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Erano passate 2 settimane.
Quel giorno Diego doveva ufficialmente partire e sua mamma gli aveva di no, che era troppo lontano per il momento e che doveva finire la scuola.
E lui stava male, ogni giorno di più.
Aveva attacchi di panico, non voleva vedere nessuno. Non usciva da quella maledetta stanza da giorni e tantomeno metteva qualcosa nello stomaco.
Il suo migliore amico era preoccupato. Quando parlavano al telefono lui rispondeva a monosillabi, non argomentava e se non veniva interpellato non diceva manco una parola.
Diego sapeva che Lele stava soffrendo, ma anche lui non era messo meglio.
Anche lui al solo pensiero di Lele da solo a Roma stava male. Aveva provato, in tutti i modi possibili, a convincere suo padre a farlo rimanere ma non ce n'era stato verso.
Ormai era deciso.
Lui doveva lasciare Roma, ma nonostante gli sarebbe mancata la sua città, non gliele importava al momento. Gli importava solo di Lele. E sperava che almeno sarebbe venuto alla stazione a salutarlo. Ci sperava, voleva vederlo almeno un'ultima volta, perché non sapeva quando avrebbe avuto l'occasione di ritornare. Quindi si augurava che Lele, almeno per quel giorno, uscisse dalla stanza.
Lele dal canto suo non aveva intenzione di andarci. Lo avrebbe fatto solamente soffrire di più vedere il suo migliore amico salire su un treno e partire definitivamente senza di lui.
Continuava a maledire sua madre per non averlo lasciato andare, ma sapeva che non l'aveva fatto con cattiveria.
Nonostante questo, al momento la stava odiando. Lei sapeva. Sapeva che senza Diego lui non vive. Diego è tutto per lui. E adesso? Come avrebbe fatto?
E gli stava venendo l'ennesimo attacco di panico, il terzo in una mattina sola.
Ma sua mamma non lo sapeva. Non sapeva che li reprimeva tutti.
"Lele teso- Oddio Le, respira"
Eccola qui. Entrata al momento sbagliato. Perché entra senza bussare? Deve ricordarsi di scriverlo su un foglio e appenderlo alla porta.
"Lele, tesoro, per favore. Respira, calmati. Cosa diavolo fa Diego in queste situazioni?"
Ed ecco. Sua madre non sapeva come calmarlo. Solo Diego lo sapeva e le ne era consapevole.
Perché, nonostante lui sapesse che le gli voleva un mondo di bene, lei non era mai presente a causa del lavoro. Quindi non sapeva come funzionava.
"Lele ti prego. Se ti dicessi che ti lascio andare? Che ti lascio andare con Diego?"
Cosa?
Lo sta dicendo solo per calmarti.
Questo si ripeteva Emanuele. Sua madre gli stava mentendo solo per questo motivo.
Non crederle, sta mentendo.
È questo che si sta ripetendo adesso.
"Amore puoi andare, davvero. L'ho già detto a Diego e ti ho già fatto la valigia una settimana fa. Volevo solo vedere quanto resistevi a nascondermi i tuoi attacchi di panico."
Cosa diavolo stava dicendo. Lui poteva andare? Lo aveva detto a Diego? Lei sapeva dei suoi attacchi? Ed è così che ha iniziato a calmarsi e a guardarla confusa.
"Cosa significa che volevi vedere quanto resistevo? E da quanto lo sa Diego?"
"In realtà lo sa da pochissimi minuti. Gli ho spiegato cosa avevo deciso di fare e non hai idea di che cazziatone mi sia presa da lui." Aggiunge ridendo.

Ed in effetti era stato così. Diego aveva appena finito di sistemare le ultime cose quando ha iniziato a squillargli il telefono.
"Antonella? Lele sta bene vero?"
"Die sisì. Solo volevo dirti che Lele verrà a Milano. ho già parlato a tuo padre una settimana fa. Semplicemente volevo vedere quanto Lele resisteva senza farmi notare gli attacchi di panico"
"Attacchi di panico? Lui sta avendo attacchi di panico e ti hai pensato bene di non dirmi nulla? Dannazione zia. Sai quanto è fragile. Non dovevi fargli questo. Non dovevi farci questo. Sai che siamo essenziali l'uno per l'altro e farci soffrire in questo modo non è stato divertente. Soprattutto per lui. Dannazione ti odierà a morte probabilmente."
"Lo so Diego, ma volevo almeno vedere se tentava di convincermi. Ma si è arreso subito."
"Certo che lo ha fatto. Ti vuole un sacco bene e non andrebbe mai contro ad una tua decisione, anche se gli facesse male. Dovresti saperlo. Adesso come sta? Sta bene?"
"Non lo so. Te lo dico sinceramente. Non esce dalla stanza e ti dico che non mangia da due settimane, se non qualche pezzo di pane. Quando lo vedrai ingozzalo anche di schifezze, l'importante è che mangi."
"Te lo prometto, anche perché gli ficcherò il cibo in gola se necessario. Ci vediamo dopo allora zia. Alle 15 in stazione."
E ha messo giù. Era felice e allo stesso tempo arrabbiato. Felice perché il suo migliore amico sarebbe partito con lui. Ma era arrabbiato con Antonella. Lele non meritava questo e neanche lui. È con questi pensieri che finiva di sistemare le sue cose.

Lele è rimasto muto e fermo mentre sua madre si alzava e prendeva una valigia dall'armadio.
"Te l'ho fatta mentre eri in doccia, approfittando della tua ora buona. Alzati ed aiutami a sistemare le ultime cose. Alle 15 hai il treno e sono già le 11. Muoviti, vatti a lavare e poi mi aiuti."
Ed è così che un Lele, ancora incredulo, si alzava dal letto e si dirigeva verso il bagno a prepararsi.

Insieme, nonostante tutto || tankeleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora