CAPITOLO 11

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Nora mi accolse a casa sua al dir poco allegramente, ma quel sorriso stampato sul suo bel volto si tramutò in un'espressione molto sera quando notò per la prima volta sul mio viso una tristezza tale che era impossibile da nascondere.
<< Hai visto un fantasma? - Le chiesi ironicamente poiché ancora non avevo capito che il mio stato d'animo si leggesse in faccia. - Dov'è quel sorriso smagliante? >>
<< E il tuo dov'è? Ti ho visto una sola volta ma è chiaro che non ti sia successo qualcosa di piacevole. >>
Certe volte mi chiedo come facciano le donne a capire determinate cose. Come è sempre successo mia mamma prima di quest'astio, a Nora è bastato letteralmente un secondo per capire che c'era qualcosa che non andava in me. Forse avevano ragione gli altri, quando soffrivo per Caterina, che mi dicevano di non chiudere i rapporti col genere femminile. Ma da allora chiusi i rapporti col mondo intero, solo mia mamma e Angelo sapevano come strapparmi un sorriso. La conoscenza di Nora è una gioia in una disgrazia: la vicinanza di una figura femminile tra le mie amicizie, mentre quella in famiglia si allontana a causa di una figura maschile che è la causa della disgrazia. Non riuscirò mai a capire come una singola persona riesca a stravolgere interamente la vita di un'altra, rendendola così contorta.
<< Non è successo nulla. >> Le risposi.
<< A me puoi dire tutto. >> Disse Nora con tono rassicurante mentre mi porse la sua delicata mano verso la mia guancia. Mi accarezzò dolcemente e mi guardava con quegli occhioni belli e sensuali ma allo stesso tempo teneri.
<< Non sto passando un bel periodo in famiglia. Mio padre è sempre stato poco presente ed ora si sta allontanando anche mia mamma a causa sua... Guarda è una storia così contorta che non capiresti. >>
<< Capisco, certo che capisco. - Disse lei quasi commossa. - Io ho addirittura vissuto senza padre finché mia madre non è morta. A quel punto dovette riconoscermi come figlia. Sarà stato un gran pezzo di merda quando abbandonò me e mia madre, ma è pur sempre umano e non ha lasciato sua figlia da sola, anche se non è la stessa cosa ormai, avrei sempre voluto una famiglia degna di questo nome. >>
E per quanto all'inizio cercò di non commuoversi, alla fine del racconto scesero inevitabilmente delle lacrime da quegli occhi, che mai furono più teneri. Questa volta fui io ad avvicinare la mia mano verso la sua faccia, le asciugai le lacrime con la delicatezza che contraddistingueva quel momento. Ho sempre avuto questo senso di protezione, ho sempre odiato vedere le persone piangere. Questo gesto mi fece venire in mente tutte quelle volte in cui lo feci a Caterina, perché, come detto in precedenza, lei sapeva cos'era il dolore e riusciva a consolarmi sempre quando ero giù di morale, ma d'altro canto lei era così sensibile da cadere, talvolta, in quei pianti che io ho sempre trattenuto ed io puntualmente le toglievo le lacrime da dosso. In quel momento l'ultima cosa che potevo permettermi era pensare a Caterina: non potevo peggiorare la mia situazione e cambiai argomento con Nora, dopo aver detto un paio di battute squallide per farle ritornare il sorriso con cui mi aveva accolto.

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