13. Non si sceglie la famiglia

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Sette giorni erano passati dall'attacco del pazzo banchiere, Hoseok si stava rimettendo lentamente ma provava ancora dolore in ogni parte del suo corpo. I suoi amici lo andavano a trovare ogni giorno riempiendolo di coccole, fiori e cioccolatini, mai si era sentito più coccolato, non poteva negare che in fondo gli piaceva essere servito e riverito ma allo stesso tempo provava tanta tristezza per la questione dei suoi amici e di suo padre, il commissario della polizia. 

Non restava mai solo, Dimitri lo vegliava su di lui ventiquattro ore su ventiquattro, non lo lasciava mai, aveva troppa paura che potesse accadergli qualcosa. 

«Non devo stare sempre qui, hai bisogno di un letto» prese parola il ramato, preoccupato per il suo fidanzato che dormiva in una sedia da un'intera settimana. 

«Domani viene dimesso. Una notte in più non fa nessuna differenza» il russo non voleva andarsene, doveva badare al minore, anche se era fuori pericolo e non aveva nulla di grave non poteva lasciarlo da solo; aveva preso troppa paura, non riusciva a dimenticare l'ansia, l'angoscia che aveva provato in quel momento, quando Taehyung l'aveva chiamato per dirgli cos'era successo.

«Sei un testone» ridacchiò Hoseok prendendolo in giro. «Sei peggio di una madre»

«Senti, sono io il tuo fidanzato e devo prendermi cura di te, finché non tornerai a casa» rispose serio Dimitri, sedendosi sul letto.

Prese la mano del minore, stringendola appena subito dopo cominciò ad accarezzarla dolcemente con il pollice, rimasero in silenzio entrambi, non dicendo assolutamente nulla. La loro relazione stava andando per il meglio, dopo essersi rimessi insieme le cose andavano a gonfie vele, sembravano amarsi sempre di più e niente e nessuno avrebbe mai rovinato il loro amore, forse. 

«Non devi lavorare?» domandò Hobi rompendo quel silenzio.

Dopo esser tornati in Corea, il russo aveva cominciato a lavorare come detective privato, la gente lo chiamava per le cose più banali, come spiare il marito mentre tradiva la propria moglie, cose di quel genere, non era molto ma prendeva un sacco di soldi.

Dimitri si avvicinò al suo ragazzo, pronto a dare un piccolo bacio a stampo ma non fece in tempo ad avvicinarsi alle labbra del minore, qualcuno aveva bussato alla porta; si allontanarono immediatamente, leggermente infastiditi verso colui che aveva osato disturbarli. 

«Scusatemi...» sulla soglia della porta c'era il commissario della polizia, il ramato strabuzzò gli occhi, non aspettandosi di rivederlo. 

«Posso parlare con mio figlio?» domandò l'uomo con la sua classica voce rauca e bassa. 

«Vattene!» ordinò Dimitri avanzano minacciosamente verso il signor Jung, il quale non si spostò di un solo centimetro, rimase immobile verso colui che aveva ingaggiato quasi un anno fa, non voleva problemi, aveva solo bisogno di parlare con l'unico figlio che gli era rimasto. 

«Ti ho detto di andartene!» urlò pieno di rabbia il biondo, non voleva quell'uomo lì, aveva fatto troppo dolore.

Il padre guardò oltre Dimitri, suo figlio era serio e già con gli occhi lucidi mentre si portava il labbro tra i denti, facendosi un gran male, non sapeva cosa fare in quel momento, voleva parlare con lui ma allo stesso tempo no. «Dimitri» sussurrò appena, ma il russo non lo sentì. 

«Dimitri» lo chiamò più forte, il maggiore si voltò, non disse niente attese con ansia che il suo ragazzo continuasse. «Voglio parlare con lui»

«Ma Hobi...» fece un respiro profondo. «D'accordo allora parliamo con lui» 

«No. Voglio parlare con mio padre da solo» disse serio il membro dei Kal. Il russo rimase in silenzio, sconvolto da quello che aveva appena sentito, prese la propria giacca appoggiata sulla sedia. «Vi do mezz'ora...» furono le ultime parole che pronunciò prima di andarsene sbattendo la porta. 

Sarang & Kal ~ SequelDove le storie prendono vita. Scoprilo ora