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Jimin rientrò in casa in piena notte.

Il più silenziosamente possibile si tolse tutti i pesanti strati di vestiti e la mascherina, che spesso non teneva in casa perché manteneva una certa distanza da sua madre e lanciò un fugace sgurdo al divano, dalla quale sua madre si era spostata.
Si lasciò un attimo prendere da panico; non sarebbe mai dovuto uscire, soprattutto di notte che faceva più freddo, eppure lo aveva fatto. Sua madre si sarebbe sicuramente incazzata con lui non appena si fosse totalmente ripresa.

La cercò tra le stanze, trovando la luce accesa del bagno e intuendo che fosse al suo interno.

Sospirò di sollievo ed entrò in camera sua praticamente con gli occhi chiusi dalla stanchezza.
Era distrutto sia fisicamente che mentalmente e sentiva che se non si fosse fatto una dormita ed una mangiata decente sarebbe sicuramente svenuto proprio come sua madre.
Si stese tra le sue morbide coperte senza neanche spegnere la luce da tanto stanco che era e chiuse gli occhi nella speranza di addormentarsi.

Prima che cadesse nel mondo dei sogni però sentì la porta della sua camera aprirsi, e voltando la testa vide che si trattava di sua madre, che ancora stanchissima si sedette accanto a lui sul letto.

Gli prese una mano con dolcezza guardandolo.
《Come stai Chim Chim? Non occorre che tu risponda, riposati pure.Voglio solo parlarti un pò come facevano quando eri più piccolo, ti va?》chiese la donna facendogli una dolce carezza sul capo.
Jimin annuì, sistemandosi verso di lei, con una mano sopra ed una sotto al cuscino, abbandonandosi completamente al suo tocco magico e delicato.

《Ti ricordi di Busan amore mio? Ti ricordi delle strade,del nonno e della nostra casa? Sono passati alcuni anni da quando simo venuti quì, eppure sembra così tanto...
Hai fatto un percorso enorme piccolino...tutto quello che hai passato è stato così duro e stressante per te, e non sai quanto avrei voluto che quel tumore fosse venuto a me al posto che a te.
Ma il destino purtroppo ha deciso di far soffrire un angioletto come te, piccolino mio.

La dottoressa mi ha chiamato poco prima che arrivassi a casa.
Mi ha detto che l'ultima gastroscopia che ti ha fatto è andata molto bene.
Secondo lei tra una settimana o due potrai smettere di utilizzare la mascherina all'aria aperta ed avvicinarti finalmente alle persone. Potremo presto tornare a Busan significa.

Sei felice?
È tutto finito.》

Jimin si rese conto che stesse piangendo solo quando una lacrima gli scese dal viso, bagnando il cuscino.
Annuì con un piccolo sorriso, mentre sua madre ricambiava dietro la mascherina.
《È tutto finito, amore mio.》sussurrò spegnendo la luce e chiudendo la porta.
Jimin dormì bene dopo tanto tempo.
La mattina successiva però si svegliò con l'odore di pancake bruciati e la figura di sua madre priva di sensi sul pavimento della cucina.

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Aprì il più in fretta possibile il cassettino del bagno, cercando l'unica cosa che lo rendeva veramente felice.
La sua unica felicità era il sangue provocato da un piccolo oggetto di ferro.

Patetico.

Cominciò a dipingere sul suo corpo proprio come se fosse una tela, arricchendolo con linee rosso scuro e profonde.
Il sangue era molto piacevole alla sua vista, anche se magari disgustoso per altri.
Ma lui ormai era segnato.

Gli avevano sempre detto che prima di tornare a galla si dovesse toccare il fondo, ma lui ormai era lì da troppo tempo.
Aveva le gambe e le braccia spezzate e non riusciva a muoverle per tornare a galla.
Ma non avrebbe mai chiesto a qualcuno di salvarlo portandogli un salvagente.
Era troppo orgoglioso per ammettere che avesse bisogno di un serio aiuto.

Sarebbe affogato da solo.

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