Capitolo 8

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Con un misto di rabbia e tristezza guardai la scena che mi si parava davanti.
I miei occhi fissi sulle loro bocche che si univano e si staccavano. I loro occhi chiusi e il sorriso sulle loro labbra quando si staccarono.

Le mie mani si erano congiunte in pugni e senza pensare presi la sigaretta caduta a terra andandomene via da li.

La pioggia tamburellava ripetutamente sulla mia testa ormai bagnata.

Non sapevo spiegarmi quello che provavo. Un misto di vuoto alla pancia e tristezza. I miei passi erano veloci. Decisi.

Non potevo tornare a casa. Sarebbe il primo posto in cui mi avrebbero cercato.

I miei pensieri erano fissi sulla scena che mi si era parata davanti. Mi chiedevo continuamente perché sentivo di aver perso qualcosa.

Ripensai ai momenti da bambino, ai pomeriggi trascorsi in cortile a ridere e scherzare con Alex e Elena. Al suo sorriso e alle sue risate. Ai suoi occhi lucidi quando era caduta quella volta, sbucciandosi il ginocchio. Al suo sguardo grato quando le medicai il ginocchio e le sue labbra tirate in un doloroso sorriso.

Ero arrivato in un parco poco distante da casa mia. Mi sedetti su una panchina immerso nei miei pensieri, bagnato da capo a piedi con gli occhi fissi su un sasso davanti a me.

Perché quello che avevo visto mi aveva fatto una reazione del genere. Perché ogni volta che vedevo Elena pensavo soltanto a quanta bellezza si racchiudesse in lei. Non volevo vederla così. Volevo vederla come tutte le altre ragazze. Come un giocattolo con cui giocare per qualche momento e poi dimenticarlo completamente.

Non avevo la forza di alzarmi. Le mie gambe si rifiutavano di collaborare. Faceva freddo ed ero bagnato fradicio. Le mie mani infreddolite si mossero per tirare indietro i capelli bagnati, che mi erano caduti in faccia.

Avevo freddo, ero pieno di pensieri e volevo tornare a casa.
In più un vento gelido mi fece trasalire e fece frusciare le foglie degli alberi. In lontananza sentivo il rumore delle macchine passare sulla strada.

Stetti seduto su quella panchina per un eternità.
Alla fine presi le mie cose. E mi avviai con passo lento verso casa. Le chiamate perse dei miei amici le ignorai completamente e arrivato in camera ignorai il saluto di mia madre e andai a buttarmi sul letto addormentandomi subito.

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Mi svegliai che erano le 19 passate. Ero stanco morto ma la mia pancia brontolava affamata.
Scesi in cucina senza dire una parola. Ignorai i miei famigliari che stavano seduti a tavola cenando in silenzio.

Mia madre mi guardò e mi chiese dolcemente

"James? Tutto bene? Hai una brutta cera amore"

"Non mi sento molto bene" le risposi distaccato.

Lei con un gesto veloce mi toccò la fronte docendo solamente

"Hai la febbre alta"

Non mi spii affatto visto che la testa era una bomba ad orologeria e il mio corpo urlava dicendo che gli serviva una pausa.

Senza dire niente mi alzai da tavola e andai a dormire.
Erano le 20:00 spaccate quando toccai il cuscino e mi addormentai di nuovo.

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Ciao a tutti
Lo so il capitolo è corto ma sono riuscita a scrivere solo questo.
Oggi non ho tempo di continuare ma domani aggiornerò di nuovo.
Un saluto intanto
Hannah

Ti odio, ma ti amoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora