Capitolo VIII: Coppia

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Stavo ancora ragionando sui risultati raggiunti con le prime domande fatte alla famiglia, soprattutto sugli orari ricavati: a meno che non si trattasse di Bradley, come aveva fatto l'assassino ad avvelenare la signora Marshall, se si fosse trovato in casa? Con gli ingressi limitati e la testimonianza delle due donne nel salotto questa ipotesi si complicava ulteriormente, quindi decidemmo di proseguire con le domande, rientrando nel salotto. Non feci in tempo a sedermi per parlare con Phoenix che la porta del salotto si riaprì, spinta da Paige, accompagnata dal fidanzato Charles. A differenza dei fratelli, Paige non sembrava affatto turbata dalle indagini, né tantomeno dalla morte della madre, e ciò cambiò radicalmente l'opinione che mi ero fatto la sera prima a cena di lei. Come lei, anche Charles sembrava piuttosto tranquillo, anche se nei suoi modi di fare si poteva scorgere qualche accenno di stanchezza, accentuato dalle pieghe sui vestiti dell'uomo. Nessuno dei due fiatò, finché non ebbero preso posto nell'altro divano. Solo allora Paige deglutì e disse: «Detective, sergente Stunningham... Avete già la mia dichiarazione, ma se volete farmi altre domande, non abbiamo nulla da nascondere. Vero, amore?».

Charles Nichols allungò un braccio oltre il collo della ragazza, appoggiandolo sulla sua spalla e baciandole la fronte. «Esatto, niente di niente.»

Phoenix fece una faccia quasi disgustata - non era proprio un amante delle coppie "E vissero insieme felici e contenti" - e disse: «Magnifico, sono il detective Matthew Phoenix,» aggiunse, rivolto al ragazzo, «possiamo cominciare.» Come sua abitudine, confermò le identità dei due, prima di procedere con le domande riguardanti la sera dell'omicidio. «Come la signorina Foster ha già detto ieri sera, ha lasciato la sala da pranzo dalle 22.17 alle 22.21, mentre lei, signor Nichols, dalle 22.35 alle 22.38: perché volevate parlare con la signora Marshall?»

«Per la questione della collana,» rispose rapidamente Paige, appoggiando la testa alla spalla di Charles.

«E lei, signor Nichols?», chiese Phoenix.

«Beh... È un po' difficile da dire...» Il volto del ragazzo era diventato rossiccio, mentre il braccio destro era stato portato automaticamente all'altezza della fronte per spostare il ciuffo dagli occhi. «Avevo una domanda da fare alla signora...»

«Che genere di domanda?», lo incalzò il detective, abituato a interrogatori ben più rapidi.

«Vede... Io e Paige,» iniziò l'altro, fermato però dalla fidanzata.

«Charles, vai al dunque... Le voleva chiedere il permesso per sposarmi.»

«Sposarsi?», replicò Phoenix, inarcando un sopracciglio. «E voleva chiederglielo ieri sera, dopo il discorso sui furti fatto a cena?»

«In verità, sì,» rispose Charles abbassando lo sguardo sui propri piedi, «è da un po' che volevamo farlo, e quando abbiamo saputo della cena, abbiamo optato proprio per quella sera... Ma se avessi immaginato che sarebbe finita così...»

«Benissimo. Ora,» disse Phoenix, guardando Paige negli occhi, senza perdere il contatto per un istante, «signorina Foster, vorrei fare qualche domanda solo a lei. In che rapporti era con la vittima?»

«Se pensate che fossimo legate come lo era con Kristen,» rispose lei, «beh, mi spiace molto, ma voi vi sbagliate di grosso.» Più che una risposta sembrava una confessione, ma feci finta di nulla. «Non intendo dire che la odiassi, o che lei avesse qualcosa contro di me, ma semplicemente che non passavamo mai tempo insieme.»

«Potrebbe motivare questa sua affermazione?», chiese Phoenix.

«Certo che sì,» rispose Paige, «lei non aveva occhio che per Kristen. Kristen è la migliore, Kristen è così brava, ma non diceva mai niente su di me, nemmeno una volta... Non significa che la volessi vedere morta, però devo ammettere che da ieri a oggi non è cambiato molto, almeno dal mio punto di vista.»

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