Sono stronza ma ho dei sentimenti

186 18 11
                                    

[Dietro quel che si scrive serve un minimo di ricerca. Sempre. Anche in un fantasy con elfi, maghi e orchi. Io mi rifaccio all'argomento spinoso dell'educazione dei figli: meglio il dialogo o la severa disciplina? Negli anni scorsi si è parlato molto di un metodo che coinvolge i genitori cinesi emigrati in America: il fenomeno delle Tiger Moms, ovvero di "mamme tigri" che spingono i figli ad avere successo utilizzando una ferrea disciplina. Io l'ho applicato all'Italia. Domanda: e i padri?]


Cap. VENTIQUATTRO - Jiāng Li

Non faccio in tempo a schiodarmi dal muretto, che mio padre risponde al telefono. Sento la rabbia che sale in fondo alla gola.

«Hai dimenticato la lista, Li?» chiede preoccupato.

«Ma ti pare. Ho fatto una foto.»

«E allora?»

«Allora che? Non hai niente da dirmi?»

«Sei tu che hai chiamato.»

Mi volto in direzione di Alex. Con quei suoi occhi spalancati da cerbiatto mi sommerge di domande silenziose. Non ora, teso'.

«Non fare finta di niente. Parla!»

«Hai bevuto? Ti avevo detto di non fermarti da nessuna parte.»

«Faccio quello che mi pare. E non ho bevuto.»

«Non parlarmi così, figlia!» La voce gli si incrina, diventa quasi un brusio. Il ronzio di un calabrone. «Portami rispetto.»

Mamma tigre dev'essere lì accanto. Sono parole sue, quelle. Me la immagino che si sloga le articolazioni a furia di gesti e smorfie.

«Rispetto. Chi. Mi. Rispetta. Lo sai.»

«Non puoi comportarti sempre come se tutto ti fosse concesso.»

Mai sentiti tanti "non" uscire dalla sua bocca. Mi avveleno.

«E cosa mi è concesso, sentiamo.»

«Ci sono... ci sono delle regole in questa famiglia. Le devi rispettare come le rispettava tuo fratello. Almeno fino a che stai sotto il nostro stesso tetto. Finché non diventi maggiorenne!»

Beccato! L'io è diventato noi. Noi uguale mamma tigre.

In qualche modo è riuscita a corromperlo. La mafia cinese non avrebbe saputo fare meglio. Come ha fatto? Ha pianto un fiume giallo di lacrime? Ha invocato gli antenati da qui all'era Ming?

«Allora a diciott'anni posso drogarmi?»

C'è un momento in cui percepisco che rimane sospeso, scioccato, o semplicemente trattiene l'istinto di scaraventare il telefono a terra e romperlo in mille pezzi. Poi lascia andare il fiato. Una scarica di interferenze metalliche invade il microfono e le mie orecchie.

«Jiāng Li» sibila.

Siamo già a nome e cognome. Come due estranei.

«Lascia perdere e sputa il rospo, pa'.»

So già di che si tratta, ma voglio sentirlo da lui.

«Pensavo di dirtelo più tardi.» Respira avidamente dalle narici. Me lo immagino fare qualche passo e appoggiarsi a una sedia della cucina. Stringere lo schienale fino a sbiancare le dita callose.

«Abbiamo ottenuto un permesso per la Cina.»

Pausa. Sotto i miei piedi si apre un buco nero e vengo risucchiata, stirata fino a ridurmi in minuscole particelle sparate nello spazio. In un luogo buio senza contorni. Nel buco di culo dell'Universo.

QUEL CHE RESTA SIAMO NOIDove le storie prendono vita. Scoprilo ora