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"

Confiteor Deo omnipotenti,
beatæ Mariæ semper Virgini,
beato Michaeli Archangelo,

beato Ioanni Baptistæ,
sanctis Apostolis Petro et Paulo,
omnibus Sanctis, et vobis, fratres (et tibi pater),
quia peccavi
nimis cogitatione, verbo et opere:
mea culpa,
mea culpa,
mea maxima culpa.
Ideo precor beatam Mariam
semper Virginem,
beatum Michaelem Archangelum,
beatum Ioannem Baptistam,
sanctos Apostolos Petrum et Paulum,
omnes Sanctos, et vos, fratres (et te, pater),
orare pro me ad Dominum Deum nostrum.
Amen.

"

Colpa sua.
Ecco di chi era la colpa.

Il corpo di Jimin steso in un lettino, le sirene, lo sparo....

Tutto per colpa sua.

Mentre Yoongi si torturava le mani conficcandosi le unghie nei palmi o riaprendosi vecchi tagli, Jimin era sotto i ferri.
Attualmente la visuale del verde menta si spostava esclusivamente dal pavimento a ogni infermiere che passava nel suo campo visivo.
Era agitato come non mai.
Era agitato non solo dal pensiero di perderlo, ma anche da quello di essere la causa della sua morte.

Jimin nel frattempo era in condizioni critiche.
Era morto due volte durante il tragitto dal capannone all'ospedale e la rianimazione aveva comportato molto impegno da parte dei medici.
C'era un possibilità su mille che sopravvivesse.
Era troppo debole per farcela.

Si stava aggrappando alla vita con tutti gli sforzi possibili, eppure quando riusciva a prendere quella piccola scintilla di vita, una di morte lo sorprendeva alle spalle.

E questo distruggeva Yoongi.
Pur non potendo sapere cosa stesse succedendo a Jimin in quella maledetta stanza, sentiva sin da quando ci era entrato che qualcosa non stesse andando per il verso giusto.
Sapeva che Jimin stesse lottando con tutto sè stesso.

Ma allora perché non aveva ancor messo piede fuori da quella stanza?

Tra tutto quel via vai di dottori Yoongi voleva solo urlare.
Si mise la testa tra le ginocchia e cominciò a tirarsi i capelli cercando di strapparli tutti dalla disperazione.
Senza rendersene conto le sue guance avevano cominciato a diventare sempre più umide.
Non avendo nessuno con la quale sfogarsi o confidarsi, i pensieri si erano accumulati tutti all'interno della sua testa, diventando inevitabilmente negativi.
Fu proprio mentre riapriva una vecchia cicatrice con le unghie che la realtà lo colpì dritto in faccia.

Non si era reso conto che stesse pensando talmente tanto alla forza mentale di Jimin che si era completamente dimenticato di quella fisica. Era così piccolo e fragile che sopravvivere ad una cosa simile era molto difficile se non impossibile.

Non riuscì più a contenere tutti quei sentimenti e tirò un pugno al muro.
Cominciò a tirarne talmente tanti che se un infermiere non lo avesse bloccato si sarebbe rotto tutte le nocche, ormai macchiate di sangue.
Mentre si dimenava attriando l'attenzione di vari dottori e pazienti lì vicini, dalle sue labbra uscì un urlo di frustrazione così pieno di emozioni da risultare quasi inumano.

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