9. Muri bianchi

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«Battito?» i paramedici cercavano in tutti i modi di rianimarlo. Lui era lì, a terra coperto di sangue, lividi e tagli in tutto il corpo, attorno al collo evidenti segni di strangolamento. Cominciarono il massaggio cardiaco con la speranza di rianimare quel povero giovane, ma lui non dava segni di vita, e decisero di passare defibrillatore.

II commissario Jung rimaneva a fissare quella scena, immobile, non sentiva niente, le parole di quei medici sembrava lontane, ovattate. Le sue lacrime si mischiavano all'acqua piovana, non avrebbe dovuto piangere, ma non poteva non farlo, suo figlio era lì a terra in fin di vita.

«Ha battito...» quelle due semplici parole fecero tornare al padre di Hoseok alla realtà.





Le porte dell'ospedale si aprirono all'improvviso, un ragazzo camminava non curandosi di nessuno; gli infermieri gli dicevano di non correre ma non gli importava, la chiamata che aveva ricevuto era stata la più brutta della sua vita.

Da lontano vide i suoi amici e senza pensarci troppo aumentò ancora di più il passo, doveva sapere c'era accaduto, quella chiamata l'aveva ucciso «Dov'è Hoseok?» chiese Dimitri con gli occhi lucidi.

«Lo stanno visitando» il commissario Jung aveva risposto al posto del leader dei Kal. Lo sguardo del russo si posò su quell'uomo, non ci poteva credere, non lo vedeva da un sacco di tempo.

Era completamente cambiato, non sembrava nemmeno il padre del suo fidanzato: capelli curati, tiranti leggermente all'indietro, vestito elegante con il suo distensivo sulla cintura, aveva perso peso si era messo in forma, rendendolo un uomo affascinante, per la prima volta si vedeva che Hoseok avesse preso dal padre.

Il signor Jung in quei setti mesi era veramente cambiato, dopo aver visto il proprio figlio lasciare con rabbia il suo ufficio, dentro di lui qualcosa era cambiato, aveva deciso di cambiare, doveva ritornare ad essere un uomo migliore di quello che era diventato. E ci era rifiuto alla perfezione.

«Vattene!» ordinò Dimitri arrabbiato.

«È mio figlio» rispose solamente il poliziotto serio. Gli altri rimasero in silenzio, comprendevano in pieno la rabbia del russo, ma in quel momento erano dalla parte di quell'uomo. Anche se il signor Jung non era un padre modello, nessuno di loro gli poteva impedire di restare lì.

Nella mente del commissario Jung continuava a rivivere la scena del suo uomo che entrava con violenza nel suo ufficio, sbattendo la sua porta con rabbia. Mai aveva percorso quei corridoi così velocemente, mai aveva pianto così tanto in via su; suo figlio, il suo unico figlio rimasto era accasciato a terra ricoperto di sangue. Era una punizione divina, così pensò il poliziotto, era la sua punizione per quello che aveva fatto in passato.

«Come ho già detto... Io non lo voglio qui!» Dimitri non voleva quell'uomo, era tutta colpa sua se quella volta i due si erano lasciati. «Mandatelo via»

Nessuno rispose. Tutti restarono in silenzio, subito dopo i loro occhi seguirono il russo che si era appena seduto su quelle piccole seggiole color vomito, aveva incrociato le braccia e con una faccia quasi da cattivo iniziò a guardare il pavimento.

Fissava un punto indefinito di quel orribile posto, non pensando assolutamente a niente, solo a quanto avrebbe voluto che tutto quello fosse già finito. Jin si avvicinò a lui cercando di calmarlo in qualche modo, aveva bisogno di un sostegno in quel duro momento.

Il commissario si appoggiò in una colonna poco lontana dal gruppetto dei ragazzi, poteva arrestarli, fare quello che voleva con loro ma non era il momento, avrebbe deluso, un'altra volta, il suo unico figlio rimasto.

Negli ultimi sette mesi aveva trovato un equilibrio eccellente nonostante il divorzio e la separazione ufficiale con il suo unico figlio, si era messo in sesto e l'unica cosa che pensava era il suo lavoro, soprattutto nelle ultime due settimane visto che continuavano a scomparire delle persone.

Sarang & Kal ~ SequelDove le storie prendono vita. Scoprilo ora