'unica parete priva di finestroni. «Bene Cameron, accomodati pure, torno subito. Nel frattempo dimmi, ci sono casi ancora aperti?» Mentre diceva ciò, si allontanò, sparendo dietro una parete, e riappare dopo pochi secondi, senza il pesante giaccone di pelle che aveva indossato sino ad ora nonostante la mite giornata primaverile, e con un vassoio con due tazzine stracolme del tè più nero che avessi mai visto. Mentre si sedeva, diedi un'occhiata alla stanza, notando diverse cose curiose: l'intera saga di Guerre Stellari in DVD era ordinatamente posizionata su uno scaffale, sistemata prima di tutto il resto; un enorme quadro rappresentante una copia de La Signora di Shalott di Waterhouse, se non forse l'originale; un vecchio giradischi in ottone, accompagnato da diversi vecchi vinili; una copia del Cappello Parlante di Harry Potter sistemato vicino al televisore; ma soprattutto una scacchiera in avorio, con pedoni di pietra lucida, appoggiata su un tavolino di legno antico, che faceva a pugni con lo stile dell'intera abitazione. Insomma, quell'uomo impersonava l'ideale di amante della storia del cinema e della letteratura inglese. 

Estrassi di tasca il cellulare, e, dopo aver notato per la decina volta in quella giornata la crepa lungo la parte alta dello schermo, una volta acceso il dispositivo, aprii i documenti che avevo battuto a computer tutta la notte. Passai il telefono a Phoenix, cercando di riassumere la situazione. «Niente di che, solo qualche ragazzino che si diverte a fare scherzi e un paio di incidenti, ma non credo che...»

«No no, continua,» disse lui, mentre io prendevo la tazzina fumante che sembrava solo chiamarmi.

Ho sempre amato il profumo del tè caldo, il modo in cui il suo vapore mi scaldava il viso d'inverno, l'energia che regala un solo sorso di bevanda. Elencai all'altro gli atti vandalici rinvenuti in una vecchia fabbrica dismessa sotto forma di graffiti, opera di quell'incapace di Richard Jackson e del suo amichetto Gregory Thompson, poi passai all'incidente in centro che era costato un paio di punti della patente alla signora Woods e qualcuno di sutura alla fronte di Justin Creed, mio vecchio compagno di classe al liceo. Insomma, nulla di importante o che potesse effettivamente interessare a un detective di Scotland Yard, così decisi di prendere l'iniziativa, finendo in un solo sorso il tè ancora rimasto. «Signor Ph... volevo dire, Matthew, che ne dice di andare a fare un giro del villaggio, giusto per farla abituare alla zona?»

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