Pericoli sconosciuti -parte 1-

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"Ama, ama follemente. E se ti dicono che è peccato, ama il tuo peccato e sarai innocente"

William Shakespeare -



Si dice che i fatti contino più delle parole:quest'ultime sono menzogne elaborate o semplicemente intenzioni senza alcun fondamento. I fatti, invece, risaltano il proprio essere e fin dove siamo capaci di spingerci. Per questo ci deve essere coerenza tra le due cose. Più che altro per dimostrare che ciò che diciamo è anche ciò che siamo.
E quale coerenza c'è tra l'avergli detto ti odio e averci fatto l'amore ? Chi sono io, se mi sono concessa a lui e poi sono scappata il mattino seguente?
Di solito seduta al davanzale della finestra della mia camera - da cui riesco a toccare anche i rami del banyan, che lascia passare a tratti i raggi solari provocando strani giochi di luce sul pavimento e sul letto - riesco a sentirmi calma o quanto meno trovare un po' di conforto. Ma, da quattro giorni, non riesco a scrollarmi l'inquietudine interiore, non riesco a non pensare a tutto quello che è successo in questi giorni. Sono appoggiata al muro con il copione aperto, sulle gambe piegate, con una concentrazione pari a zero chiedendomi se finirò mai di comporre le canzoni di questo musical. Guardo due passerotti poggiarsi sul ramo poco più indietro a quello che riesco a toccare e cinguettano allegramente. Sorrido al pensiero che un tempo, da bambina, stavo ore e ore in questa posizione per crogiolarmi nella beatitudine del loro suono, pensai perfino di ricreare una musica con il verso di quell'animale.
<< C'è qualcosa di divertente là fuori, o sono io che suscito ilarità? >> Adèle entra nella mia stanza con un fono in una mano, la spazzola nell'altra e l'asciuga mano avvolto ai capelli. Quando i suoi genitori sono partiti, mi ha chiesto di poter stare da me fino al loro ritorno, previsto per oggi pomeriggio. Si affretta ad avvicinarsi allo specchio e a srotolare il telo dai capelli, lo fa con una certa agitazione e capisco che è nervosa; lo dimostra anche il fatto che indossa un paio di jeans chiari e una maglietta salmone larga abbastanza per nascondersi dentro. Non l'ha mai detto, ma io so che la storia di "cadere in disgrazia" la preoccupa; in realtà le fa paura la reazione che può avere sua madre, visto che è sempre stata una donna abituata a vivere nel lusso e all'ombra dei giudizi della società che conta. Credo che in qualche modo si preoccupa anche di scoprire un'altra terribile verità: Paul si mostrerebbe ancora tanto innamorato se accadesse il peggio?
<< Non riesco a concentrarmi >> sbotto affondando la testa avvilita nel copione che ho tra le gambe.
<< Sei troppo distratta dai "raggi solari" >> ribatte con fare allusivo, poi si volta a guardarmi mentre ancora armeggia con la spazzola tra i capelli umidi << lo sai che i " raggi solari" portano sonnolenza? >> continua ancora con lo stesso tono. Non ha approvato per niente la mia, chiamiamola, "debolezza".
<< Hai ragione >> appoggio il fascicolo sul davanzale e faccio forza sulle braccia per alzarmi. << Forse mi servirebbe una bella cioccolata >> sono sulla soglia della porta e la mora mi sta seguendo con lo sguardo attraverso lo specchio. << Ne vuoi una anche tu? >> chiedo, ma lei scuote la testa in segno di negazione.
Percorro il piccolo corridoio, arrivo in cima alla scala stretta e vedo le valigie già pronte accanto alla porta d'entrata. Sono all'incirca tre valigie grandi, scuoto la testa rassegnata al fatto che la mora farà sempre più valigie del necessario, ovunque si ritroverà ad andare.
<< Di cos'altro hai bisogno per parlarle? >> sono a metà scala quando sento delle voci nel salotto,proprio infondo alle scale sulla destra. La voce che ha appena parlato – con un tono al quanto preoccupato- è quella di mia madre. È tornata domenica mattina, fu una sorpresa molto molto piacevole. Quando tornai a casa quella mattina, mi lasciai andare sulla porta d'entrata con un bisogno urgente di chiamarla e avere, almeno da lei, un po' di comprensione. Ma, come si dice: "chiedi e ti sarà dato", lei sbucò dal soggiorno con la sua solita aria pimpante. È inutile dire che mi piombai tra le sue braccia e ci rimasi per un bel po'.
