Domenica 6 giugno, Los Angeles
Jason's POV
A momenti inizia la seconda partita, la prima è andata bene, abbiamo vinto contro i Celtics con la differenza di tredici punti.
Siamo negli spogliatoi e il Coach fa le solite raccomandazioni, non sono in gran forma, mi sento piuttosto stanco e sfuggente. Brown mi chiede se è tutto okay ma rispondo di sì. Dobbiamo vincere la partita, a fine giornata andrò a riposare e domani sarò carico come sempre.Il tabellone segna l'inizio della partita, siamo in vantaggio ma io non ho ancora fatto un canestro. Corro per andare a prendere la palla ma me la soffiano da sotto il naso, non so cosa mi prende, ci metto secondi prima di capire cosa succede.
L'ultimo canestro prima della fine della partita lo fa Andrew, il giocatore numero 16.Abbiamo perso, i Celtics ci hanno battuto per nove punti. La tribuna nonostante tutto applaude anche se siamo stati un fiasco, non mi giro verso di loro perché non voglio vedere i loro sguardi delusi, non penso riuscirei a sopportarlo.
Nello spogliatoio i miei compagni mi sostengono, sento una responsabilità maggiore anche perché sono il capitano ma cercano di darmi conforto.
Appena il Coach Brown entra, i ragazzi li allontanano e viene a parlarmi.«Jason, che è successo? Sembravi sfuggente, assente»
«Lo so Coach, mi dispiace davvero molto ma non mi sentivo molto bene»
«Avresti potuto dirmelo, avremmo potuto rinviare la partita»
«Assolutamente no, è irrispettoso nei confronti della mia squadra ma soprattutto per gli avversari. Una partita persa non segna i vincitori del campionato, andrò a casa, ho solo bisogno di riposo» «Va bene Miller, ma il mio consiglio è quello di farti guardare da un medico, sei il mio giocatore migliore nonché il capitano, la squadra ha bisogno di te» il Coach ha ragione, forse dovrei farmi visitare.
Appena esco dal palazzo i giornalisti mi porgono trecento domande ma non ne rispondo ad una, le due guardie di mio padre mi scortano fino alla limousine.
«Figliolo, stai bene?» «No, papà. Non sto bene» «Andiamo a casa, ne parliamo lì».
Entro in macchina e mi sorridono tutti, so che ho deluso le loro aspettative.
«Ragazzo, non angustiarti, una partita può capire di perderla» Mike ha ragione, però mi sento lo stesso in colpa. Dopo aver salutato tutti di sfuggita vado da Elizabeth, le do un bacio e spero che almeno lei non sia delusa come tutti i fans dei Lakers.
«Ei, guardami» mi prende il volto tra le mani e mi obbliga a guardarla negli occhi, è bellissima.
«Jason, che cosa è successo?» «Non mi sento molto bene Beth, sono molto stanco, ci metto un po' a capire cosa succede attorno a me»
«Non pensi che sia meglio farti guardare da un medico?» «Voglio andare in casetta»
«Allora aspetta che avviso tuo padre di farti portare lì» «Tu però vieni con me» dico appoggiandomi alla sua spalla. Voglio stare solo con lei, dormire sapendo che appena mi sveglierò lei sarà lì affianco a me.
Mio padre ha lasciato tutti a casa nostra, Elizabeth l'ha lasciata a casa sua per prendersi dei vestiti e dopo ci porterà in casetta.
«Jason, ascolta. So che pensi che tutti siano delusi da questa partita ma ti sbagli, capita di perdere una partita, non succede niente. Non ti sei girato come al tuo solito ma io si, ho visto i sorrisi dei fan nonostante il risultato della partita»
«Papà mi sento responsabile, sono il capo della squadra, il playmaker, tutti contano su di me» «La prossima partita li batterete senza alcun dubbio ma tu devi farti visitare e soprattutto devi riposarti» «Appena ci porterai a casa andrò a riposare».
Mio padre ci sta portando in casetta, dietro di noi c'è un'auto con tre guardie all'interno. Elizabeth questa volta ha un borsone il doppio più grande dell'altra volta e appena saremo soli le chiederò il motivo. Mio padre mi ha lasciato il numero del medico, insiste di chiamarlo e che se ho bisogno verrà anche lui.
Prendo per mano Beth e la porto in camera «Ora che siamo da soli, mi dici cosa hai messo in quel borsone? È il doppio dell'altro» «Ehm, ho messo dei vestiti in più, sai pensavo che se dovessi venire all'improvviso almeno avrei avuto qualcosa. Se ti da fastidio li riporto indietro» ha lo sguardo basso e non vede il sorriso che ho stampato in volto, mi piace troppo l'idea che lasci alcuni vestiti qui, come se fosse una piccola convivenza.
«Fastidio? È una buona idea» mi sorride ed è un tocca sana per me, la bacio un po' poi mi prende un capogiro «Jason, Jason stai bene?» «Sì, voglio solo sdraiarmi» tolgo tutto e rimango in boxer, mi stendo sul letto e chiudo gli occhi.
Sento qualcosa solleticarmi il petto, tipo dei capelli. Apro gli occhi e mi trovo Elizabeth che mi bacia piano il collo e la stringo a me, fa un piccolo salto perché non si aspettava fossi sveglio
«Perdonami, non volevo svegliarti» «Beh, questo un ottimo risveglio principessa»
«Ti ho preparato la cena» «Quanto ho dormito?» «Circa tre ore» «Mi spiace averti lasciata sola» «Non importa. Ho pulito un po' e mi sono messa qui dopo aver preparato la cena» si alza e torna di sotto, quando torna ha un vassoio in mano e sento un profumino di pollo.
«Signor Miller, le ho preparato del pollo al limone con un'insalata di pomodori, delle fragole e infine, il mio dolce preferito. Budino alla vaniglia» questa donna oltre ad essere fantastica è un'ottima cuoca, mi ha confessato che il budino è il suo dolce preferito solo perché è capace a cucinare solo quello anche se impazzisce per la torta fragole e panna.
Si mette vicino a me e mi guarda mangiare «Tu non mangi?» «Ho mangiato circa mezz'ora fa, avevo tentato di svegliarti ma ti sei girato dall'altra parte» sì, quando dormo neanche una bomba riesce a svegliarmi, eppure, i baci di Elizabeth ci hanno messo cinque minuti a farlo.
Dopo cena guardiamo un film, mi ha chiesto se poteva rimanere a dormire qui e io non voglio assolutamente che se ne vada. I suoi genitori le hanno dato il permesso, ho scoperto che non dorme con un ragazzo da quando aveva 18 anni, neanche con i suoi attuali ex.
Sento un peso sulla spalla, mi giro e Beth dorme tranquillamente con la bocca leggermente schiusa, i capelli le incorniciano il volto e il pigiama con i coni gelato la fa sembrare una bambina. La sdraio e mi metto affianco a lei.
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HAAVEILLA
Romance-IN REVISIONE- Haaveilla è una parola finlandese che Elizabeth Moore ha tatuata sul retro del collo. Sognare ad occhi aperti rappresenta a pieno il carattere della ventitreenne che fa la tatuatrice nel centro di Los Angeles, lei sogna di diventare...