37. Il fiore che nasce nell'oscurità

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«Anja... Sono di nuovo io, tuo fratello...» fece un respiro profondo, non sapeva come andare avanti, ormai lasciava lo stesso messaggio da sette giorni. «...Torna da me. Sono molto preoccupato. Lo so che ti sto tartassando con lo stesso messaggio, ma sono seriamente preoccupato, ho paura che ti sia successo qualcosa. Non volevo dirti quelle cose, ti ho ferito e mi dispiace. Mi sento una merda come fratello maggiore, le tue parole mi hanno colpito al cuore, ci sono rimasto molto male per quello che mi hai detto. Era preso dalla rabbia, e così ho deciso di dirti quelle orrende parole. Sono un pessimo fratello maggiore, lo sono sempre stato da quando ti ho abbandonato. Non sono riuscito a salvarti, non l'ho mai fatto. Ma ti prego torna a casa, torna dal tuo fratello maggiore, ti proteggerò io. Sei da sola, senza Seung e questa cosa mi fa male. Voglio starti accanto in questo duro momento. Ti prego, torna da me. Ti supplico!»

Posò il cellulare. Rimase a fissarlo per un po', attendendo con ansia che lei rispondesse, non avrebbe risposto. Ormai aveva perso il conto degli innumerevoli messaggi che aveva mandato, erano quasi sempre gli stessi, la pregava di tornare da lui, dal suo fratellino.

Sette giorni. Erano passati esattamente sette giorni da quella orribile notizia. Nessuno all'interno del gruppo stava bene, Seung aveva lasciato un'enorme voragine dentro al loro cuore.

Vivevano le loro vite, dovevano andare avanti lo stesso, non dovevano perdere la propria strada, i nemici erano sempre nell'ombra, sapevano che avrebbero attaccato ancora. Faceva male andare avanti, come se niente fosse ma dovevano farlo, il buon soldato non avrebbe voluto che loro si arrendessero.

Anja non era rintracciabile, nessuno di loro poteva immaginare il l'immenso dolore che provava in quel momento, e in più non aveva né ancora risvolto quel brutto litigio con il suo amato fratello.

Quel litigio era stato alquanto strano: era come se lo spirito del brutale banchiere Kim, il loro padre, si fosse messo in mezzo ancora per dividerli, ma non ci sarebbe riuscito, loro due erano l'uno la roccia dell'altro.

«Tae...» il leader si voltò, il ragazzo con i capelli mandarini era lì, davanti a lui con un vassoio di biscotti appena sfornati, avevano già profumato la stanza.

«Li ha fatti Jin, ovviamente l'abbiamo aiutato. Sai... Si sta riprendendo pian piano, ha detto che finalmente riesce a dormire. Domani deve andare in ospedale per togliersi in punti, io e Hobi andremo con lui per proteggerlo e sostenerlo ma se vuoi puoi venire con noi.» Jimin aveva ricominciato a parlare a raffica, lo faceva quando era nervoso.

«Grazie, ma domani ho la giornata piena di impegni. Ho delle consegne da fare e poi devo trovare il modo di riprendermi il territorio, non lo posso lasciare mica in mano a quel ragazzino» spiegò Taehyung riposando lo sguardo sul cellulare.

Calò di nuovo il silenzio in quello studio, nessuno dei due parlava più, il maggiore aveva paura di spiccare parola, non sapeva cosa dire, la paura di dire la cosa sbagliata era tanta.

«Anja non ha risposto?» chiese improvvisamente, vedendo il telefono del leader sul tavolo.

«No. Sono piuttosto preoccupato, ho paura che possa fare qualche stronzata, o peggio che l'abbia già fatta.» abbassò lievemente quella barriera, appena a appena, stava rivelando una delle sue paure più grandi. Jimin stava zitto, attendendo che l'amico si buttasse fuori tutto. «Continuo a vederla in quella vasca da bagno, quando aveva solo sedici anni, in quel momento ho scoperto la verità su nostro padre. - sospirò - Alcune volte mi chiedo come abbia fatto a nascondermi quegli orrori per quasi quattro anni e come io non mi sia accorto di nulla...»

Il maggiore stava ancora in silenzio, voleva interromperlo ma sapeva che doveva farlo finire di parlare. «...Ha sempre fatto così. Vuole portare lei le colpe del mondo da sola, sulle proprie spalle. Pensa di non aver bisogno di nessuno, soffre in silenzio, lasciando che quei dolori la lacerano lentamente e intanto dice al mondo di star bene, ma io so che non è così. Adesso lei è da sola, chissà dove.» i suoi occhi si era erano fatti leggermente lucidi, cercava di non piangere e non l'avrebbe fatto.

Sarang & Kal ~ SequelDove le storie prendono vita. Scoprilo ora