23 febbraio-
Quella mattina Jimin si svegliò stranamente tardi.
O meglio...erano le tre di notte, ma per essere andato a dormire alle undici, per lui quello era quasi un traguardo e si sentiva già più riposato.
Sentì il rumore della pioggia scrosciare sul tetto ed i tuoni rimbombare nell'aria.
Una folata di vento freddo gli accarezzò il volto, e con orrore si rese conto che la finestra fosse aperta.
Corse subito a chiuderla, con gli occhi spalancati dal terrore e le mani ancora tremanti dalla paura e dal freddo.
E se si fosse ammalato?
Il cancro lo aveva fatto affezionare così tanto alla sua vita che aveva paura di essere debole e morire per una cosa come un raffreddore, che in confronto alla malattia principale non era niente.
Tirò un forte sospiro e si alzò in piedi, sorreggendosi un pò al muro ed un pò all'armadio per ritrovare l'equilibrio e si diresse verso la cucina, dove tentò di trovare qualcosa che volesse veramente mangiare.
Trovò in uno scaffale una manciatina di cornflakes che mangiò con piacere senza bevande, anche se subito dopo sentì lo stomaco chiudersi.
Sospirò e si alzò per prendere le sue solite medicine per poi riempire un bicchiere d'acqua in modo da ingerirle più facilmente.
Una volta finita quella sottospecie di colazione tornò in camera prendendo uno dei suoi cinque gatti e ridistendendosi sul materasso, per poi lasciar andare un forte sospiro.
Le sue giornate erano tutte uguali : Si svegliava, cercava di fare colazione, se ne stava nella sua stanza a fare qualsiasi cosa che facesse passare più in fretta il tempo,ogni due giorni andava a fare qualche controllo ed infine tornava a casa e metteva sotto i denti più cose possibili,per poi tornare con i suoi gatti ed il tè verde nella stanza da letto.
L'unica cosa che rendeva le sue giornate lievemente più interessanti era il ragazzo che vedeva ogni sera.
Ma quella sera fu un pò diverso.
Jimin, non avendo visite mediche da fare,si era segregato tutto il giorno nella stanzetta di pochi metri quadri che aveva dedicato alla danza ed aveva imparato una coreografia che gli aveva dato una grande ricarica.
Per fortuna il peggio della malattia era passato e nel giro di qualche mese forse sarebbe potuto di nuovo tornare a Busan, o almeno a prendere lezioni di danza, che erano le cose che attualmente gli interessavano maggiormente.
Sentiva che presto sarebbe riuscito a tornare alla sua vita comune, o almeno a qualcosa di più umano.
Era stufo di stare rinchiuso tra quelle mura, era stufo di non avere amici, di non poter vedere il mondo esterno, di non poter mangiare normalmente. Era stufo di tutto quello che stava accadendo.
Andando verso la cucina per il suo solito tè verde passò per caso davanti all'unico specchio non coperto della casa, e si ritrovò ad ispezionarsi per qualche istante.
Ossa.
Dalla maglietta scollata vedeva chiaramente i suoi polsi stretti e le clavicole.
I capelli erano lunghi solo pochi millimetri.
Grossi segni scuri si facevano spazio sotto i suoi occhi.
Si odiava, si odiava tantissimo.
Quella malattia lo aveva totalmente spogliato da tutte le gioie della vita, gli aveva tolto più di quello che si era in grado di togliere e lo aveva aperto alla vita reale, non a quella dolce e felice di prima.
Si trattenne dal piangere e continuò ad andare verso la cucina dove dopo aver mangiato alcune fragole come cena si preparò nuovamente un tè verde e camminò tranquillamente verso la finestra di camera sua, sulla quale si posizionò strategicamente con una mascherina medica.
Erano le 9:19.
Si sporse un pò dal davanzale della finestra aperta e guardò giù, vedendo il cortile interno della struttura.
Gli piaceva stare così in alto seppur fosse spaventato all'idea di cadere.
Prima che se ne rendesse conto erano le 9:25 ed il ragazzo aveva aperto la porta scorrevole del terrazzo ed aveva fatto scivolare le sue gambe magre tra due sbarre protettive, facendole penzolare tranquillamente nel vuoto.
Forse si sarebbe dovuto sentire uno stalker, ma purtroppo era l'unica cosa interessante che gli capitasse in quelle giornate, quindi continuò a guardare il ragazzo che aveva cominciato a fumarsi una sigaretta, a giudicare dal vapore in contrasto con la luce.
Poi, per la prima volta da quando lo osservava lo vide alzarsi in piedi e girarsi di spalle alle protezioni, per poi sedercisi sopra.
Jimin capì subito che qualcosa non andava.
La routine del suo compagno era sempre la stessa e non aveva mai fatto così.
I suoi occhi si spalancarono dal panico, e pensò in fretta a cosa poter fare.
Un'idea particolare gli passò per la testa, così afferrò un pezzo di carta e cominciò a ripiegarlo su se stesso, tenendo con la coda dell'occhio lo sguardo puntato sulla figura tremante, per poi scagliare verso il cielo quel piccolo aereopleanino tutto storto, sperando con tutto il cuore che arrivasse a destinazione.
Per un attimo Jimin vide tutto a rallentatore. Il foglio fece un giro su sé stesso e poi sfortunatamente cambiò rotta, cominciando a tornare indietro.
Si impanicò per un istante, ma poi succee qualcosa di incredibile ed inaspettato. L'aereoplanino si scontrò con un cavo della luce, che produsse un lampo di scintille ed un piccolo botto, che bastò a far girare l'altro.
Jimin si immobilizzò, sentendosi osservato.
Il ragazzo misterioso lo stava fissando.
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9:25
General FictionJimin ogni sera, puntualmente alle nove e venticinque, accarezza il suo gatto mentre osserva il ragazzo dall'aria triste che lascia le gambe a penzoloni oltre alla ringhiera del suo terrazzo. Ma Jimin non sa che quel ragazzo muore ogni sera,esattame...
