Il modo migliore di gestire mia madre

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[A questo punto della storia sono i personaggi a dettare le regole del gioco. Dopo l'urlo di Vera, passiamo velocemente su Chris. La sente? Non la sente? Ormai siete abituati a saltare dall'una all'altro e non vedete l'ora (almeno spero) di scoprire come reagiranno. Insomma questo è il momento di abbandonarsi alla lettura senza altre spiegazioni, solo per vedere cosa succederà. Come andrà a finire??]


Cap. TRENTUNO - Christian


Porca miseria! La voce di Vera! Era proprio lei!

È impossibile, è impossibile, non può essere lei...

Però mi volto e vedo il suo palazzo, proprio qui davanti a me, quindi forse non me la sono sognata. Era lei anche in Via Varallo? Ho visto una che mi guardava da lontano e le assomigliava, ma con quel casino era già tanto se riuscivo a capire da che parte stavo io.

Smettila di andare a caccia di fantasmi e liberati di lui.

«Chris!» abbaia Fillo. «Fermati.»

«No» continuo a camminare.

«Hai visto qualcosa? Là dentro, dico.»

Fillo si gratta la testa con il manganello e punta in fuori il petto. Se continua così le cinghie del giubbotto antisommossa finiranno per esplodere. Tipo i fumogeni.

È solo un esaltato, lo sapevi dall'inizio.

«Non so di cosa stai parlando» rispondo.

Accelero il passo e cerco di distanziarlo mentre allunga la testa verso la ringhiera del palazzo. È lì che controlla il giardino curato, le camelie in fiore, insomma mette il naso dove non deve. Che palle.

Intorno a me rimbombano suoni che preferisco ignorare. Come ho ignorato le cose FOLLI che abbiamo fatto laggiù, ai ragazzi.

Tu non hai fatto niente, ricordatelo.

Ma ero lì. Ho indossato lo stesso giubbotto con le protezioni anti-taglio e la visiera e le ginocchiere e le placche per le spalle. Ero lì.

Avevano violato le norme di sicurezza. Sfacciatamente.

Solo che in qualche modo eravamo noi, quelli dalla parte sbagliata. Non riesco a spiegarmelo al momento. Ma lo so. Come so che un giorno ha ventiquattro ore e che la luna è lassù anche se ora non si vede.

Fillo mi agita la mano davanti alla faccia.

«Ti sei incantato?» mi fa, tornando alla carica. «Allora me lo dici perché guardavi proprio lì? Chi ci abita?»

«Nessuno.»

Ma lui non si accontenta, no. Deve insistere e insistere e insistere e io lo so come va a finire. Che scoppio, si capisce.

«Ho capito, ci sta la tua ragazza. Eeeeeh, amico ce l'hai scritto in faccia. Sei diventato tutto rosso, dai ammettilo...»

Serro la mascella. I denti li sento scricchiolare.

«Ti sbagli.»

«E chi è? No aspetta, indovino» si strofina il mento. Quei quattro peli che si ostina a chiamare barba. «È quella alta che ha vinto le gare di nuoto regionali, rossa, bona da paura! C'ho preso?»

«Emma? Figurati...» Storco il naso.

«Ma le hai viste le sue bocce??»

Infila il manganello sotto l'ascella e porta le mani all'altezza della pettorina per esibirsi in una sequenza di gesti osceni che sono esagerati, cioè persino per lui. Ho detto tutto.

QUEL CHE RESTA SIAMO NOIDove le storie prendono vita. Scoprilo ora