The Dayily Prophet

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Severus era ben consapevole che Poppy e Granger stavano collaborando a qualche elaborato piano per tenerlo bloccato in casa per il prossimo futuro. Eppure, visto che non aveva nessun desiderio effettivo di lasciare la casa, non si preoccupò di protestare. Anche se non l'avrebbe mai ammesso, passare del tempo con la Granger e i propri amici era l'unica cosa che voleva fare.

Sembrava avessero tenuto la sua sopravvivenza sotto silenzio – o almeno il posto in cui si trovava, visto che non c'erano state visite da parte di Rita Skeeter, nessuna folla di genitori in cerca di vendetta che lanciava mattoni contro le finestre, nessun Auror a trascinarlo ad Azkaban.

Colse la Granger a piangere solo una volta, quando pensava che lui stesse dormendo. Aveva aperto gli occhi per vederla seduta lì, china su La Gazzetta del Profeta, con le lacrime che le colavano sul viso. Non erano i violenti singhiozzi della mattina dopo la battaglia, ma lacrime gentili che cadevano incontrollate e volontarie: aveva il giornale aperto sulla lista dei morti.

Severus si era sentito imbarazzato a guardarla e aveva abbassato subito le palpebre, osservandola attraverso uno spiraglio più stretto possibile e sotto alla copertura dei capelli. Voleva confortarla, ma non riusciva a pensare a nulla se non alle frasi più sdolcinate. Invece tenne la bocca chiusa.

Per il resto del tempo, la Granger passava da un esausto e triste silenzio a un provvisorio e troppo allegro ottimismo, contrassegnato da un'attività frenetica – fare liste, mettere in ordine, preparare complicati piani per il futuro. A lui piaceva di più quando gli diceva ciò che aveva in mente – un'occorrenza piuttosto rara –, quando dormiva e la testa cadeva contro il fianco della sua vecchia poltrona malconcia, il libro o gli appunti dimenticati sul grembo. In quelle circostanze riusciva a osservarla senza interruzioni, facendo scorte di ricordi della sua vicinanza per il momento – che sarebbe giunto fin troppo presto – in cui lei avrebbe smesso di accudirlo per tornare alla sua vita.

In altri momenti portava un regolare flusso di visitatori in casa, scelti attentamente tra quelle poche persone che effettivamente gli piacevano e magistralmente distribuiti per sfiancarlo, tenerlo occupato in una conversazione, lasciarlo riposare e altrimenti dissuaderlo dal lasciare il divano. Poppy e la Granger erano frequenti bambinaie e alla Hooch sembrava fosse stato assegnato il compito di badare a lui ogni qualvolta qualcun altro fosse impegnato.

Il secondo giorno, la Granger arrivò con Jocelyn. La ragazzina aveva il braccio fasciato, ma per il resto sembrava stare bene. Era cresciuta di diversi centimetri nell'ultimo anno, notò all'improvviso, e qualcuno aveva provveduto a darle dei vestiti Babbani.

"Professor Snape!" Esclamò vedendolo, con evidente felicità.

"Cos'è successo al tuo braccio?" Chiese in risposta.

"Oh, una maledizione vagante durante la battaglia. Madama Pomfrey dice che sarà a posto in pochi giorni." Parlò con tono irriverente, ma in un modo che evidenziava un certo nervosismo: sembrava in tutto e per tutto la tredicenne che era.

Le sopracciglia scattarono insieme per la sorpresa e la realizzazione del pericolo a cui era stata esposta lo inondò di una tardiva ansia.

"Per favore, spiegami cosa pensavi di fare partecipando a una battaglia, signorina Malfoy. Avevo l'impressione di averti mandata in Bulgaria!"

"Non mi chiami così!"

"Legalmente è il tuo nome," Draco, Lucius e Narcissa, aveva sentito dalla Granger, erano agli arresti domiciliari. Si chiese come stesse influendo su di loro l'associazione con Jocelyn e come essa stesse colpendo lei. Non per la prima volta si pentì di aver creato quel legame.

"Non per molto," rispose Jocelyn in modo ribelle, incrociando le braccia. "La professoressa McGonagall dice che un semplice test di paternità sarà sufficiente per annullare le loro rivendicazioni su di me. Dice che lei potrà preparare la pozione non appena starà meglio."

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