<< Io.... non lo so >> ecco la risposta di mio padre. Mi spingo con l'orecchio destro contro la parete per sentire di più, ma quello che sento è solo silenzio e qualche sospiro. Questa discussione mi allarma: cosa devono dirmi? E perché mio padre è così preoccupato? << Forse hai ragione, Penny, o forse è il caso di aspettare. In questo periodo è così distratta. >>
<< Appunto per questo, non possiamo permetterci di aspettare oltre. >> mia madre sta usando il suo tono duro, quello che usava quando doveva sgridarmi in situazioni abbastanza pericolose. Io non posso più aspettare e finendo la scala svolto a destra nel soggiorno, mio padre è appoggiato con un gomito alla mensola del caminetto e si mantiene la fronte, mentre mia madre lo guarda seduta alla poltrona.
<< Salve >> esorto. Ora mio padre mi guarda con un'ombra negl'occhi senza dire una parola, è mia madre a parlare << Ciao tesoro. >>
<< Adèle è pronta? Come va il lavoro? >> mio padre ha fatto due passi avanti, sembra più sereno di poco fa , ma le sue spalle rigide e il vacillare leggermente nei movimenti mi dichiarano che non lo è del tutto. Non capisco tutto questo mistero e questa urgenza di parlarmi. Inoltre l'ultima volta che mio padre si è comportato in questo modo fu la sera prima della mia partenza....
Oddio! Non vorranno parlare di Austin?
<< Adèle è quasi pronta e io sono appena all'inizio >> sbuffo lasciando andare le braccia lungo i fianchi. << Infatti ero scesa per farmi una cioccolata; ne volete una? >> Mia madre si alza e premurosamente mi afferra le mani, lancia un'occhiata eloquente a mio padre. << Tesoro io e tuo padre dovremmo parlarti >>
Ora mi sto turbando parecchio e non sono la sola. Mio padre si allarma all'istante e velocemente si avvicina a me prendendomi il braccio, poi lancia un'occhiata ammonitrice a mia madre, che lo guarda stupita. << Penny, forse è meglio parlarne più tardi. >> ora si rivolge a me << Cara vai pure in cucina >> mi rassicura con un sorriso tirato. Io non ho intenzione di indagare oltre, perché sono più che sicura di non voler affrontare l'argomento Austin. Quindi mi dirigo in cucina, prendo il bollitore, ci verso del latte e mi appoggio con il gomito sulla marmo accanto al piano cottura.
Un Flashback istantaneo parte nella mia mante:
(Inizio flashback)
I primi raggi solari colpivano la spiaggia iniziando a scaldare appena la sabbia umida e fredda, la giacca di Austin copriva in mal modo i nostri corpi appiccicati come due tessere di un puzzle perfette insieme e il rumore del mare sembrava essere una dolce melodia del risveglio. Quando aprii gli occhi mi ci volle qualche minuto e qualche battito di palpebre per capire dov'ero e ricordare cosa era successo la sera precedente. Mi alzai con molta cautela togliendo il suo braccio intorno al mio bacino con altrettanta grazia; sperai vivamente che non si svegliasse, e così fu. Una volta in piedi, il vento invase subito il mio corpo raffreddando anche i punti in cui il suo calore era ancora palpabile, brividi mi percorsero la schiena e i capelli arruffati sventolavano nel vento. Guardai per qualche secondo i fili d'oro che gli ricadevano sulla fronte, i lineamenti spigolosi sembravano addolciti da un sorriso semplice di beatitudine e le lunghe ciglia bionde toccavano la parte inferiore dell'occhio. Sembrava un angelo caduto dal celo, ma io sapevo che un angelo non era, anzi.... La paura, lo sconforto, la confusione e mille altre sensazioni orribili partirono dal mio ventre e mi fecero muovere verso il balcone. Entrai in casa e vidi Paul dormire sul divano a elle. Non mi curai tanto di lui, feci per salire, quando dei rumori in cucina attirarono la mia attenzione. Mi avvicinai guardinga e quando entrai vidi Trish di spalle, armeggiare con qualcosa vicino al lavello. Stava maledicendo l'oggetto su cui faceva forza mentre i suoi lunghi riccioli neri oscillavano sulla camicia nera che le affinava i cuscinetti della vita o forse era grazie al suo pantaloncino preferito. Si voltò e io potei constatare che l'oggetto delle sue maledizioni era una caffettiera – il padre di Adèle aveva preferito una caffettiera tradizionale alla macchinetta elettronica, perché secondo l'anfitrione il caffè veniva meglio. Fu prima sorpresa di vedermi poi inarcò le sopracciglia << Capisco che quel copricostume è meraviglioso e ti sta bene, ma non credi sia troppo indossarlo anche oggi? >> chiese sarcasticamente. Sgattaiolai sullo sgabello accanto all'isola di marmo posizionandomi di fronte a lei. << Non... l'ho proprio tolto. Ci... ha... pensato Austin >> incespicavo nelle parole per il timore della sua reazione. Lei in primis ha sempre cercato di dirmi che dovevo assolutamente dimenticarlo. Si irrigidì all'istante e per poco non si bruciava accendendo la fiamma dove sopra era posizionata la macchinetta, alzò lo sguardo su di me e la bocca si schiuse leggermente per la...sorpresa?
