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Yoongi quella notte non rientrò dentro casa come faceva sempre dopo quell'ora, ma rimase a dondolare i piedi scalzi nell'aria fredda della città, consumandosi sigarette su sigarette.

Jimin lo imitò, ed infatti si sedette sul davanzale della finestra chiusa, incantato nel vedere il movimento che faceva il maggiore qualora portasse una sigaretta alle labbra, anche se da una grande distanza.
Il più giovane prese il cellulare per scrivere al maggiore di piantarla di fumarsi tutte quelle sigarette, quando sentì il portone aprirsi silenziosamente e poi rinchiudersi.
Si infilò la mascherina e si appoggiò in punta di piedi sul pavimento freddo, correndo verso il soggiorno.

In pedi in mezzo alla stanza si trovava sua madre, con lo sguardo stanco fisso nel vuoto e le borse della spesa in mano.
《Hey...ciao mamma...》provò a dire sfilandole le buste dalle mani, ma neanche il tempo di piegarsi che i suoi occhi si voltarono all'indietro e si sbilanciò verso Jimin, che prontamente l'afferrò al volo e portò in braccio fino al divano, sulla quale la fece distendere.

Notò per la prima volta quanto sembrasse pallida e distrutta e si sentì in colpa.
Non aveva visto quanto il suo corpo necessitasse di una pausa e si sentì in colpa. Doveva assolutamente farne una di almeno sette giorni.

Le sfilò il cellulare dalla sua borsetta e lo sbloccò, cercando il numero del suo capo, che trovò come ultima chat con la quale era stata in contatto.
Per non invadere la privacy di sua madre non lesse i messaggi precedenti e semplicemente inviò un breve testo nella quale spiegava che stava male.
Ma la risposta che non tardò ad arrivare, fece gelare il sangue a Jimin.

Capo:
Cosa credi di fare, puttanella?

Capo:
Verrai comunque.

Capo:
Se non lo fai sai già cosa
succederà.

Jimin boccheggiò alla vista di quel messaggio, e fregandosene completamente della privacy di sua madre cominciò a scorrere tra i messaggi precedenti che si era scambiata con quell'uomo.

Erano tutti messaggi orribili, la minacciava in tutti i modi possibili, da chiederle foto a dirle che sarebbe venuto a stuprarlo, avendo l'indirizzo nei documenti con le informazioni private di sua madre.

Si fermò un attimo a pensare a tutto quello che stava passando sua madre per lui, e si sentì terribilmente in colpa.
Quella donna era il suo tutto, senza di lei in quel momento sarebbe stato in una strada a chiedere soldi, o peggio, senza il suo lavoro, non si sarebbe potuta permettere le sue cure, e lui sarebbe morto.

Si rese conto solo in quel momento delle sue grosse occhiaie, dei capelli scompigliati e mancanti in alcuni punti, dei chili persi, della sua pelle pallida e sudata e della sua forte calda.

Tutto questo per lui.
Era colpa sua.
Trattenne le lacrime mentre la copriva con un piumino e le metteva un panno bagnato sulla fronte, e sprigionò un sentimento ben seppellito in lui:
La rabbia.

Avrebbe denunciato quel bastardo a tutti i costi.

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Quelle bottiglie non facevano più effetto.

Poteva ubriacarsi, drogarsi, scopare...era comunque divorato dalle colpe e dai rimorsi.
E ne era più che stufo.

Per quanto bevesse ogni giorno due o tre bottiglie, non bastava più.
Le uniche cose che otteneva al posto di quella leggerezza mentale che tanto bramava, erano un gabinetto pieno di vomito ed un mal di testa lancinante.

Passava così quelle giornate, vedendo praticamente solo il suo pianoforte ed il cielo, in quella tortura silenziosa che lo stava divorando internamente.

Jimin lo doveva lasciar cadere quel giorno.

Ma non era colpa del più piccolo, era come sempre colpa sua che lo aveva assecondato e non aveva concluso il suo dovere.
Errore.
Non avrebbe mai ucciso nessuno, e sarebbe stato finalmente felice.
Ed invece no, lui era come sempre lì, su uno stupido balcone a fumare una stupida sigaretta per fare quello che avrebbe dovuto fare molto prima lui.

Salve a tutti! ~
Vorrei chiedervi dei consigli per migliorare, c'è qualcosa che non vi piace?
Grazie mille a tutti.
Ily guys~
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