Siamo a corto di paradisi

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[Alzi la mano chi non ha mai litigato con i genitori. Okay okay, abbassatele. Era tanto per dire: succede a tutti prima o poi. È nel DNA della famiglia. A volte è un piccolo gesto, una parola o un oggetto a farvi scattare i nervi e giù urla, rabbia, mutismo. Jiāng Li diventa matta quando vede... be', le valigie. E voi? Cosa vi fa impazzire?]

Cap. SEI - Jiāng Li

Ecco, questa è la mia parte di verità. Non c'è altro da aggiungere e, anche fosse, ho esaurito il tempo: mio padre aspetta in fondo al corridoio. È appoggiato contro la parete, fra la porta e una fila di valigie. Nervoso. Lo capisco dalle dita che picchiettano le cosce.

«Allora adesso sei di nuovo libera?» mi chiede.

«Così pare.»

«Sai come comportarti, vero?»

«Conosco le istruzioni a memoria» mento. Le avrò lette una volta, non di più. Cavolo, non ci va mica una scienza a uscire di casa.

«Non fare di testa tua come al solito» si raccomanda.

«Farò il bravo soldatino cinese.»

«Non farti notare, non attirare troppo l'attenzione.»

«Sarò praticamente invisibile.»

«E copriti con la mascherina e i guanti. Non rischiare.»

Papà Tian ha cinquant'anni e, nonostante si sia trasferito in Italia ben prima che io nascessi, parla ancora con un forte accento cinese. Del tipo che si mangia le erre. Un classico. Io lo so perché mi sfracassa l'anima: alla sua età è più difficile adattarsi a questa pandemia.

Di giorno lo vedo girare in tondo senza un vero motivo, a parte passare il tempo, e mi dispiace da morire. Non scherzo.

«E ora la cosa più importante: devi essere veloce. Diretta.»

«Diretta è il mio secondo nome.»

«Vai al supermercato, aspetti il tuo turno, prendi quel che devi ed esci. Non perdere tempo fra gli scaffali. Non ti fermare al parco. Ricorda che in giro ci sono i Controllori e i droni. Cos'hai nello zainetto?»

«Mascherina e guanti di ricambio. Disinfettante. Una lista della spesa lunga quanto la Grande Muraglia. Smartphone con la playlist. Ombrello, perché non si sa mai, parole di mamma. E quella ridicola autorizzazione che hanno cambiato venti volte.»

«Tieni lo zaino sempre con te.»

Mamma Tigre se ne arriva trascinando una valigia da un lato e un orribile trabiccolo a due ruote dall'altra. Mi fissa.

«Perché non usi il carrellino? È della nonna.»

«Ti sei risposta da sola» rispondo piccata.

«Non frequentare più la scuola, le lezioni di violino e gli allenamenti di Kung Fu non ti autorizza a mancarmi di rispetto, figlia.»

Quanti stereotipi in una frase sola! Non avrei saputo fare meglio.

«Scusa, Mao» le dico.

In realtà si chiama Mei, volto scavato e zampe di gallina intorno agli occhi. Ecco da dove ho preso le spigolosità, ma anche i capelli neri come l'ala di un corvo. A quelli ci tengo. Guai a toccarmeli!

Un attimo dopo, mi colpisce sul gomito e deposita la valigia rosso comunista insieme alle altre. Mi sale la carogna in un lampo.

Succede ogni volta che le vedo. Una specie di veleno mi pompa nelle vene e finisco per esplodere. Sento il cuore che sgomma.

QUEL CHE RESTA SIAMO NOIDove le storie prendono vita. Scoprilo ora