Restò a scrutarmi per qualche secondo boccheggiando. << Ti prego dì qualcosa. Anche una ramanzina va bene. Giuro che non so cosa mi sia preso. >> affondai il viso nelle mani poste a brocca.
<< Me l'aspettavo >> dichiarò la riccia stupendomi. Quando alzai lo sguardo notai che era spaventosamente seria e... calma. Sono così prevedibile? O sono semplicemente un caso perso? Pensai.
<< Ieri vi mangiavate con gli occhi. Credi che non l'abbia visto? E non sono stata l'unica, ho dovuto più volte distrarre Dallas: lo sai quanto è protettivo nei tuoi confronti. >> mi passò davanti il ricordo di lui con la mascella tirata e denti stretti ogni volta che guardava il biondo. Però ero sconcertata dal comportamento della riccia mi aspettavo che facesse il diavolo a quattro, invece era molto serena.
<< Dez ti ha fuso il cervello >> ribattei con stizza << E questo come mi aiuterebbe? Ho sempre saputo che tra me e Austin c'è attrazione. O meglio da parte sua c'è SOLO attrazione, da parte mia,invece, c'è amore e molta confusione. Ora. >>
In tutta risposta la riccia alzò le spalle << E' uscito il caffè >> annunciò con noncuranza mettendone un po' in una tazza.
<< Bene ne ho proprio bisogno >> Adèle, appena entrata in cucina, prese la tazza al volo
<< Non è zuccherato il caffè >> informò la riccia invano.
<< Ally come mai hai della sabbia tra i capelli? >> chiese mentre infilava due fettine di toast nel tosta pane come se Trish non avesse parlato. A quel punto guardai la riccia che scrollò le spalle e si appoggiò con i gomiti all'isola. Adèle si era girata e aspettava una risposta.
<< Sono andata a letto con Austin >> dissi tutto d'un fiato. Il primo sorso di caffè della mora le andò di traverso e ella tossì.
<< Te l'avevo detto che non era zuccherato >> Trish le si avvicinò dandole dei colpetti alla schiena. La mora scrollò le mani della riccia << Non è per lo zucchero >> asserì, poi mi rivolse uno sguardo sdegnato e fece un passo verso di me.
<< Insomma Ally, ti sei ammattita? Come hai potuto cedere a AUSTIN MOON, Austin-fottutobastardo- Moon? >> si passò una mano sulla fronte e strinse il bordo facendo sbiancare le nocche.
<< Wao, e io che credevo di essere pazza >> disse ironicamente Trish. Sembra che si siano catapultati i ruoli.
<< Be' scusa se io non sono riuscita a lasciarmi andare in un'avventura come te. >> replico infastidita.
<< Come me? >> sembrava cascare dalle nuvole così le indicai Paul sul divano. << Aaaaa. Quello. Allora devi sapere che ho accettato la proposta di Pablo, ma ho dormito nella mia stanza. Da sola. >> la notizia stranamente mi sollevò: non ero più l'unica a vivere ancora nel passato.
<< Posso chiederti cosa hai intenzione di fare ? >> chiese Trish ad un tratto. E fu in quel momento che andai in apprensione. Ero certa che Austin non mi avrebbe mai detto le parole tanto bramate, che non si sarebbe mai comportato come avrei voluto e non potevo biasimare che me stessa. Per questo non potevo affrontarlo, non ero in grado di farmi lacerare nuovamente il cuore.
<< Scappare >> risposi affranta.
