CAPITOLO 28

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Finalmente arrivò il mio momento, non dovevo deludere nessuno, me stesso prima di tutti, perché raggiungere il mio sogno avrebbe sicuramente dato una svolta alla mia vita sempre più incerta. Non era affatto una passeggiata, avevo una montagna da scalare, tuttavia non era impossibile: metà del mio obiettivo si trovava ad undici metri da me. Riuscii così a voltarmi verso il pubblico, convinto che avrei trovato una madre sorridente e fiera, il contrario di quello che sarebbe stata se suo figlio avesse continuato a restare seduto in panchina. Mi guardavo attorno mentre mi avvicinavo al dischetto e subito notai mia madre. Non figurava però per via dell'emozione incontenibile che giustamente avrebbe un genitore alla vista di suo figlio in un momento così importante, anzi era disperata, quasi in lacrime, mentre litigava con quello che era suo marito (e che immediatamente non era più degno di essere nuovamente definito padre). La scena non era assolutamente delle migliori, né dal punto di vista umano, né da quello professionale: come avrebbe potuto un calciatore restare freddo per battere un rigore dopo aver subito tale schock? Tuttavia non mi tirai indietro e mi apprestai a battere il calcio di rigore. Chiusi gli occhi, respirai profondamente, eseguii una breve rincorsa, mi avvicinai nuovamente al pallone, aprii gli occhi. - In questo modo non avrei potuto lasciarmi ipnotizzare dal portiere avversario. - Calciai d'istinto. Davanti a me comparve però l'immagine di mia madre in preda alla disperazione, non vidi per niente la porta né tutto ciò che era attorno. Non realizzai dove era finito il pallone. Sentii alcune imprecazioni, qualche esultanza e altri mormorii e fischi. Vidi i miei genitori allontanarsi l'uno dall'altro, entrambi uscirono dallo stadio. In quel momento rientrai nel mondo reale e notai di aver calcolato il pallone sul fondo. Avevo fallito miseramente. Segnando immediatamente, avremmo dovuto recuperare solo un punto, ma la situazione era diventata ancora più complicata.
<< Coraggio, non è successo niente! >> Gridò il mister dalla panchina.
Passarono altri dieci minuti, ma il risultato non cambiò. Mi resi pericoloso in due occasioni, non ottenendo nulla se non un calcio d'angolo che mi apprestai poi a battere.

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