CAPITOLO 5

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A quel punto decisi di seguire mio padre per capire cosa ci facesse qui ed avere la conferma che fosse lui, anche se ciò era chiaro come l'acqua. Mentre camminavano, io dietro di quattro passi rispetto a lui, gli capitò un paio di volte di girarsi verso di me, senza però riconoscermi ed io continuavo a pedinarlo incessantemente finché non arrivò alla sua destinazione: casa mia e di mia madre, e secondo la legge anche sua. Così mi avvicinai a lui che a quanto pare cercava "qualche nome" al citofono.
<< Le serve aiuto? >>
<< Sì, giovanotto, sai se in questo palazzo abitano una certa - si fermò un attimo e sospirò - signora, Michela? Ha un figlio, Francesco. >>
<< Cosa vuole da loro? Non la ho mai visto qui in giro. >>
<< Sono cose strettamente personali. >>
<< Beh - dissi cercando di trattenere la tentazione di tirargli un pugno. - Glielo posso riferire io. Spostiamoci da qui, non vorrei che i passanti possano sentire questa conversazione privata. >>
<< Non penso che possa parlarne a te, devo farlo con loro. >>
<< Non è chiaro che io sono una delle persone che cerchi? >>
Restò attonito. E a quel punto seguì il mio suggerimento di allontanarci.
<< Certo che fai pena come padre - cominciai ad alterare i toni. - sparisci, torni dopo tre anni senza preavviso e neanche riesci a riconoscere il figlio che hai cresciuto per tredici anni. Ed ora dimmi cosa vuoi .>>
<< Non trattarmi così, se ho fatto quel che ho fatto è perché ho avuto un valido motivo... >>
<< Valido motivo? Cosa può giustificare le tue azioni (?) Ma guarda, non voglio neanche saperlo. >>
<< Ti capisco pienamente. E purtroppo per te, devo parlare con tua madre. >>
<< Purtroppo anche per lei. Ed ora è finalmente un po' più serena, non rovinare nuovamente l'esistenza! >>
<< Io a lei (?) È stata quella poco di buono a portarmi dove sono stato fino ad ora! >>
Non doveva azzardarsi ad usare quell'espressione riferendosi a mia madre e da quel momento le parole divennero sempre più pesanti e i toni più alti, non mi ero mai sentito così iracondo ed entrambi avevamo la voglia di aggredire fisicamente l'altro, difatti volarono qualche spintone. Ero sempre più teso. Le parole mi rendevano forte, ma dentro vivevo un subbuglio. È come se la caviglia che mi faceva leggermente male volesse spezzarsi e dopo un po' avvertii anche degli insoliti giramenti di testa finché non svenni inevitabilmente...

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