<< Davvero saggio >> commentò Trish sarcasticamente, ma la liquidai con un gesto veloce della mano.
<< Ally posso stare da te fino a quando i miei non tornano? >> chiese la mora quasi come se non avesse sentito la mia risposta. Annuii.
<< Buongiorno. >> In quel momento Dez entrò in cucina ancora un po' assonnato, si diresse da Trish cingendole la vita e le lasciò un bacio a fior di labbra. Io e la mora ci scambiammo un'occhiata interrogativa: era la davvero Trish,la Nostra Trish, che si lasciava andare ad effusioni in pubblico senza infastidirsi?
<< Il mondo sta cambiando davvero >> scherzò Adèle poi si alzò e si diresse sulla porta del balcone.
<< Trish hai detto alle tue amiche che da martedì dovranno fare a meno di te per 10 giorni? >> il rosso teneva in mano una tazza di caffè,mentre l'altra non si stacco dalla vita della riccia.
<< No. >> rispose con un sorriso. << Io e Dez abbiamo deciso di volare alle Hawaii >>
<< Buon per voi >> risponde la mora disgustata ancora con lo sguardo fisso sul mare al di là del balcone.

<< Adèle dove sono le chiavi della mia auto? >> un'improvvisa urgenza si fece sentire, quando notai che era passata almeno mezz'ora da quando ero entrata e aumentava la possibilità che il biondo si svegliasse.
<< Sono accanto alla grande porta e ti conviene fare in fretta.... >> lasciò la frase in sospeso agitando più volte la testa verso la spiaggia. Capii immediatamente che Austin si stava svegliando o forse si era già svegliato, così saltai giù dallo sgabello e sgattaiolai in soggiorno. Presi al volo le chiavi e con il cuore in gola aprii la macchina. Non ero passata nemmeno in camera a prendere la roba, tanto ci avrebbe pensato Adèle o qualcuno delle domestiche che sarebbero arrivate da lì a poco per sistemare.
(fine flashback)

<< Hai intenzione di far scoppiare il bollitore? >> la voce di Adèle mi riporta alla realtà. Ero così assorta da non essermi resa conto del fischio del bollitore, mi affretto a continuare il processo culinario.
<< Hai fatto presto vedo >> le dico. Lei scuote la testa << Che senso ha curare l'aspetto se forse dovrò sconvolgerlo di nuovo? SONO PRONTA >> urla le ultime parole per avvertire i miei genitori, che fanno capolino dal soggiorno. La mora mi abbraccia ringraziandomi e io le invito a chiamare appena sa qualcosa.
<< Tesoro hai intenzione di uscire oggi? >> chiede mio padre e in risposta scuoto la testa << Credo che ne avrò per tutto il giorno >>
<< Bene perché tua madre viene con me poi l'accompagnerò da un'amica mentre io andrò in negozio >> aggiunge << Mi raccomando.... sta attenta >> mi lascia un bacio sulla fronte e esce insieme alle due donne. Questa sua apprensione aumenta di giorno in giorno, ma devo solo ringraziare le paranoie di Adèle Dornan, che gli ha raccontato del maniaco dei fiori e delle chiamate anonime sempre più insistenti. Addirittura, ieri mattina Adèle mi ha detto di aver sorpreso mia madre scrutare i bigliettini dei fiori con aria investigativa, mentre mio padre era a telefono con qualcuno dicendogli che era preoccupato. Poi però quando hanno visto Adèle hanno assunto un'aria disinvolta e mio padre smise di parlare a telefono. Verso in una tazza la cioccolata e mi dirigo in camera mia con l'intenzione di riprendere il mio lavoro. Mi siedo sul dondolo, afferro il copione e faccio un sorso.

Passa l'intera mattina e il primo pomeriggio, prima che la concentrazione torni ad alternarsi come la musica in un disco danneggiato. La cioccolata è finita, la canzone iniziale anche; l'avrò provata almeno una decina di volte e mi soddisfa molto. Dal momento che non posso iniziarne un'altra, mi guardo intorno per occupare il mio tempo. Cosa potrei fare? Guardare un film; vado verso il porta dvd e rimango delusa nel vedere solo un elenco di film romantici – sono questi i momenti in cui maledirei il mio romanticismo. Scendo di sotto e le chiavi dell'auto scintillano al sole , che entra dal vetro della porta, quasi come se volessero dirmi di prenderle. Ci penso su un attimo: dove potrei andare? Potrei chiamare Adèle per un aperitivo, ma forse sarei troppo invadente; Trish è in viaggio, a proposito oggi non si è fatta proprio sentire. Mia madre è sparita. Ma pensandoci meglio l'aperitivo non è che mi va poi tanto: l'ultima volta l'abbiamo fatto al bar del centro commerciale dopo una giornata intera di shopping pre-partenza per Trish insieme alle matte e mia madre, sono abbastanza traumatizzata.
