Capitolo XXXI: Chiave

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Quando mi svegliai, il mattino dopo, ero pronto per il provino del sequel di The Walking Dead. Ci volle un cappuccino bollente alle 5 perché le mie palpebre restassero aperte. Presi a caso pantaloncini e maglietta dal cassetto degli abiti estivi, li misi nella borsa della palestra insieme a shampoo ed effetti personali, lasciai un biglietto in cucina per dire a mio fratello dove stavo andando, e mi chiusi la porta alle spalle.

Per esperienza so che una sessione di allenamento di prima mattina aiutava a schiarirsi le idee: due volte a settimana, quando possibile, una almeno di mattino presto.

Dopo un'ora di esercizi vari, tra cui almeno venti minuti di braccia e altri dieci di pettorali, mi diedi una risciacquata rapida sotto le docce della palestra, mi rimisi pantaloni e camicia, e spesi una buona porzione del tragitto spogliatoio-parcheggio chiedendomi se passare a casa prima di andare al lavoro. Alla fine la pigrizia l'ebbe vinta: rotta per la centrale, borsone in spalla e via.

Entrai in centrale con un frullato mela e mandorle, nel pratico bicchiere in carta del Chatty Caffè. Un misto di proteine e zuccheri, perfetto per cominciare la giornata. Sembra una delle pessime pubblicità che danno alla radio tra un classico dei Genesis e l'ultima hit di Lewis Capaldi. Certe persone hanno proprio strani deprimenti.

«Hey, Cam,» disse una voce alle mie spalle. Cioccolato e rosa: Amy. La ragazza, con maglia lavanda e salopette di jeans stinti, berretto e guanti abbinati, nonostante la bella stagione.

«Regina dei Microchip,» la canzonai io, al ricordo di una vecchia discussione al riguardo: «Niente soprannomi,» aveva detto. E io ne creo di nuovi. Ma dopo Principessa Laptop, Proxie Sister e Baby Hacker avevo cominciato a essere ripetitivo. E la cosa era diventata ancora più esilarante.

«Re dei Cretini...» Touché. «Mi ha detto Thiago che con Kristen sta andando male... Come procedono le indagini?»

Ci fermammo entrambe al banco dell'ingresso, in un frenetico viavai da martedì mattina. Per quanto una centrale di polizia di un insignificante paesino posa essere definita "frenetica". «Male... Se continuiamo di questo passo, dovremo incriminata, le prove contro di lei piovono a catinelle.»

«C'è qualcosa che vi serve?», chiese lei, infilandosi con delicatezza le mani inguantate nelle larghe tasche della salopette. «Conti correnti, secondi indirizzi...»

«No, nulla per ora.» Stavo per salutarla, quando un pensiero mi balenò nel cervello. «Una cosa ci sarebbe... Credi sia possibile risalire alla carta di credito e al cellulare di Kristen sabato sera? Capire dove è stata, se ha pagato qualcosa, chiamato qualcuno...»

«Posso provarci,» annuì lei energicamente. «Potrei metterci un po', ma dovrei farcela. Dalle 18 a mezzanotte?»

«Anche oltre.»

«Ricevuto.» Lì le nostre strade si separarono: lei verso le rampe di scale, io all'ufficio.

Quando toccai la maniglia, come se il mio corpo gli avesse conferito energia sufficiente ad azionarsi, Phoenix spalancò la porta dall'interno, con tanta energia che mi sbilanciati in avanti. «Signore,» lo salutai tentando di mantenere l'equilibrio. «Ci sono nov...»

«Sì,» rispose spingendomi di lato per passare. «Stiamo perdendo colpi...»

«Cos'è successo?»

«Paige, ha i ripreso i sensi dopo l'intervento. E ci siamo persi qualche dettaglio importante.»

«Tipo?»

«Tipo che nessuno si è accorto che la sua chiave è sparita.»

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