(Inizio flashback )
<< Trish secondo me dovresti provarlo >> dopo una giornata tra le vetrine del centro commerciale e mille buste tra le mani, eravamo fermate di fronte alla vetrina ammirando un meraviglioso abito da sera. Naturalmente la mora non accennava nessun segno di stanchezza, anzi, più negozi visitavamo- perdendo circa mezz'ora a testa- più la sua forza fisica aumentava insieme ad una contentezza inspiegabile. Per questo non poté non farsi scappare anche questo. I miei piedi avevano aderito completamente alle pareti delle ballerine per il gonfiore, per non parlare delle vesciche che si stavano formando, così lanciai un'occhiataccia alle matte. << NO! Io non ne posso più, ho bisogno di sedermi >> scoppiai, la mora stava per dire che avrei potuto sedermi in negozio, ne ero certa, per questo la precedetti << No- in – un negozio. Ad un bar >>
Sentii mia madre sogghignare accanto a Trish, che invece mi implorava con gli occhi. << Facciamo così >> disse mamma rivolgendosi alle matte << Voi due andate pure dentro, io e Ally vi aspetteremo al bar di sotto >>
Così facemmo le lasciammo lì e andammo al bar. Arrivate lì, mia madre si diresse al bagno e io mi lascia andare su una sedia accanto al tavolino, presi il listino scrutando il suo contenuto.
<< Ally? >> una voce femminile dal tono sommesso mi distrasse. Alzai gli occhi e mi ritrovai di fronte una donna dai capelli biondo miele che arrivavano alle spalle, occhi verdi nocciola, lineamenti fini e una corporatura alta e minuta. Gill, la segretaria di Austin. Fui sorpresa ma al contempo felice di vederla, quando la conobbi ero ostile nei suoi confronti. Poi, quando Dez mi chiarì la regola di Austin di non andare a letto con le dipendenti, non mi preoccupai; quando mi disse che si doveva sposare, poi, mi diventò simpatica.
Prese posto di fronte a me. << Allora è vero che sei tornata >> chiese con un sorriso stranamente compiaciuto.
<< Gill. Come stai? >>
<< Oh, benissimo. Ora si spiega.... >> lasciò la frase a metà alzando gli occhi al cielo.
<< Come vanno i preparativi del matrimonio? >>
<< Bene. Sono appunto venuta con mia madre per decidere le bomboniere. È una tortura >> sospirò sorridendo.
<< Il lavoro? >> lì avrei preferito schiaffeggiarmi un milione di volte. La mia era una domanda di circostanza, ma naturalmente ora crederà che io voglia avere notizie di Austin.
<< Quello... c'è. Sai com'è la situazione in azienda, conosci il nostro capo >>
<< Un tempo ti avrei detto sì, adesso credo proprio di no >> a questa mia frase Gill si tirò indietro come se avesse detto qualcosa di sbagliato << Scusa >> disse.
<< Posso farti una domanda? >> chiese delicatamente. E io annuii.
<< Perché vi siete lasciti? >> tutto mi sarei aspettata ma tranne questo. E inoltre credevo fosse terribilmente chiaro il perché.
<< Perché a lunga a dare i bambini si stancano dei giocattoli, Gill >> la donna capì la metafora.
<< Scusa se ti contraddico, ma mi sembra impossibile. Io conosco il signor Moon da anni e non l'ho mai visto una sola volta, anche minimamente, gentile o ben disposto a lavoro; fino a quando un giorno venne in ufficio con un leggero sorriso. Tutti iniziammo a chiederci: cosa sarà successo? La risposta arrivò quando mi ordinò di comprare "il più bel vestito che può esistere sulla terra senza badare a spese". Eri entrata tu nella sua vita. Poi, le cose andarono nel modo peggiore quando tu partisti pensa che rimpiangemmo i giorni a te precedenti. >> le parole di Gill mi arrivarono al cuore in un modo diverso da quello che mi aspettavo, erano come lame di coltello che infimamente colpivano. In altre circostanze avrei pensato che fossero le più belle parole che una donna possa sentirsi dire sull'uomo che ama, ma io sapevo che il suo male era suo padre, io non sono stata nient'altro che una parentesi, forse ancora aperta, ma pur sempre una parentesi.
<< Gill...io... >> non riuscivo ad esprimere la mia amarezza e il mio dolore.
<< No, Ally. Io non sapevo che tu fossi tornata, l'ho scoperto quando Dez è arrivato con un foglio tra le mani e lui h iniziato a cambiare...sperare >>
<< Tutto questo è molto commovente, ma non riesco a credere alla profondità dei suoi sentimenti se lui stesso ha voluto che andassi via >> sbottai fredda quasi arrabbiata.
<< Be', io non so cosa l'abbia spinto a farlo, ma vedo l'effetto che gli fai e credimi... tu sei importante per lui >> la semplicità con cui disse quelle parole, come se io fossi una cieca che non vuole vedere la verità , mi diede i nervi. Non si accorgeva del male che facevano le false speranze velate dalle sue parole?
Mi sporsi in avanti raggiungendo i suoi occhi. << Gill, non credo affatto che sia stato spinto a lasciarmi. E, in ogni caso, tutti noi abbiamo facoltà di scelta, se fossi stata veramente importante per lui, adesso starebbe sorridendo ancora. >> la mia voce si indurì e aumentò di tonalità.
<< Ally, tesoro. Che succede? >> mia madre si era avvicinata con accanto una donna bionda alta almeno quanto lei e che, come mia madre, osservava la scena inquietata.
<< Niente. Io e Gill non siamo d'accordo su un argomento e non ci siamo rese conto dei toni usati >> distolsi lo sguardo da lei e mi ricomposi. Scoprii che mia madre ci aveva messo tanto perché aveva incontrato una sua amica, nonché madre di Gill. Le due donne si allontanarono e restammo io e mia madre, che mi guardava da sotto alle ciglia folte e castane alla ricerca di una qualche risposta alle sue domande inespresse.
<< Mamma finiscila. La signorina è la segretaria del signor Moon e ha solo voluto elogiare il suo capo. >> mi rilassai, sospirando, sullo schienale della sedia. Mia madre appoggiò i gomiti al tavolino sporgendosi leggermente in avanti.
<< E immagino che tu non voglia dirmi quali elogi ha usato... >>
<< Esatto >> confermai. In quel momento in cellulare suonò. C'erano solo due numeri che avrei potuto leggere sul display: o quello di Austin, che dalla domenica chiamava insistentemente, o un numero privato, che si alternava a lui. Fu la prima. Appoggiai il cell sul tavolo rifiutando la chiamata.
<< Dovresti rispondergli >> ribatté mia madre.
<< Vuole solo assicurarsi che io non mi aspetti nulla, ma io lo so che è stato un errore. Anzi peggio, un peccato mortale. >> controbattei decisa.
<< " Ama il tuo peccato e sarai innocente" >> la citazione arrivò dalle mie spalle così mi voltai, Trish e Adèle erano arrivate: la prima si sedette alla mia sinistra con un sorriso compiaciuto, era stata lei a parlare, e la seconda alla mia destra.
<< Shakespeare era uno sbruffone che tradiva sua moglie >> commentò denigrante Adèle mentre sistemava le buste a terra.
<< Era un'idealista innamorato >> replicò mia madre.
<< Dei soldi di Elisabetta I >> scherzai,facendo cadere tutte in una fragorosa risata. Restammo lì per un'ora e poi andammo via.
( fine flashback)

No. Mi ci vuole qualcosa di rilassante, quieto e familiare. Mi illuminai all'istante, presi le chiavi e uscii.

POV Austin.

Il cancello della grande casa bordeaux e beige si spalanca e io ingrano la prima attraversando a un all'ora il vialetto sempre ben curato, noto con piacere che sono state aggiunte delle rose lungo i fianchi; sono davvero molto belle. Mia madre ha sempre amato il giardinaggio,come ora; è bello vedere che ancora perde ore ad accarezzare le piante con una delicatezza e premura che di solito si riserva ai bambini. La stessa che mio padre riservava al me bambino. Un bambino che, per la forte curiosità di sapere com'era fatta una pianta all'interno, strappò il fiore della mamma. Quando ella lo scoprì si mise a rincorrerlo per tutto il giardino...
<< Austin! >> mia madre corre verso la macchina con ancora la paletta sporca di terra e il solito cappellino da sole. Io esco dalla macchina e stringo il suo corpo sottile e snello come quello di una ragazzina. << Sei venuto per tuo padre? >> chiede, io annuisco. Lascio la signora Moon alla sua attività e salgo i gradini della porta in attesa che Carla venga ad aprire. Da qualche giorno mio padre è distratto, non viene a lavoro, non si affanna più a controllare la mia vita. Dice di curare un affare troppo importante perché io possa essere implicato, ma non c'è nessuno affare che io non possa curare con lui, almeno è quello che disse lui tempo fa. Quindi sono più preoccupato del fatto che stia architettando qualcosa e ora che Ally è tornata non posso permettermi di abbassare la guardia. Se scoprisse che non riesco a stare lontano da lei, Dio solo sa come la prenderebbe. E poi, mi bastano già i pensieri che la mia ex mi procura ogni giorno con l'ignorarmi. Dez, la mattina della sua "fuga" , mi disse che era confusa, del tutto demoralizzata e forse era meglio lasciarle un po' di tempo per riflettere. Naturalmente io non seguo mai i suoi consigli e ho iniziato a bombardarla di telefonate senza alcuna risposta. Questo suo atteggiamento mi irritava, e mi irrita ancora, così, ieri sera decisi di smetterla.
La porta si apre mostrando Carla nella sua divisa perfettamente apposto, si sposta sul lato lasciandomi entrare. Percorrendo il corridoio, mi sovviene il ricordo di quel bambino che, sporco di terra sui pantaloncini neri e sulla maglietta bianca, scappa da una madre infuriata,corre verso l'unico luogo in cui riusciva a sentirsi speciale. Sono così perso nel passato che riesco perfino a vederlo. Corre davanti a me divertito e indispettito. Spalanca con forza la stessa porta che sto aprendo io e corre dietro alla scrivania. Dietro di essa seduto sulla poltrona in pelle c'è seduto suo padre. Somiglia al mio, ma il suo è più giovane, più rilassato e lo accoglie sulle sue gambe con fare protettivo, un sorriso felice e orgoglioso. Il mio, invece mi sta guardando da sotto le ciglia nere con distrazione. Scuoto la testa allontanando quella dolce illusione.
<< Che ci fai qui? È successo qualcosa? >> chiede allarmato, i suoi occhi sono spalancati in una morsa di paura. << No! >> mi siedo di fronte a lui al di là della scrivania << Sono venuto per ricordarti che domani hai degli impegni >>
<< Giusto, me n'ero dimenticato. Grazie >> dice riacquistando il suo solito contegno. Sbaglio o ha detto grazie? E non era un grazie di circostanza, ma un grazie sincero. Il tono era sempre quello del mostro eppure c'era una velatura più morbida. Mi chiedo ancora cosa sia successo al padre di quel bambino, dove siano finiti i suoi modi garbati e delicati rivolti al figlio? E' stato forse il bambino ad aver fatto qualcosa? O il padre ha finto di semplicemente di volergli bene?
<< Che hai? >> chiede ancora e io mi rendo conto di avere lo sguardo oltre la finestra, distratto da quelle domande.
<< Mi hai mai amato? >> il tono con cui gli rivolgo la domanda è sommesso, pauroso di quello che potrei scoprire. Lui mi lancia un'occhiata lunga, penetrate e stupita. << Hai mai accettato il fatto che non sia tuo figlio, voglio dire? >> chiarisco.
<< Cosa sono queste sciocchezze? >> i suoi occhi si abbassano sui documenti << Certo che l'ho accettato >>
<< Ma non hai imparato ad amarmi... >> non posso nascondere la delusione e il dolore delle mie conclusioni.
Il mostro alza lo sguardo lasciando stare i fogli e sospira seccato << Vuoi sapere davvero quello che ho provato? >>
<< Sì >> rispondo con forza.
<< Bene, ma ti avverto: a volte la verità uccide >>
<< Non sono d'accordo, ma non voglio discutere di questo adesso >> batto una mano sulla manica della sedia.
<< "Io e Alex,tuo padre, eravamo amici fin dal liceo. Lui era brillante, divertente, carismatico e con il sogno di diventare un grande musicista, ma era anche egoista e superficiale. >> i suoi occhi sono rivolti oltre le mie spalle persi nei ricordi di un tempo << Io,invece, ero l'opposto, il tipico secchione brillante solo tra i banchi di scuola, eppure eravamo amici, ottimi amici. Tua madre si trasferì nella nostra università al penultimo anno ed era bella, la più bella ragazza su cui abbia mai posato gli occhi. Alex la invitava spesso alle esibizioni che faceva nei bar della città con la sua piccola band e lei non se ne perdeva nemmeno una. Una sera, durante un'esibizione, riuscii a farmi avanti, ma lei mi confessò di essere innamorata del mio migliore amico e che stavano insieme. Fui deluso da Alex, perché lui lo sapeva. Arrivammo quasi alle mani, poi uscii dal locale e per mesi non rivolsi la parola a nessuno dei due. Quando seppi che suo padre stava male andai a casa sua, ci riappacificammo e mi disse che era davvero innamorato di tua madre, credeva che per me non fosse così importante. Quando tua madre scoprì di essere incinta io mi ero già laureato, lei e Alex no, perché lui e la sua band non stavano più lavorando facendolo quasi impazzire. Tua madre sperava che la notizia lo sollevasse, invece finì di mandarlo fuori di testa ed ebbe l'incidente. Dopo la sua morte mi presi cura io di tua madre e di te." Ma questa parte di storia la conosci già >> per un momento punta gli occhi su di me.
<< Poi cos'è successo? >> chiedo intuendo che la storia non può essere finita. << Tua madre decise di dirti la verità. Io le dissi di non dirti niente, di lasciare le cose come stavano, tanto era inutile parlarti di qualcuno che non avresti mai potuto conoscere. Ma lei è testarda. >> sventolò una mano nell'aria << ...così ti disse tutto. Più lei ti parlava di lui, più tu lo ammiravi al punto che volevi intraprendere la sua strada, ma la cosa peggiore fu capire che tua madre ne era ancora terribilmente innamorata. >> il suo viso per un attimo veloce si copre di un'ombra. << Ebbi la conferma la sera in cui cercò di convincermi di lasciarti stare, quella in cui le diedi lo schiaffo: mi gridò in faccia che non ero tuo padre. In quel momento la speranza che lei avesse imparato ad amarmi svanì, lasciando spazio alla consapevolezza che il fantasma di Alex avrebbe sempre aleggiato tra noi tre. >> fa una lunga pausa << Non potevo permetterlo! >> esclama convinto che questo possa giustificare tutti questi anni.
Sto per replicare quando la porta si apre cigolando. Entrambi ci voltiamo e mia madre è sulla porta. La sua espressione non promette niente di buono, i suoi occhi puntati alle mie spalle sono ridotti a due fessure, le labbra è una linea sottile, la mascella è contratta e le spalle dritte.
<< Mi sono sentita in colpa per tutti questi anni... >> fa un piccolo passo e la sua voce è dura << ... mi hai fatto credere che stessi compiendo il bene di Austin... >> un altro passo deciso, minaccioso e stringe i bordi della scrivania facendo sbiancare le nocche << e invece eri spinto dalla... Gelosia? >>
Il mostro si alza dalla poltrona arrivando alla sua altezza, e anche se mia madre è più bassa di lui, in questo momento sembra un colosso. << Sei stata tu ad essere gelosa, Mimì. Non sopportavi l'idea che fossi io il padre di Austin. Avresti preferito vederlo impazzire come Alex... >> replica con sfrontatezza eppure sembra vulnerabile, ma prima di poter finire la frase negl'occhi di mia madre balena un fulmine di rabbia e gli tira un ceffone. Resto a dir poco senza parole, un silenzio assordante cade. I miei si scambiano un'altra lunga e penetrante occhiata, poi mia madre si stacca definitivamente dalla scrivania, mi guarda con occhi bassi e con passi lesti si dirige verso la porta. << Mike... >> mia madre è ferma di spalle sull'uscio << Prima di tutto questo.... Ti amavo! >> detto questo esce chiudendosi la porta alle spalle. Il mostro si lascia andare sulla sedia chiudendo gli occhi.
<< Io... >> cerco di articolare una frase di senso compiuto, ma riesco solo a incespicare.
<< Austin. Ti prego lasciami solo >> apre gli occhi e capisco dal suo tono affranto che ne ha davvero bisogno e anche io ho bisogno di andare via. Tutte queste informazioni insieme, mi hanno confuso e innescato in turbine di sensazioni. Devo mettere ordine prima di poter affrontare entrambi.

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